Caro Sergio, ho letto lo scambio fra te eil sig. Ballini, su giornalismo e dintorni. La confusione sulla professione, alimentata da anni, alla fine sta dando i suoi frutti. Io mi limito a ribadire, nella ridda di ipotesi sull'accesso alla professione, quello che ha dichiarato recentemente il presidente dell'Ordine sul "Manifesto": il criterio dve essere "un percorso formativo certo e riconoscibile". E qui mi sento in dovere di sottolineare due o tre cose: 1) Quando ho partecipato alla selezione della scuola di giornalismo della Luiss a Roma, nel 1993, le scuole riconosciute dall'Ordine erano solo sei: due a Milano (IFG e Cattolica), una a Pesaro (quella della storica facoltà di giornalismo, unica in Italia per molti anni), una a Perugia (scuola della RAI), una a Bologna (IFG) e appunto, il corso della Luiss, ultimo arrivato, che era l'unico che permetteva l'accesso ai giovani oltre i 27 anni (il mio caso), ma anche l'unico riservato ai laureati. 2) Le scuole suddette erano tutte serie, hanno formato per vari decenni ottimi professionisti, e restano la via maestra per l'accesso alla rpofessione, anche perché la via alternativa (il praticantato), oltre a non richiedere nessun titolo di studio era ormai dominio riservato di figli di giornalisti e funzionari di partito, a parte le solite lodevolissime eccezioni (i "negri" di redazione che si vedevano finalmente riconoscere anni di oscuro lavoro malpagato). 3) Nei paesi di tradizione giornalistica più antica, gli USA e il Regno Unito, dove non esistono ordini professionali, tutti i giornalisti escono dall'università di giornalismo e dalle scuole. Dovrebbe essere così anche in Italia, ma bisognerebbe avere finalmente il coraggio di abolire il praticantato e distinguere chiaramente fra le "Scienze della comunicazione" e i corsi di giornalismo. 4) E' chiaro che poi bravi o pessimi giornalisti lo si diventa solo nella pratica, che l'etica resta soprattutto una virtù individuale, e che "il coraggio uno non se lo può dare", diceva Don Abbondio. Ti saluto Cesare Sangalli Caro Cesare "contre" direbbe uno che a differenza chi ti scrive conosce l'arte del bridge, contesto, per quanto riguarda le scuole di giornalismo almeno. Non metto in dubbio che abbiano sfornato (anche) dei fior di professionisti, personalmente vuol dire che sono assai sfortunato poichè ho conosciuto e visto all'opera talaltri (durante stage o in altre situazioni) prodotti delle scuole di giornalismo, ed avere avuto la sensazione di trovarmi di fronte a dei fior di preservativi, qualcuno credimi non solo come dici tu senza spina dorsale, ma pure ignorante come la mitica capra dello Scaglieri. Dici che dipende dal fatto che sto diventando vecchio e acido? Può essere, ma sempre a proposito delle scuole, può essere seria una scuola alla cui direzione si manda un tizio dopo che si è reso autore uno dei più ciclopici fiaschi della storia dell'emittenza, perché non riciclabile diversamente? E' accaduto non in Burundi, in Italia.
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