Si legge sull'Unità di oggi a pagina 8: “Postideologici, ottimisti e pragmatici. Ecco i giovani del Pd che sarà". A parte l'osservazione poco postideologica dell'estensore per la quale "questi ragazzi e ragazze non demonizzano tout court il liberismo"; a parte che, come dice una ragazza dal nome di Nadia Urbinati: "oggi classe operaia è un anacronismo" (ergo, i 7 milioni di operai manuali alla produzione sarebbero un anacronismo, sic!); a parte tutto, lo steso quotidiano riporta la foto in cui si vede il guru della modernità Jeremy Rifkin mentre tiene la sua lezione con Veltroni che lo sta ascoltando (con tanto di cuffie per la traduzione) in prima fila. Questo furbacchione a gettone, che va in giro per l'Italia da una ventina d'anni a spiegare che i lavoratori sono scomparsi (vedi la sua previsione della fine degli anni '90 contenuta nel libro intitolato appunto, "la fine del lavoro", che registra invece, a distanza di neanche 10 anni, la decuplicazione della forza lavoro manuale nell'economia globalizzata); questo cantore del progresso deideologizzato che aveva previsto una società dematerializzata in ragione dell'informartizzazione dell'economia, che invece ha registrato un aumento spaventoso dell'utilizzo di materie prime e conseguenti rifiuti; questo pseudoveggente del progresso, sperimentato nel pseudo, è stato chiamato a fare lezione di futuro ai giovani del Pd. Se tanto mi da tanto... auguri! Tiro Fisso 5 Caro lei Chissà perché leggendo la sua riflessione mi è tornata alla mente una canzoncina degli anni 60 di quel bravo jazzista soft da piano-bar che era Bruno Martino, un motivetto orecchiabile dalla melodia semplice e dalle parole disimpegnate: “Nel duemila, noi non mangeremo più – né spaghetti, né polpette col ragù – basteranno quattro pillole – e con gran semplicità – la fame sparirà” e continuava: “Razzi di qua, razzi di là – andremo sulla Luna con il razzo delle tre – razzi di qua, razzi di là andremo poi su Venere per prendere un caffè”. Non se lo gustò tanto il 2000 Bruno Martino che proprio nel giugno di quell’anno cessò di vivere (all’età di 75 anni), dopo essersi reso conto che l’ottimismo ad ogni costo sul futuro, espresso in canzonette, nel meccanicismo deterministico di chi pensa che il mondo debba evolversi comunque ed automaticamente in positivo, o nel pensiero di Rifkin (che forse sarebbe più giusto inquadrare come un “ambientalista utopico") non aveva senso alcuno. Non so in che contesto Nadia Urbinati (che, se parliamo della stessa persona, sarà pure una ragazza ma insegna Teoria Politica alla Columbus University di New York) abbia affermato che "oggi classe operaia è un anacronismo" che in sé parrebbe discutibile e commentabile più o meno negli stessi termini che lei usa. Ma mi pare importante riportare talaltro affermato dalla “ragazza”: “l'Italia attuale "assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta". E' una società "autoritaria e paternalistica" in cui l'opposizione "pare un male da estirpare". Tutta colpa di chi governa o anche di chi, per compito istituzionale, dovrebbe opporsi a chi gestisce il potere? Commissioni bipartisan nascono ogni giorno: servono ad abituarci a pensare che l'opposizione deve saper essere funzionale alla maggioranza, diventare un'opposizione gradita alla maggioranza. E' dunque il trionfo di chi, in nome degli "interessi della gente", crede già da tempo che non esistano più differenze fra destra e sinistra”. Mi è venuto da domandarmi se durante il suo intervento distrattamente Veltroni non tenesse ancora le cuffie con la quale aveva ascoltato la traduzione delle “poesie” di Rifkin.
Mirino