Tra pochi giorni si saprà se i Comuni dell’ Elba, di Capraia e del Giglio saranno capaci di restare uniti dando vita all’Unione dei Comuni dell’Arcipelago o se, per i più svariati motivi, faranno fallire il passaggio dalla CM ad una nuova forma di Ente comprensoriale che – è opportuno ricordare - in questi ultimi anni ha attivato investimenti per oltre 20 milioni di euro (pista d’atletica, canile, frantoio, ecc) e svolto un ruolo unitario capace di incidere su aspetti strutturali (di ieri la firma sulla Continuità Territoriale, che assegna 1,5 milioni di euro sul trasporto aereo da e per l’Elba per residenti e turisti). La Regione Toscana, ancorchè obbligata dalla Finanziaria a tagliare sulle CM, ha approvato una legge accettabile forse per la gran parte dei propri territori montani ma sbagliata per l’Arcipelago, norme rigide e poco ispirate dalla nostra specificità insulare. Negli ultimi tempi, sotto la pressione della stessa C.M. e dei Comuni, sono venute da Firenze assicurazioni per la certezza finanziaria del nuovo ente per il 2009, in vista di modifiche nazionali (riordino autonomie locali e federalismo fiscale) con cui fare i conti; un altro passo verso le richieste del territorio è stata la disponibilità a verificare col Governo il passaggio all'istituzione della Comunità di Arcipelago secondo l’art 29 del TUEL (sempre che tale possibilità non venga cancellata nel riordino di cui sopra). Questi i fatti. La domanda fondamentale che si dovrebbero porre tutti i Comuni è quella sull'utilità o meno di un ente comprensoriale, almeno finchè perdura l'attuale divisone amministrativa, ed agire di conseguenza. La domanda ricorrente, invece (legittima quanto incompleta) è: “ cosa ci costa il nuovo ente?". Domanda sensata, poichè i bilanci a fine anno devono quadrare, ma priva di una parte decisiva: “cosa ci potremmo fare con uno strumento unitario in grado di attingere risorse in più e di migliorare i servizi (come i fatti e i numeri dell' esperienza in corso dimostrano si può fare)?" In tempi di crisi economica che trascina in povertà quote sempre più ampie di popolazione e di inadeguatezza del modello di turismo sul quale siamo finora campati, sarà importante sollecitare i nostri amministratori a ‘fare il bene comune’, a porsi cioè la domanda completa, nell’interesse dei cittadini, delle categorie economiche e della possibilità stessa del nostro sviluppo e della sua qualità. Anche dal punto di vista dei ‘costi della politica’, il mancato passaggio dalla CM alla Comunità dell’Arcipelago/Unione dei Comuni ci costerebbe caro; basti ricordare la necessità, nel caso, di costituire un’altro Ente quale sarebbe il Consorzio di bonifica per ‘dirigere’ il lavoro che fa oggi un ufficio della CM: costerebbe di più per svolgere un decimo delle funzioni attivate oggi dall'ente comprensoriale. Tra queste vale la pena ricordare le Gestioni Associate dei servizi comunali (che hanno portato a tutt’oggi 500mila euro di incentivi sull’Elba) e che funzionano solo in parte anche perché, guarda caso, suddivise a pioggia tra i vari Comuni invece che centralizzate in uno strutturato ufficio ad hoc della nuova Unione di Comuni. All’Elba e all’Arcipelago serve una scelta di unità consapevole e le prime a dover dare l'esempio sono proprio le istituzioni locali: sarebbe paradossale che, mentre si parla di riunificare coccoli e marine, ci si dimostri incapaci a tenere quello che abbiamo, proseguendo insieme un percorso unitario vantaggioso per il territorio. Non ci possiamo permettere un ulteriore colpo di freno alla nostra economia e alla nostra qualità della vita.
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