Sono rimasto piuttosto colpito da alcune posizioni assunte recentemente dal Governo nazionale e confesso di trovarmi in profondo disaccordo con esse. Non condivido, ad esempio, la scelta di sacrificare –in un Paese senza infrastrutture- impressionanti quantità di denaro per un’opera faraonica quanto scarsamente utile e difficilmente concretizzabile quale il Ponte sullo Stretto. Non mi convincono i militari in piazza e ritengo che basterebbe dare alle forze di polizia le risorse necessarie per lavorare in condizioni meno precarie e difficili di quelle attuali, per garantire maggiore sicurezza ai cittadini. Immaginare l’immigrazione clandestina come un reato, mi fa ritornare il pensiero a tempi bui, in cui l’altro, lo straniero, svolgeva la comoda funzione di capro espiatorio dei mali di società corrotte e decadenti, incapaci di affrontare e risolvere i propri limiti, società destinate a precipitare in tempi brevi nell’autoritarismo. Mi sembra poi fantascienza istituzionale che si possano sospendere 100.000 processi per migliorare (?) le performance della Giustizia, facendo improbabili ed incostituzionali scalette di priorità giudiziaria e sospensioni ad personam, quando l’unica via praticabile è ovviamente quella di investire in uomini, risorse, progetti. A proposito: ma in base all’art. 3 della Costituzione tutti i cittadini non erano uguali di fronte alla legge? Detto questo, in un momento così poco entusiasmante, c’è una questione che più di altre mi sembra sconvolgente: il proclamato, annunciato ed enfatizzato ritorno al nucleare. Il tempismo è straordinario: quando tutti i paesi più avanzati ed industrializzati progettano di uscire dal nucleare di terza generazione, quello “sporco” ed obsoleto, nel giro di 7-8 anni, noi, nello stesso periodo, decidiamo di entrarvi. Un po’ come dire che progettiamo di perpretare nei decenni la nostra arretratezza progettuale, scientifica, tecnologica e culturale. Investire sulla ricerca sul nucleare di 4° generazione, riportare in Italia i nostri migliori cervelli, puntare con forza su tutte le energie alternative sarebbe troppo scontato, troppo ovvio e logico. Troppo, appunto, da paese “normale”. A questo punto non ci resta che il “toto-centrale”, che scommettere, cioè, su dove verranno edificate. Anche su questo scontiamo una spaventosa arretratezza culturale: sembra che dai primi sondaggi la maggior parte degli italiani sia favorevole, purchè non vengano fatte nella propria Regione. La sindrome di n.i.m.b.y. (non nel mio giardino) fa sempre sorridere, ma se la si applica al nucleare ancora di più. Esiste davvero qualcuno che pensa che se una centrale ha un incidente “qualche regione più in là” cambi realmente qualcosa? Siamo consapevoli o meno di quanti tumori, leucemie infantili e malattie autoimmuni ha prodotto anche nel nostro Paese, negli ultimi decenni, la lontanissima Chernobyl? In questa vicenda da sonno della ragione, peraltro, colpisce che un importante e serissimo quotidiano quale il Corriere della Sera, nel suo magazine della scorsa settimana titoli: “Nucleare, si riparte da Pianosa?”. Dopo essermi dato un pizzicotto, sperando di svegliarmi dall’incubo, ho telefonato ad un amico professore universitario, il quale mi ha spiegato che per alcuni fattori (attività sismica assente, terreno assolutamente pianeggiante, sostanziale assenza antropica), per una centrale nucleare Pianosa sarebbe in astratto un sito possibile. Nonostante questo ho continuato a pensare che anche soltanto immaginare dentro un Parco nazionale una centrale nucleare sia una tale follia nella follia, che nessuno potrebbe arrivare a concepirla. Anche perché, al di là della compromissione dei valori ambientali, vorrebbe dire decretare in tempi brevissimi la fine del turismo nella nostra isola e nell’intero arcipelago e quindi proclamare la immediata e contestuale distruzione di tutto quello che di positivo ed importante hanno costruito le popolazioni insulari dal dopoguerra in poi. Orbene, l’argomento è così assurdo e paradossale, che, anche per il coinvolgimento nella notizia di quotidiani nazionali, per giorni ho atteso una chiara e ferma smentita da parte del Governo, o almeno delle forze politiche che ad esso si ispirano, o dei rappresentanti istituzionali locali che ad esso si richiamano. Continuo ad attendere, fiducioso in una formale smentita, che non mi costringa a convocare una Conferenza dei Sindaci (aperta alle istituzioni regionali e provinciali ed ai parlamentari) palesemente ridicola e priva di senso, poiché contraddetta cinque minuti dopo dalla chiara esclusione di questa possibilità da parte del Governo. Continuo ad attendere, fiducioso nel fatto che, al di là della distanza delle visioni, arrivare a tanto sia impensabile, anche in termini culturali ed etici. Ma perché non arriva questa smentita, dovuta, ovvia, scontata? E perché non leggo di interrogazioni parlamentari, di mozioni in Consiglio Regionale e quant’altro? Perché chi fa interrogazioni consiliari sul “terribile rischio dell’alga sintetica” (ma chi la vuole mettere?) non scrive una riga? Mai come ora, bombardati da continui proclami giornalistici, ci sentiamo avvolti da un assordante ed insopportabile silenzio.
centrale nucleare