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Riflessioni sulla riforma della scuola

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 22 ottobre 2008

Dalla lettura dei decreti legge proposti dal ministro Gelmini si ricava un quadro assai poco incoraggiante: i vari decreti Gelmini disegnano una scuola impoverita e inadeguata rispetto ai bisogni urgenti della realtà che viviamo. Infatti sono previsti tagli di 8 miliardi di euro fino al 2011; il numero degli alunni per classe potrà arrivare fino a 33; oltre 4.000 istituti scolastici verranno soppressi, soprattutto nei piccoli comuni e nelle isole, con relativo probabile abbandono del territorio da parte di intere famiglie. La riduzione del tempo pieno e prolungato e l’uscita dei bambini dalle scuole alle 12,30 comporterà problemi e spese per le famiglie, che dovranno provvedere privatamente o comunque subire l’aumento delle tariffe per mensa e trasporto scolastico affidate ai comuni. Le prime reazioni preoccupate in seguito ai decreti Gelmini sono proprio degli amministratori comunali, che si vedranno richiedere più servizi dalle famiglie proprio quando le loro casse risentono dei mancati introiti dell’Ici e dei tagli ulteriori derivati dalla legge finanziaria. Sarà ridotto il numero degli insegnanti di sostegno per i bambini disabili e, con classi difficili e numerose, si vivrà una convivenza spesso ingestibile, con relativo scarso rendimento e poco spazio educativo e formativo per tutti. In questa direzione negativa va anche la proposta del maestro unico, che, orchestrata ad arte attraverso un’accurata operazione-nostalgia, viene presentata come la soluzione alla mancanza di valori cui sono sottoposti i bambini nell’attuale società. In realtà questo maestro unico sarà piuttosto un professionista lasciato solo davanti a compiti sempre più complessi ( dove le 24 ore saranno un tempo più “vuoto” che “pieno” ) e privato di strumenti. E poi superfluo osservare come non siano paragonabili i nostri bambini di oggi e gli stimoli cui sono sottoposti con la generazione dei primi anni sessanta, a cui si ispirano le linee del decreto ( uso del computer, lingua straniera, attività creative, etcc). Molti genitori si chiedono come possa essere paragonabile un lavoro del maestro unico a quello di tre maestri su due classi così come finora è avvenuto. Anche il ritorno del voto, secco numero, senza contenuto e sfumature di fronte ad una personcina in crescita, dà una falsa idea di semplificazione e chiarezza; se può andare bene per le superiori, ben diverso ne è l’effetto all’interno della scuola primaria. Ma la cosa unanimemente riconosciuta più grave che i decreti smantellano è ciò che di più prezioso e ben riuscito abbiamo fatto sul fronte scolastico, ovvero la nostra scuola dell’infanzia e la scuola primaria: non lo diciamo noi italiani, e non lo diciamo a caso, bensì con i dati OCSE accuratamente esaminati nei dettagli che la fissano al 3° posto tra tutti i paesi rappresentati. Illustri psicopedagogisti americani quali Bruner e Gardner considerano il “ modello italiano” un’esperienza da esportare ed imitare. E noi, che facciamo? Chi ama la buona scuola sa che essa può sempre ancora migliorare, ma non certo togliendo ingenti risorse e abolendo i team di operatori che negli anni, con aggiornamenti intensi e faticosi, hanno raggiunto un’alta specializzazione riconosciuta in sede internazionale. Poi esistono tutta una serie di dati infiocchettati ad hoc per colpire la scuola pubblica, partendo dal numero degli insegnanti italiani che ad onor del vero non sono più numerosi di quelli europei, in quanto nel totale vengono conteggiati anche gli insegnanti di sostegno e quelli di religione, figure che negli altri paesi non esistono. Anche nazioni povere o in difficoltà economica non hanno mai tagliato fondi sulla scuola ( vedi esempi di India e Irlanda ) , perché nella scuola c’è il futuro sociale ed economico di una nazione e smantellare su questo fronte significa regredire su tutti i fronti.


Uscita Alunni ITCG

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