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Controcopertina: No ad uno sport che non vede, non sente, non parla

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 27 agosto 2008

Già quando Petrucci, all'inizio delle Olimpiadi, aveva detto che lo sport non può avere il ruolo che spetta alla politica, il fatto mia aveva fatto storcere il naso. Ora il Cio (comitato internazionale olimpico) ha detto no all'insegna a lutto per georgiani colpiti dalla guerra, no ancora al segno di lutto per gli spagnoli dopo la tragedia dell'aereo precipitato. Non solo, oggi, giorno della chiusura dei giochi, Rogge sollecitato ad esprimersi sul problema dei diritti umani in Cina, ha risposto che "Sono cose che non riguardano il Cio, bisogna rispettare le leggi cinesi". Incredibile. Per fortuna, alle soglie del termine delle gare olimpiche, ho potuto sentire finalmente opinioni contrarie, su Rai2, in televisione, quando un ex famoso sciabolatore, ora opinionista (di cui non ricordo ora il nome) ha detto che gli atleti si stanno sempre più esprimendo sulle tristi vicende delle ingiustizie della Cina :"Gli sportivi devono diventare portavoce di libertà". Quindi emerge, per lo più, un mondo dello sport alla Ponzio Pilato, che se ne vuol lavare le mani di quello che accade nel mondo. Non credo sia una posizione da condividere, lo sport non può essere un corpo separato dalla società, tutt'altro. Deve, al contrario, essere in grado di esprimersi liberamente secondo le situazioni. Ma come? Semplicemente rispondendo al diritto di un'espressione libera, ma anche seguendo i principi della Carta Olimpica, principi di dialogo, amicizia tra i popoli, di lealtà e via dicendo. E allora abbiamo bisogno di riscoprire il valore delle Olimpiadi? Sì, ormai la manifestazione mondiale di Pechino rischia di essere soprattutto un enorme business, una parata di campioni golosi di medaglie e premi in denaro(per gli italiani 140 mila euro per la medaglia d'oro, l'argento a 75 mila e il bronzo a 50 mila), vittorie da rendicontare con una specifica classifica. Un abbraccio all'avversario sconfitto e via, ognuno a casa propria. Per carità, tutto molto bello, le gradi folle che vivono le gare, colori, applausi, emozioni. Atleti che condividono fatiche, gioie e dolori. Uno stare insieme in pace, anche se dietro l'angolo c'è il buio delle guerre e delle ingiustizie. Una festa che ci prova a dire basta a quello che non va. Le Olimpiadi potrebbero essere ancora molto di più. In fondo i sogni non costano niente. Potrebbero essere una fucina di fratellanza, se fossero applicati, ripeto, solo i principi della Carta Olimpica. Magari impegnando le centinaia di atleti di ogni parte del mondo, in qualcosa di più che lo sfidarsi nelle gare, fra che debbono convivere per diverse settimane 205 delegazioni e circa 13.000 atleti. E questo potrebbe avvenire alle Olimpiadi, ma anche in altre occasioni sportive. Lo spirito esistente soprattutto nel mondo del rugby insegna e tale spirito si può sviluppare. A Portoferraio, un piccolo esempio. l'Elba rugby dà lezione col terzo e quarto tempo e poi in questi giorni ha creato anche una festa cittadina aggregante. Immaginiamo cosa si potrebbe fare in questo senso sfruttando un'olimpiade. Ma a quanto pare taluni personaggi ed enti responsabili del mondo sportivo, si rinchiudono sempre di più in se stessi e prendono le distanze proprio dalle vicende del mondo. Non sembra abbiano alcuna voglia di favorire un impegno più esplicito per un mondo migliore, attraverso la pratica dello sport e l'applicazione dei suoi valori originari. Può darsi che io mi sbagli, lo spero, per una mia non piena conoscenza del mondo dello sport. Forse posso tentare di andare nel dettaglio, nel tentativo di caldeggiare un ruolo più forte per chi fa sport. Ricordiamo cosa aveva detto Petrucci: “Perché si chiede allo sport quello che dovrebbe fare la politica? Il presidente della Repubblica ha consegnato il tricolore ad Antonio Rossi e noi abbiamo il dovere di portare il tricolore alla cerimonia d’apertura. Non è giusto chiedere ad un atleta ciò che non può e deve dare. Perché - domanda Petrucci - non si chiede agli industriali di non venire in Cina?”. Questa la frase ha giustamente respinto l'idea di una non partecipazione alla cerimonia di avvio delle Olimpiadi in Cina, da qualcuno sollecitata. Quindi ok a Petrucci che dice "le Olimpiadi sono partecipazione, innanzitutto". Ma non solo la politica deve agire per rivendicare diritti umani, eguaglianza in Cina, dove esiste una dittatura. Chiunque, quindi anche il mondo dello sport, è chiamato ad un ruolo politico, seppur diverso da chi la politica la fa per professione. Non a caso l'Olimpiade è un momento di esaltazione dei migliori principi, di confronto e unione tra i popoli, fin dai tempi delle prime edizioni in Atene. Come si può dire che il mondo dello sport deve pensare solo a svolgere i giochi e che il problema dei diritti umani in Cina non riguarda il comitato olimpico? Per supportare questo ragionamento, possiamo anche riferirsi, come detto, ai principi della carta olimpica (che riporto qua sotto in una sintesi recuperata su internet) nella quale si enunciano dogmi, in netto contrasto con la realtà sociale della Cina. Possiamo vedere l'articolo 5 della carta olimpica, dove si dice in pratica che sono da condannare tutte le forme di discriminazione. Quindi anche lo sport, avendo da secoli assunto principi di giustizia, deve fare la propria parte e affermare il bisogno di valori nel mondo, e anche in Cina. Atleti e soprattutto i dirigenti, in particolare quelli del comitato olimpico internazionale, devono far sentire la propria voce, sempre onorando i giochi. L'Olimpiade deve essere un momento di comunicazione fra la gente, tra le nazioni, come dice l'articolo due, per promuovere una società pacifica basata sul mantenimento della dignità umana, cosa che non è attuata, notoriamente, in Cina. Detto questo non deve esistere nessuna istigazione a momenti violenza, di protesta esasperata, ma neppure lo sport deve essere asettico e silente. E c'è da sottolineare che in ogni paese esistono ingiustizie, non solo in Cina, e anche questo va detto. L'Olimpiade non è solo una allegra occasione di gare spensierate. Lo sport, secondo me, dovrebbe quindi avere uno specifico ruolo politico, fatto di messaggi di solidarietà e di appropriato dialogo tra i popoli. Dovrebbe essere proprio un propulsore costante, un esempio, per un mondo migliore. Utopie? Certo, ma tendere agi ideali serve. Intanto, non a caso, il giorno dell'accensione della fiamma olimpica è scoppiata un'altra guerra. Un tragico messaggio, alla faccia della tregua olimpica voluta nel lontano passato dai greci durante i giochi. E' vero, questo è il mondo e 2008 anni per ora sono trascorsi e l'uomo non è ancora riuscito a superare i propri limiti


olimpiadi 2008 piccola

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