Caro Sergio, ancora e sempre il tema della giustizia, all’ordine del giorno. Letti commenti osceni sul “Corriere della Sera”, a firma Panebianco e Ostellino, in seguito all’arresto di Ottaviano Del Turco. Panebianco chiede al Partito Democratico di abbandonare definitivamente il sostegno ai magistrati (quale? Quello sperimentato da Clementina Forleo?) e quindi “risolvere” la questione giustizia seguendo Berlusconi, che vorrebbe perfino ripristinare l’immunità parlamentare. Sono lecite certe misure cautelari, come quelle applicate a Del Turco? Sul punto risponde un grande giurista come Franco Cordero, sulle pagine di “Repubblica”: sì, gli arresti sono ampiamente giustificati, e la nostra procedura penale prevede comunque il risarcimento del danno per chi è stato detenuto ingiustamente. Ma c’è un senso di giustizia che va ben oltre i codici. La sconcertante sentenza sulle torture della caserma di Bolzaneto mi ha fatto tornare in mente un lavoro di gruppo (c’era anche Roberto Peria) su“Il cerchio di gesso nel Caucaso” di Brecht, ai tempi del ginnasio. La figura più affascinante del testo teatrale è quella del giudice Azdak, uomo del popolo, che in una breve stagione rivoluzionaria si era ritrovato a somministrare la giustizia. Poi l’antico potere viene restaurato e Azdak passa sul banco degli imputati. Lui che giudicava solo secondo saggezza, sostiene di fronte alle accuse di avere usato comunque i codici di diritto: ci si sedeva sopra, perché la sua sedia di giudice era troppo bassa. Ora, io credo che il senso di giustizia sia innato in ognuno di noi. Faccio appello a questo senso per chiedere a tutti: che cosa può costituire aggravante di un reato (anche se bisogna ricordare purtroppo che il nostro codice ancora non prevede il reato di tortura)? Il fatto di essere rappresentanti dell’ordine costituito, tanto nella pubblica sicurezza che nella pubblica amministrazione, o il fatto di non avere la cittadinanza o il permesso di soggiorno? L’Italia sta optando decisamente per questa seconda soluzione: se sei straniero e escluso socialmente e commetti un reato, questo verrà considerato più grave. Se invece delinqui in nome e per conto dello Stato, si deve essere più indulgenti. Per le torture di Bolzaneto non pagherà nessuno. Lo stesso accadrà per le violenze sugli inermi della scuola Diaz. De Gennaro è stato promosso. Pollari, coinvolto nel rapimento di Abu Omar e nello spionaggio Telecom, è stato promosso. Agostino Saccà, che si faceva fare il palinsesto del servizio pubblico dal concorrente Berlusconi, è stato reintegrato nella Rai (con l’astensione decisiva di Sandro Curzi, mentre Sansonetti di “Liberazione” si scusa con la Carfagna e dice in TV di accettare l’immunità a Berlusconi pur di andare avanti sulle altre questioni: complimenti agli esponenti della “sinistra radicale”). Ha ragione, pienamente, Viktoria Mohacsi, parlamentare europea di origine rom: l’Italia è forte con i deboli e debole con i forti. Unica nota positiva, nel cloroformio generale dei media, la condanna durissima di “Famiglia Cristiana” ai provvedimenti di Maroni sulle impronte digitali per gli zingari, anche minorenni. Il settimanale dei Paolini ha rotto il silenzio conformista di troppi cattolici, e non ha esitato a parlare di provvedimenti di impronta razzista e fascista. Ognuno di noi è chiamato a prendere posizione, forte e chiaro, qui e adesso. Non a fine ottobre, come vorrebbe Veltroni, che sa dire soltanto “il paese ha altre priorità” di fronte all’arroganza di Berlusconi, mentre il genio D’Alema si concentra sul sistema elettorale (alla tedesca, dopo che per dieci anni voleva quello alla francese) e Rutelli cerca alleanze con l’UDC di Totò Cuffaro e Calogero Mannino. Chi si sente rappresentato da questa gente, alzi la mano. Chi vuole il famoso dialogo con questo governo indecente, lo dica. Visto che l’establishment si scandalizza solo per le volgarità di Beppe Grillo, lo dirò con garbo: signori leader del PD e della stampa sedicente progressista, per favore, andate affanculo. Cesare Sangalli Caro Cesare Sono d'accordo con molte delle tue anche più critiche affermazioni, e anche con il tuo cortese finale invito a recarsi colà dove il sol non batte, ma quanto alla carcerazione preventiva mantengo il punto di vista che si tratti di una misura di una tale gravità che la sua applicazione dovrebbe essere ristretta a casi eccezionali, in cui davvero ricorrano i pericoli di reiterazione del crimine, inquinamento delle prove, fuga del reo. Aggiungo che non so dirti se questa eccezionalità sia riscontrabile nel caso abruzzese ma anche che ho una preoccupazione: che a spingere psicologicamente, perfino inconsciamente i magistrati inquirenti a richiederla (parlo in questo caso in generale) sia l'estrema difficoltà con cui si arriva nel nostro paese a punire qualcuno. La filosofia perdonistica e condonistica, la faraginosità burocratica, gli indulti, le prescrizioni e le depenalizzazioni, l'ipergarantismo delle procedure producono una situazione assurda: che ci siano dei fior di mascalzoni arrestati e pure carcerati preventivamente, che poi non si riesce per i più vari motivi a punire, e ciò vale ancor di più per la casta dei potenti(ma pure per le casticchie paesane). E non è affatto consolatorio pensare "Va be' intanto questa (poca) galera se la so' fatta!" perché non solo ogni giorno passato da un innocente vero dietro le sbarre è un insulto al diritto ed alla dignità di una persona (incompensabile economicamente), ma anche perché, nel paese delle banane e dei paradossi, ancor più danni fa un giorno in gabbia di un lestofante che successivamente non si riuscirà a condannare, perché diminuirà nella gente la "certezza del diritto percepita", e darà al medesimo (e magari ai suoi clientes) occasione di intonare il primo verso dell'immortale coro della nota opera goliardica "Ifigonia in Culide": "Noi siamo le Vergini dai candidi manti ..." omettendo il successivo: "siam rotte didietro ma sane davanti".
Miciovignetta motivazioni