Apro “ La spiaggia d’oro”. Nel frontespizio una dedica, datata luglio 1971 : “ A Michelangelo Zecchini, con viva stima per ciò che scrive ed amicizia, da Raffaello Brignetti”. Un flash attraversa il campo della memoria. Passavo sotto la Torre con il mio guzzetto a remi. Lui era ai piedi del monumento, a contemplare il suo mare. Un sorriso : “ Vieni su, che ti devo dare una cosa”. Un salto sugli scogli, felice di salutare un personaggio che ammiravo per le sue alte doti intellettuali e per il suo straordinario coraggio di vivere. “ Il libro è ancora fresco di stampa, eccotene una copia; ma parlami dei tuoi scavi”. Gli raccontai di Monte Giove, di questa sorta di Olimpo elbano che tremila anni fa credevano proteggesse – e forse è vero – vallate e ambiente marino; gli descrissi le capanne pastorali, dall’ordito stramineo, che più di trenta secoli or sono popolavano la distesa pianeggiante della Madonna del Monte. E i suoi occhi malinconici si illuminarono di un sogno impossibile : “ Come vorrei essere lì con te, salire per quei gradini antichi”. Raffaello era giovane, appena cinquantenne, ma da circa un decennio era costretto a convivere con i terribili effetti di un incidente d’auto. Ciò nonostante era riuscito a dare alla letteratura italiana e mondiale, grazie anche al sostegno di una piccola grande donna, Ambretta, capolavori assoluti di prosa e di poesia quali “Allegro parlabile” (1965), “ Il gabbiano azzurro” (1967, Premio Viareggio), “ La spiaggia d’oro” (1971, premio Strega). Nelle sue originali narrazioni, che sono fra le più significative nel panorama letterario del secondo Novecento, convivono in perfetto equilibrio accenti ermetici e veristici, simboli e fantasia, illuminanti squarci di poesia della memoria incastonati nella musicalità corale di un limpido periodare. Sono questi ricordi, queste veloci riflessioni, che mi spingono a entrare nella vicenda della Torre, dalla quale mi ero proposto di restare lontano. Essa, purtroppo, da gioco corretto delle parti, qual era in fase elettorale, si è degradata a mano a mano assumendo i lineamenti di una lite dai toni fuori misura. Nel groviglio di livore e di rancore, di superbia e di arroganza, che sta triturando perfino la memoria, si è voluto coinvolgere Ambretta e Raffaello Brignetti, con insinuazioni che sfiorano il ridicolo e che altrove sarebbero state bollate subito come vergognose. Ma ci si rende conto delle enormità che si stanno pubblicamente proponendo? Si ha la misura di quanto sia grave e odiosa, anche sotto il profilo psicologico, l’accusa di impossessamento illecito? Perché dobbiamo sempre tentare di sfasciare le nostre cose più belle e più pure? A chi lo ha nominato con sussiego o aria di sufficienza, voglio ricordare che Raffaello Brignetti è considerato all’unanimità il più grande scrittore italiano di mare di tutti i tempi; che è entrato a pieno titolo nell’empireo dei maggiori narratori in ambito mondiale insieme con Conrad e Melville; che la città di Taranto gli ha dedicato una delle strade principali, guarda caso fra via Salvatore Quasimodo e via Giuseppe Ungaretti. Se ne ravviserò l’opportunità, fra qualche giorno spiegherò a quei Signori di Marciana Marina, sulla base della mia esperienza trentennale di perito sulla legislazione dei beni culturali, che il problema Torre, così com’è stato da loro impostato, è giuridicamente viziato nei presupposti e nelle conclusioni. Ora non ne ho voglia. Sono troppo arrabbiato per la meschina figura a cui viene esposto il paese. Perché a Raffaello e Ambretta Brignetti, personaggi di elevatissima statura morale, intellettuale e civica, ci si può avvicinare solo con rispetto e amore. Che sono poi gli stessi sentimenti che hanno connotato il loro rapporto con la Torre, con i marinesi, con l’isola. Michelangelo Zecchini Carissimo Michelangelo Non ho avuto la fortuna di conoscere Raffaello Brignetti né la sua signora, non discuto della vaglia dello scrittore, né della "statura morale intellettuale e civica" della famiglia Brignetti. Sulla vicenda non ho informazioni diverse da quelle di tutti i "comuni" elbani, so che c'è una sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione in virtù della quale la quale la Torre dovrebbe tornare nelle pubbliche disponibilità, che attende di essere eseguita e non so in che cosa consistano gli affronti che sarebbero stati portati recentemente alla memoria dello scrittore elbano-gigliese. Ciò premesso la tua lettera mi lascia (non poco e, credimi, non da solo) perplesso: cosa c'entrano la fama letteraria ed il rispetto che si deve portare a chi non è più tra di noi con la licenza di privatizzazione (consentimi, pure un poco odiosa) di un bene pubblico di grande significato culturale e con la sua riduzione a casa-vacanze? Come si può sostenere che i meriti culturali di una singola persona debbano incidere sul suo diritto di fittare, e peggio ancora comprare, un bene pubblico, che è patrimonio oggettivo di una comunità, ed a trasmetterlo agli eredi finché ne fruirà chi con il beneficiato ed i suoi meriti non c'entra più assolutamente niente? Al siciliano Salvatore Quasimodo, che tu accosti con molto affetto a Raffaello Brignetti, è stato dato un Premio Nobel ma nessuno si sarebbe sognato di affittare o vendere per un tozzo di pane la Cappella Palatina, Ungaretti non fissò la dimora dei suoi eredi nel campanile di Giotto e Grazia Deledda non tentò mai di annettersi un nuraghe. Atteso che il più significativo artista ferajese vivente è Italo Bolano, troverei molto disdicevole che Roberto Peria anche soltanto proponesse di vendergli la Torre del Martello (suggerirei anzi l'opportunità che il Sindaco fosse sottoposto ad un T.S.O. per evidente attacco di follia) senza diminuire di un grammo la stima artistica per Italo. Credo quindi che sia intanto importante e civile (con buona pace della famiglia Brignetti) che chi di dovere non si sottragga all'obbligo di dare esecuzione a quanto fissato dalla Cassazione, facendo ritornare quello storico immobile nelle disponibilità della collettività. Cosa farne dopo lo stabilirà l'amministrazione comunale magari come annunciato da Ciumei avvalendosi di alte competenze come le tue o quelle della Signora Corradini Porta, attuandone un uso che poi si potrà condividere o criticare, ma intanto è opportuno che si sani, con la restituzione ai marinesi di quella che è sempre stata moralmente una loro proprietà, un'ingiustizia, e si ponga fine ad un intollerabile privilegio. Con immutata stima
Blitz Goletta Verde 2008 D