E’ bene dire subito che essere isola non è la stessa cosa di essere costa o territorio continentale. Sarà ovvio, forse banale, ma non sempre queste condizioni, quelle dell’insularità, oggettivamente più difficili e precarie, vengono riconosciute. E’ più facile, per alcuni, declinare lo stereotipo dell’isola fascinosa verde e blu e del reddito medio procapite fra i più alti della Toscana, che guardare più a fondo nella realtà di chi in questa terra ci vive dodici mesi all’anno. C’è voluta, per esempio, una estenuante trattativa con l’assessorato regionale alle riforme e i suoi uffici, in parte ancora indefinita e per alcuni aspetti incomprensibile, per introdurre nella legge 37 sul riordino delle CM un articolo in cui si dettano disposizioni speciali per l’arcipelago e, sia pure parzialmente, venisse riconosciuta la specificità della condizione insulare. Nel Piano Sanitario 2008-2010, come del resto in quello precedente, il richiamo al governo delle specificità geografiche, insulari e montane, è esplicito ed ampiamente argomentato, e di ciò vogliamo darne pubblicamente atto e merito all’assessore Rossi che oggi ci onora della sua presenza. Così come ritengo siano da condividere i criteri di ripartizione delle risorse che, oltre a privilegiare la qualità dei progetti, mirano al superamento delle situazioni di disagio territoriale al fine di garantire i livelli essenziali dei servizi previsti. Il concetto, tra l’altro, è ulteriormente ribadito laddove si precisa che gli obiettivi del piano sono tesi a potenziare i servizi di emergenza-urgenza, con particolare riferimento ai comuni montani e ai contesti insulari, assegnando a quest’ultimi il 17,5% del fondo, con l’intento dichiarato di aumentarne il finanziamento che comunque non dovrebbe essere inferiore a quello precedente. Importante, infine, è la riaffermazione dello strumento della concertazione, visto che i progetti, approvati con atto del Direttore generale, dovranno in ogni caso riportare l’accordo con la Conferenza dei Sindaci e con le Comunità Montane o, come è nel nostro caso, con la costituenda Comunità di Arcipelago prefigurata dalla legge regionale sopra richiamata. Su tutto questo, ovviamente, dovremo discutere e approfondire quanto è necessario, pur esprimendo fin d’ora un giudizio positivo sui contenuti e sugli indirizzi di un Piano che nasce, è doveroso ricordarlo, in una fase politica difficile per il sistema sanitario pubblico, intaccato nei suoi caratteri di universalità e trasversalità e condizionato dai tagli alla spesa che per la Regione Toscana ammontano ad oltre 400 milioni di euro in meno di tre anni. Per noi, vogliamo ribadirlo, il diritto alla salute è un diritto primario, essenziale ed esigibile. E se la salute è da considerare oggi lo stato di benessere fisico, psichico e sociale, il tema dell’equità in sanità deve essere una priorità in un sistema pubblico universalistico, solidale e unitario. 1 Equità del servizio, della prestazione, dei risultati, equità nell’accesso, eliminando le disuguaglianze sociali, culturali ed economiche. Stabilire quali sono i LEA ( Livelli Essenziali di Assistenza ) ricordandoci che essi non definiscono lo stato sociale minimo garantito solo ai più poveri, ma devono invece rappresentare la garanzia dell’obiettivo di equità sociale tra tutti i cittadini sul decisivo piano della salute. . In altre parole un sistema più equo, che possa offrire maggiori opportunità soprattutto ai cittadini in condizioni di disuguaglianza sanitaria e sociale. In questo quadro all’Elba scontiamo ritardi e disservizi a cui occorre prestare adeguata attenzione e dare risposte appropriate. Le ricorrenti proteste del Tribunale per i diritti del malato (e qui è d' obbligo un ringraziamento, per l' impegno profuso, al suo referente elbano, Viliano Rossi), dei sindacati e degli stessi cittadini, circa qualità e quantità dei servizi ospedalieri, sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere sottovalutate. Mi riferisco, per citarne alcuni, alla riduzione dell’assistenza infermieristica domiciliare ed ai trattamenti fisioterapici; alle lunghe liste d’attesa per certi esami anche importanti; ai doppi turni di servizio del personale infermieristico; alla carenza di personale per l’emergenza-urgenza; all' accorpamento dei reparti di chirurgia e ortopedia con riduzione del personale per turno che, a parità di posti letto, significherebbe aumento dei carichi di lavoro e rischio per la qualità del servizio erogato; alla moltiplicazione, non sufficientemente giustificata, dei dirigenti e così via. Fatti recenti, tra l’altro, non inducono all’ottimismo. Risulta, infatti, che per mancanza di medici sia stato chiuso, spero provvisoriamente, l’ambulatorio di endoscopia e che a tutt’oggi manchi un cardiologo reperibile sull’Elba, visto che l’unico disponibile risiede a Piombino e che anche volendo, in caso di urgenza, magari notturna, non è in grado di garantire la propria presenza. Incomprensibile, inoltre, appare la riduzione, se non addirittura la chiusura, degli ambulatori con specialisti esterni in un periodo come quello estivo, durante il quale, come è noto, l’utenza tende considerevolmente ad aumentare. Per non sottacere, poi, della cronica insufficienza di organico nei reparti di radiologia e del laboratorio di analisi. Infine c’è da dire che le critiche non riguardano solo la riduzione o la cancellazione di alcuni servizi esistenti, ma anche il fatto che altre attività, ritenute standard negli ospedali toscani, all’Elba sono assenti, quali, per esempio, la rianimazione post-operatoria che richiederebbe almeno due posti letto e che in una fase di accorpamenti e razionalizzazione credo si possa facilmente realizzare. Oppure la possibilità di portare a regime, e magari estendendo il servizio anche alle altre due isole dell’Arcipelago, Capraia e Giglio, l’attuale sperimentazione del progetto Igea Sat di telemedicina che interessa alcune patologie croniche di alta rilevanza epidemiologica. Un quadro tutt’altro che roseo su cui occorre doverosamente intervenire, ponendo in rilievo, con intento ovviamente propositivo, la necessità di superare quello che oserei definire uno scollamento tra le necessità di questo territorio - amplificate, tra l’altro, dallo squilibrio stagionale - e le conseguenti azioni della dirigenza aziendale. 2 Alcune difficoltà oggettive, comuni per altro a tutto il sistema sanitario regionale, non possono più diventare, all' Elba, un alibi per non concretizzare certe scelte in tempi ragionevoli. Questo è comunque un paradosso, dato che la sanità viene considerata il primo dei settori dove più diretta dovrebbe essere la consequenzialità tra gli orientamenti dell’amministrazione pubblica e la loro applicazione concreta. Correggere questa situazione può e deve essere possibile, magari introducendo nella managerialità delle USL un di più di responsabilità pubblica e un più diretto coinvolgimento di tutti i soggetti presenti nei sistemi territoriali della sanità. L’occasione potrebbe essere quella della legge regionale sulle Società della Salute, una legge che pareva in dirittura d’arrivo qualche mese fa e che potrebbe aprire una nuova stagione anche per l’Elba, in grado di dare risposte più qualificate alle legittime esigenze di servizi socio sanitari per i residenti e per i turisti. Oggi, infatti, non possiamo sottovalutare che i cittadini si rivolgono all’ospedale anche per i servizi che potrebbero trovare sul territorio. Occorre allora rafforzare il ruolo dei servizi territoriali, agevolando i cittadini alle prestazioni e quindi concepire la Società della Salute quale semplificazione a garanzia dell’accesso, continuità assistenziale e presa in carico della salute delle singole persone. Solo una forte integrazione tra la rete ospedaliera e la rete dei servizi territoriali può produrre miglioramenti nell’erogazione delle prestazioni agli utenti e nell’utilizzo delle risorse. Perché parlare di diritto alla salute non vuol dire semplicemente una sanità di qualità, ma una sanità diffusa su tutto il territorio, in particolare nelle zone periferiche ed isolate come la nostra e, più in generale, di tutto l’arcipelago toscano. Una sanità che considera il cittadino paziente, lo aiuta ad essere utente consapevole e quindi in grado di contribuire al risparmio nelle spese sanitarie, anche se il problema vero, oggi, non è spendere meno ma spendere meglio, utilizzando in modo oculato le risorse ed avendo presente che ridurre la spesa non vuol dire solo tagliare le indennità ai direttori generali, ma anche correre il rischio, tutt’altro che ipotetico, di tagliare i servizi necessari aumentando le ingiustizie. Investire per risparmiare significa, per esempio, utilizzare più risorse nella prevenzione, partendo fin dalle scuole primarie e promuovendo campagne per una maggiore attenzione agli stili di vita e all’alimentazione. Così come maggiore attenzione va dedicata al disagio sociale giovanile, che sfocia spesso nelle tossicodipendenze e nell’alcoolismo, con le conseguenze che tutti conosciamo. Fra le tante cose da fare, dunque, anche di questo abbiamo bisogno, bisogno di iniziative appropriate e di ascolto, una Regione più vicina e un’Azienda più sensibile e reattiva nella quale la responsabilità dei Comuni sia reale potere di indirizzo e non sommessa richiesta , e ciò va detto non perché portatori di un lamentoso vittimismo 3 o di richieste inattuabili, ma al contrario, perché rappresentanti di un territorio che soffre di storiche inadeguatezze – e non solo nella sanità, purtroppo – e che può e deve avere di più per avvicinarsi agli standard regionali. Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere sul quotidiano “Aprile on line” una riflessione del filosofo Emanuele Severino, il quale ha scritto “poiché ogni azione è definita dal proprio scopo, se lo scopo della sanità non è più la salute del malato ma anche il proprio interesse economico, non vi è dubbio che prima o poi essa subordinerà in qualche modo la salute del malato al proprio tornaconto economico”. C’è da sperare che non sia così, che non si tratti di una tendenza in atto, rispetto alla quale, in ogni caso, non potremmo rimanere inerti e indifferenti, mettendo in campo tutti gli antidoti necessari a contrastarla. Questo Consiglio comunale aperto, fortemente voluto dal sindaco Peria, a cui va il merito di un impegno costante e puntiglioso, può essere, in tal senso, un’occasione importante da saper cogliere e mettere a frutto, per compiere un significativo passo in avanti, ove ciascuno è chiamato, con senso di responsabilità e spirito unitario, a fare davvero e fino in fondo la sua parte.
alessi corona danilo