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Controcopertina: Visite oculistiche a domicilio per pazienti invalidi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 07 settembre 2008

Sono stato medico ospedaliero dal 1972 al 2003. Attualmente sono in cosiddetto trattamento di quiescenza ma mi sento tutt'altro che quietato! Per trentadue anni sono stato responsabile unico di una Asl in Roma (e tra i molti aspetti della mia attività di diagnosi e cura nel territorio della I circoscrizione di Roma c'era quella del coordinamento del CAD (Centro Assistenza Domiciliare) quello che sul territorio elbano è conosciuto com ADI (assistenza domiciliare invalidi) per la prevenzione e cura della malattia oculare a disabili ed anziani (in particolare se non deambulanti). La difficoltà di raggiungere una struttura sanitaria per i pazienti rappresenta la pratica impossibilità di controllare l' efficacia di terapie già intraprese, di effettuare controlli periodici e comporta, ciò che è più importante, il concreto rischio di individuare in forte ritardo patologie magari in stato iniziale con la conseguenza di rimandare la diagnosi al momento in cui i sintomi denunciano in maniera eclatante una patologia che, a quel punto, si rivela spesso irreversibile. Relativamente alla particolare specificità del tema che siamo qui a trattare sono venuto a conoscenza di una sorprendente carenza di prevenzione sanitaria per quanto riguarda l'organo della vista nella popolazione anziana stanziale dell'arcipelago toscano. Quei luoghi, che nei mesi della vacanza vengono raggiunti da migliaia di turisti e che spesso sono, grazie alle possibilità economiche ed alla notorietà dei villeggianti, sulle cronache dei rotocalchi e dei telegiornali, durante gli altri periodi dell'anno scompaiono dall'attenzione dei media, delle cronache, e con loro restano in ombra anche i disagi della popolazione autoctona, e principalmente degli anziani e dei disabili tagliati fuori da una efficiente assistenza dedicata a causa del maltempo, della distanza dalla terraferma e spesso dalla solitudine e dalla disattenzione generale. La collaborazione con i medici di base ed il coordinamento di un progetto sanitario di prevenzione e cura della malattia oculare nelle sue molteplici differenziazioni per la popolazione residente ed in particolare per i disabili e anziani con difficoltà motorie, mi sembra un dovere civile ed un obbligo per chi è deputato alla organizzazione di un sistema sanitario efficiente in questi luoghi. Ritengo che un censimento della popolazione disabile, anziana e principalmente sola, possa essere organizzato con la collaborazione dei medici di base ai quali in particolare va il mio invito. Relativamente alla mia specialità la prevenzione del rischio di patologia oculare può consentire di organizzare un piano di intervento strategico al fine di realizzare quello che mi piace definire con termine mutuato: "prevenzione civile". Brevemente voglio ricordare i capisaldi della patologia oculare che ricadono sotto il concetto di prevenzione: malattia glaucomatosa, cataratta, maculopatia ed altre retinopatie di varia specie, difetti di vista ed eventuali correzioni, patologie corneali e degli annessi, l' esame del fondo oculare quale indicatore delle complicanze di malattie sistemiche quali diabete ed ipertensione, e non da ultimo il riscontro di malattie oculari invalidanti che necessitano di certificazioni per godere dei diritti concessi agli invalidi e gli eventuali aggravamenti di invalidità già riconosciute. Se dieci, venti, trenta o più pazienti al mese debbono imbarcarsi per raggiungere la terraferma nei mesi in cui non è prudente per loro addirittura uscire di casa per raggiungere un ambulatorio o servirsi di gravosi e costosi spostamenti da un comune all' altro dell' isola in ambulanza è doveroso organizzare un servizio che preveda che un sanitario fornito delle necessarie strumentazioni ed esperienza li raggiunga al loro domicilio evitando disagi e rischi che vengono ad aggiungersi alla già penosa situazione. Personalmente mi rendo disponibile alla organizzazione di una collaborazione con le strutture sanitarie locali e, sotto l'egida dell' ANSPI, lavorare per realizzare un servizio di oculistica domiciliare su tutte le isole dell' arcipelago nelle località ove questo non sia già realizzato o dove si soffra il disagio di un servizio insufficiente. Ogni strategia presuppone una tattica e questa, se le mie parole sono state sufficientemente chiare, è il primo capitolo di una affascinante esperienza che mi auguro ci veda, medici, amministratori e cittadini a fianco dei nostri parenti, amici e pazienti contro la malattia ed i disagi di queste particolari comunità. Ho sempre ritenuto che il malato paghi 3 volte il prezzo: una volta con la malattia, una seconda volta con i disagi connessi al suo stato tra cui un costo in denaro spesso non proporzionato alle proprie possibilità ed una terza volta perché statisticamente paga al posto di chi, almeno questa volta, resta sano Per noi che siamo sani e che esercitiamo la professione medica raggiungerli è un dovere oltreché il nostro lavoro e compito dei cittadini sostenerci nel nostro proposito nell' interesse di tutti. Ormai da parecchi decenni grazie alla messa a punto di sofisticate tecnologie ed un eccesso di specializzazione che parcellizza e riduce la qualità umana del rapporto diretto tra medico e paziente è il malato che deve raggiungere la struttura sanitaria e la figura del medico che va al "capezzale" appartiene ad una idea romantica, un pò patetica, letteraria e premoderna. La disabilità nella mia esperienza di anni di lavoro al CAD mi ha insegnato che la medicina, finché è possibile, può e deve essere ancora fatta andando verso i pazienti anche perché, e mi limito alla mia esperienza di trentacinque anni di oculista, il 60-70% di quello che scopriamo nei nostri pazienti una volta che si presentano nei nostri ambulatori, può essere diagnosticato al loro domicilio e che soltanto quando si rende imprescindibile si deve ricorrere alle strutture per trattamenti ed esami specifici altrimenti impossibili. Un controllo della vista e prescrizioni di nuove lenti che non si fa a volte da anni per chi, costretto alla immobilità, trova unico conforto nella lettura o nella TV, un controllo del tono oculare in un glaucomatoso che non può più raggiungere l'ambulatorio, la decisione di sottoporsi ad un intervento di cataratta, il disagio di una epifora per una banale atresia delle vie lacrimali così frequente negli anziani, una districhiasi così banale e così fastidiosa, la precoce individuazione di una maculopatia, patologia così inspiegabilmente in aumento nella popolazione della terza età, una certificazione di invalidità o di aggravamento di una già riconosciuta invalidità: tutte queste tipologie di intervento non necessitano assolutamente di quelle strumentazioni e di quelle strutture che in un secondo tempo, qualora si rendesse necessario, possono essere raggiunte da quel ridotto numero di pazienti che ne presentassero la assoluta e imprescindibile necessità. Non rimandiamo quindi a domani quello che doveva essere già stato fatto ieri e buona fortuna a tutti! In primis ai nostri pazienti.


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