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A Sciambere del Gerovital

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 28 agosto 2008

Caro Sergio, Nell’A sciambere di sabato 23/8 di Elbareport, solleciti la mia testimonianza a proposito della tua reazione alla notizia dell’invasione della Cecoslovacchia 40 anni fa da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Meno male che hai usato il condizionale: “… ricordo di aver plaudito alla notizia (che mi fu data da Lamberto Lungonelli che potrebbe confermarle) con un bel moccolone …”. Pretendi troppo dalla mia banca dati della memoria che è ormai ridotta a pochi Kbyte, usurati e scarsamente efficienti: non ricordo l’episodio (il nostro incontro, intendo, non l’invasione), figuriamoci se ricordo il “moccolone”. Ma tu, come fai ad avere ricordi così nitidi su un fatto (di nuovo, l’incontro) tanto marginale di un anno come il sessantotto, che pure di ricordi ne dovrebbe generare parecchi, soprattutto “a sinistra”? E’ stupefacente! Confessa: ti sei sottoposto a qualche terapia per combattere l’invecchiamento, mentale e fisico, tipo il Gerovital della dottoressa rumena Ana Aslan che andava di moda in quegli anni e che si trova ancora in vendita su Internet. Questo episodio (l’incontro) ti deve avere proprio colpito: infatti lo hai ripreso nell’ A sciambere del giorno dopo. A parte il fatto che i tank erano del Patto di Varsavia e non solo dell’Armata Rossa, in questa occasione hai aggiunto ulteriori dettagli (che leggo come indizi che confermano l’ipotesi del Gerovital): la strada del Bar Royal, Gomulka, il caffè non gustato, il raggiungere affannato la sezione del PCI e così via. Una cosa però non la dovevi svelare: il mio nome di battaglia Gomulka. Che cosa mi resta da fare ora: cambiare identità, fare una plastica facciale, passare in clandestinità, emigrare, ...? Confesso però che sono rimasto colpito dalla causa scatenante di tutto questo, cioè una breve frase della lettera molto più ampia e relativa ad altro argomento (rete, blog, democrazia, diritti, informazione, …) di Dario Ballini, che non conosco. Mi spiego: data l’evidente natura ultronea della frase all’interno dell’argomentazione svolta, perché dedicarci un “A sciambere” e mezzo? Allora, poiché di tutto ti si può accusare ma non che ti manchi il “mestiere” – come il successo di Elbareport dimostra –, io credo che tu abbia colto la palla al balzo: avevi intenzione di lanciare (e ne hai dato un esempio) una nuova rubrica su Elbareport “Dove eravamo” in cui i lettori raccontano in quale modo un fatto collettivo, pubblico, importante proposto dal giornale ha intersecato la loro vita personale, necessariamente composta di piccoli particolari, talvolta anche insignificanti; ma proprio il contrasto fra il piano personale e il piano pubblico dovrebbe essere la caratteristica fondante, la ragion d’essere della rubrica. Ovviamente la rubrica, come la medaglia, potrebbe essere rovesciata: i lettori ti propongono un fatto pubblico e tu racconti proprio in virtù degli effetti miracolosi del Gerovital sulla tua memoria e con il tuo stile colorito dove eri, che cosa facevi, che cosa pensavi in quel preciso momento storico: in questo caso la rubrica la chiamerei “Io confesso”. Spero che così avrai l’occasione per svelare altre identità segrete del Club del Bar Roma dei primi anni 70: il Pellicano, Moko, Marione, Cip, il generale Fiorenzo Bavabeccaris, Lottino, Gocciola, il bandito Micino, Tardò … Nessuna delle due mi pare una cattiva idea, ma non so se sono una novità. Con amicizia, Lamberto Caro Gom.. (ops!) Lamberto Pensavo che il tuo conteggio degli mnemonici kbyte residuali fosse un vezzo, poi invece mi hai dato da pensare, non tanto per il mancato ricordo di avermi dato una notiziaccia, ma perché hai dimenticato di citare tra i membri della confraternita ben tre elementi di grandissimo spessore quali il Cavallo, il Topino e soprattutto Renzò-le-Beaux. Vabbè ti manderò del Gerovital (non di quello taroccato che vendono in Internet) ma di quello originale, ciò che ancora mi resta di una grossa partita che mi feci previdentemente spedire da Bucarest(sulle scatole c’è ancora il bollino della STASI), ben prima della caduta del compagno Ceacescu, che, come tu ben sai (e come sa pure Ballini) era uno dei miei idoli. E per dimostrarti quanto funziona ti racconterò un altro particolare di quella giornata, al quale mancai di assistere solo per pochi minuti, ma che mi fu riferito da Totanino (Danilo Alessi) nella sua immediatezza: il transistoricidio. Forse persino tu comunque ricorderai la estrema parsimonia di Giovanni Dellea. Era uno di quegli amministratori delle finanze del PCI a cui scucire soldi per le attività era sempre una lotta, ricordo che quando andavo a chiedergli i soldi per andare a Livorno per partecipare alle riunioni della commissione cultura (il martedì sera) mi dava sempre 2.000 lire e invariabilmente quando gli facevo notare che 980 lire costava il biglietto andata e ritorno nave inclusa, e che con 1.020 lire non riuscivo a pagare da mangiare e da dormire mi rispondeva: “Vorrà dire che stavolta mangi la prossima dormi”. Orbene Dellea curioso dei fatti del mondo teneva sempre con sé in edicola una radio a transistor, e per risparmiare invece di alimentarla con le piccole ma costose batterie interne la faceva funzionare con due grosse pile che erano assicurate all’esterno della radiolina con degli elastici. Danilo di trovava nella “tonnara” tra le due edicole di Piazza Cavour in compagnia di Felice Chilanti, noto scrittore e giornalista comunista in vacanza all’Elba, da dentro l’edicola richiamò la loro attenzione Dellea, che aveva appreso la notizia dell’invasione della Cecoslovacchia dalla sua radio e lo riferì preoccupato, allungando il transistor ai due compagni. Chilanti che aveva un caratterino piuttosto marcato afferrò la radiolina che trasmetteva debolmente, forse per via delle pile poco canoniche, se lo portò all’orecchio, e avuta conferma di quanto era accaduto, preso da una incontenibile incazzatura, sbatacchiò in terra, con quanta forza aveva l’incolpevole apparecchio spargendone i pezzi sulle lastre di granito. Dellea, colpito al cuore (e nel portafoglio), non dandosi per vinto, tentò di recuperare i diversi minuti rottami, sperando in una improbabile resurrezione, operazione che perdurò perché mancava qualche pezzo, fu Danilo a svelarmi perché, in un momento così drammatico, Dellea se ne stesse a buco punzone. Fraterni saluti Sergio (nella foto: Wladyslav Gomulka, l’originale)


Wladislav Gomulka

Wladislav Gomulka