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Totaro: "La sindrome di Arcore"

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 24 settembre 2008

Una delle piaghe della nostra società è l’analfabetismo di ritorno, ovvero la tragedia per la quale molti cittadini, già scolarizzati, perdono la capacità di comprendere testi scritti di cinque o sei parole, pur riuscendo a leggerle. Spesso questo deriva dalla perduta pratica della lettura (e della scrittura); altrettanto spesso dal non radicamento di quella abilità. Una forma di analfabetismo di ritorno è quella politica, costituita dalla complicanza ideologica, per la quale un soggetto apparentemente in grado di svolgere dei ragionamenti perde questa facoltà quando si verifichi un impatto emotivo forte, che rievoca un trauma pregresso. Una forma particolare grave è conosciuta come “sindrome di Arcore”, e ne è elemento scatenante la parola “comunismo”. Ma i primi casi studiati risalgono al 1921, dopo il Congresso di Livorno, e ne sono stati toccati molti aderenti al movimento socialista nelle sue diverse incarnazioni partitiche, fino a oggi. A questa casistica sembra appartenere uno scritto non so dove comparso (mi è stato segnalato dall’amico Eligio Nolanni), che riguarda le riflessioni da me affidate a “Elbareport” sull’intervento del dott. Palombi a proposito dei meriti di Mussolini. L’autore, pseudonimo ma politicamente ben collocabile, commenta: “E’ stupefacente… che la stessa indignazione non scatti quando qualche intellettuale di sinistra, emotivamente (se non razionalmente) legato al mito della Rivoluzione d’Ottobre, rivisita con ugual benevolenza la tragica storia del comunismo realizzato. Nessuno si stupisce e nessuno s’indigna nel leggere le tesi di chi … si attarda ancora a scindere le responsabilità dell’ideologia marxista-leninista dalle tragedie e dagli orrori commessi dai regimi comunisti”. Aiuto! Alla parola ‘comunismo’ è partita la bambola, e allora addio capacità di leggere e capire! Infatti prosegue il commento: “Così capita, ad esempio, di imbattersi nelle teorie “giustificazioniste di sinistra” del prof. Totaro che liquida i movimenti democratici di contestazione del comunismo reale come “propaganda occidentale”, responsabile - secondo lui - di aver “condotto intellettuali, politici, militanti comunisti a separarsi radicalmente da quelli che erano stati a lungo considerati i fratelli incamminati nella via del socialismo” e di aver "liquidato l’esperienza sovietica tutta intera, elidendo ogni altro elemento di giudizio". Ma non ci dice, bontà sua, quali sarebbero gli "elementi di giudizio" da riconsiderare per emettere una condanna meno sommaria”. Ora io avevo scritto: “se solo si pensa all’arretratezza della Russia degli zar –con numeri impressionanti di “sudditi” che vivevano da generazioni, da sempre, in stato di schiavitù– e a cosa è stata l’Unione Sovietica per decenni –la seconda potenza mondiale, la punta avanzata della tecnologia, il “competitor” nell’esplorazione spaziale, e perfino una forza determinante nella sconfitta del nazismo–, dovremmo davvero tessere le lodi di quel regime. E invece la discriminante “liberticida e totalitaria” interviene con una pesantezza che non solo ha condotto la propaganda “occidentale” a liquidare l’esperienza sovietica tutta intera, elidendo ogni altro elemento di giudizio; ma che ha condotto intellettuali, politici, militanti comunisti a separarsi radicalmente da quelli che erano stati a lungo considerati i fratelli incamminati nella via del socialismo”. Non mi paiono possibili equivoci: la “discriminante liberticida e totalitaria” è –come lo era nel giudizio di Palombi sul fascismo– ciò che rende comunque inaccettabile qualunque conquista economica o sociologica. La propaganda “occidentale” ne ha fatto il proprio strumento privilegiato, per nascondere l’identica violenza che l’“Occidente” perpetrava nella “sua” area di influenza, dalla Corea, al Vietnam, all’America Latina; o entro i confini dei propri Stati, dal razzismo degli Stati USA del Sud, al Sudafrica, alla Rhodesia, alle colonie inglesi (India, Pakistan, Medio Oriente tutto), francesi, portoghesi, belghe, olandesi, spagnole e via dicendo. Ma l’ineffabile fustigatore del “revisionismo di sinistra”, con un giochino delle tre carte, gira la mia frase e mette ‘la propaganda occidentale’ come soggetto causale del “distacco degli intellettuali”, per il quale io ponevo –e con cognizione i causa, essendo stato per l’appunto uno di loro– come soggetto causale “la discriminante liberticida e totalitaria”. E questo è l’elemento di giudizio fondamentale e sufficiente, ma inutilizzabile da chi adottava comportamenti identici. Con lo stesso giochino mi attribuisce il tentativo di dare “al comunismo il merito di aver reso la Russia "ricca (?) e potente" al pari delle potenze occidentali”, laddove io ho parlato delle “immense risorse di cui quel grande impero è ricchissimo” –e negare questo non è revisionismo storico, è ignoranza della geografia economica–; e mi fa “appioppare ai germi illiberali ereditari dal regime zarista la colpa per l'assoluta assenza di libertà e democrazia”, senza accorgersi che il riferimento non era al regime sovietico, ma a quello attuale, del resto parente strettissimo di quello sovietico, con l’aggravante zarista. Potrei continuare l’esame puntuale del travisamenti e delle incomprensioni, ma è meglio non insistere sulle sventure altrui. In realtà forse “nessuno si stupisce e nessuno s’indigna” semplicemente perché chi sa leggere ed è libero, anche se non è d’accordo, discute senza bisogno di stravolgere.


Vignetta Cicino Stalin

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