L’intervento del dottor Palombi sulla modernizzazione dell’Italia durante il fascismo, civilissimo come sempre e come è ovvio, mi suscita una considerazione che unisco al dibattito di “Elbareport”. Non nel merito delle benemerenze eventuali del governo di Mussolini, sulle quali ci sarà anche un dibattito aperto, ma che prescinde dai numeri, tutti molto chiari se solo si pensa alle condizioni nelle quali l’Italia affrontò la Seconda guerra mondiale. Del resto Franco Cambi è stato assai chiaro in proposito. Ma se anche la evocata modernizzazione ci fosse stata e in misura significativa, non si tratta solo di deprecare, come fa con chiarezza Palombi, l’uso strumentale che ne è stato fatto “di propaganda di un regime liberticida e totalitario, e per questi motivi, odioso”: se solo si pensa all’arretratezza della Russia degli zar –con numeri impressionanti di “sudditi” che vivevano da generazioni, da sempre, in stato di schiavitù– e a cosa è stata l’Unione Sovietica per decenni –la seconda potenza mondiale, la punta avanzata della tecnologia, il “competitor” nell’esplorazione spaziale, e perfino una forza determinante nella sconfitta del nazismo–, dovremmo davvero tessere le lodi di quel regime. E invece la discriminante “liberticida e totalitaria” interviene con una pesantezza che non solo ha condotto la propaganda “occidentale” a liquidare l’esperienza sovietica tutta intera, elidendo ogni altro elemento di giudizio; ma che ha condotto intellettuali, politici, militanti comunisti a separarsi radicalmente da quelli che erano stati a lungo considerati i fratelli incamminati nella via del socialismo. La libertà e la democrazia riconquistate con la caduta del Fascismo hanno permesso di riprendere il cammino che le due guerre avevano interrotto, non senza difficoltà, che del resto sono tutt’ora presenti perché la fragilità della nostra economia si è manifestata all’atto stesso della nascita della Nazione, centocinquant’anni fa. Mi sembra che la fine del regime liberticida e totalitario dell’Unione Sovietica non abbia visto nessuna ripresa di cammino: le immense risorse di cui quel grande impero è ricchissimo sono ora nelle mani di una ristretta oligarchia di ex gerarchi, mentre i “sudditi” dei nuovi zar sono tornati al destino antico di “proletari”, senza essere più uniti fra di loro e senza speranza di “sole dell’avvenire”, con le donne esuli in Italia a custodire i nostri anziani, quando va bene bene. La Russia è ricca e potente come prima; e, come prima, libertà e democrazia sono chimera lontana. Forse il comunismo non c’entrava più che tanto.
Lenin Medio Lungo