Mi dispiace di non aver potuto partecipare all’inaugurazione del restauro dei camminamenti del Forte Falcone. Ci sono così poche occasioni per sentirsi orgogliosi di essere Portoferraiesi che il recupero del “Falcone” non passa inosservato alla mia attenzione, al mio sentimento per questo grande frammento di storia, di storia elbana, medicea ed anche personale. Tra qualche giorno sarò all’Elba e sarà la mia prima meta; intanto attingo ai ricordi e alla fantasia nell’intento di rappresentare ciò che mi nasce da dentro. Prima di tutto un plauso all’impegno degli Amministratori, cui va il mio ringraziamento sincero, a dimostrazione dell’apprezzamento della loro sensibilità verso questa importante tessera del nostro mosaico storico; per me il Forte Falcone ha sempre rappresentato metaforicamente il Grande Padre di Portoferraio; un padre che abbraccia da 500 anni la città con i suoi camminamenti; renderli di nuovo agibili è come ridare vita alle sue arterie, i cittadini che le percorrono sono i portatori della storia e della cultura che il grande progetto di Cosimo ha voluto tramandare ai posteri. Sono sicuro che le 600 persone che sono intervenute all’inaugurazione sono stati colte da un sentimento di forte emozione che si è riverberato sul cuore del Grande Padre che ha ricominciato così a battere, riappropriandosi di quel ruolo di protettore della città, di dispensatore di valori da recuperare come quelli, così indispensabili oggi, di dare alla cittadinanza un motivo, un luogo, un panorama, un’emozione che ci faccia sentire di nuovo tutti uniti e solidali. Negli anni del Liceo frequentavamo la casa di Capo Melani, maggiore della Marina, che viveva dentro il Forte, superato l’arco cui si accedeva dalle “Vasche”; così chiamavamo un’ampia radura inclinata di terra,lastre e sassi delimitata a Nord dal camminamento prospiciente “Le Viste” e a Sud appunto da grandi vasche rialzate rispetto al terreno. Il ricordo intenso, netto, cristallino riporta alla mente infiniti pomeriggi “di pallone”, di ginocchia sbucciate, di scarpe rovinate, di gioco continuativo (il fallo laterale e il calcio d’angolo non esistevano) ma anche di grande amicizia, di forte solidarietà, di rispetto per il Forte che inaspettatamente ci proponeva un’alternativa alla precarietà del Viale delle Ghiaie o allo slargo di Via Ninci, nel punto sovrastante al Caserma. Per noi le Vasche erano come lo stadio; le mura erano amiche e nemiche allo stesso tempo: amiche in quanto ribattevano la palla e ci permettevano di non fermarci mai; rarissimamente perdevamo la palla e soprattutto impedivano al mitico Fuligni, già avanti con l’età ed impossibilitato ad arrivare con la bicicletta, di sequestrarci il pallone. Nemiche perché racchiudevano un campo da gioco in piano inclinato, pieno di sassi, accidentatissimo e soprattutto erano… dure. Le Vasche erano dunque una valida alternativa alle Ghiaie e a Via Ninci; l’uno, le Ghiaie, soprattutto con lo Scirocco, l’altro, Via Ninci, perché il pallone caduto in Caserma scontava giorni infiniti di consegna e noi di conseguenza scontavamo giorni di digiuno. Capo Melani, di cui ho un ricordo nitido ed affettuoso, ci permetteva ogni tanto di usare il cannocchiale della Marina ed era un trionfo a 360 gradi: ci si litigava per il turno durante il quale ciascuno dava sfogo alla propria fantasia ed ecco che l’osservatore avvistava a Nord fantomatici velieri, navi da guerra supercorazzate e a sud storie di famiglie capoliveresi. Per un certo periodo adattammo a locale da ballo una vecchia armeria: ricordo che ci lavorammo con Massimo Melani per qualche mese, compatibilmente con le sfuriate che mamma Ada era solita propinarci: ho ancora davanti agli occhi le sue perentorie apparizioni, mano sinistra sui fianchi e destra ad indicare a Massimo la via dello studio, nonché il disappunto del malcapitato che obbediva a testa bassa. L’evento coincideva con la fine della ricreazione anche per tutti noi: l’accesso alla zona militare era terminato. Il locale per feste ebbe una vita molto breve: infatti l’iniziale entusiasmo per la novità andò smorzandosi non solo per l’ovvia mancanza di confort che l’organizzazione non era riuscita a mettere in campo ma anche, e soprattutto, per la “comprensibile” allora, diffidenza delle ragazze a frequentare luoghi, diciamo,un po’ fuori mano. D’altra parte le Fortezze, a quei tempi, nella scala gerarchica crescente di pericolosità di adescamento erano già ad un livello superiore rispetto alle Ghiaie che, nell’immaginario collettivo, corrispondevano “solo ad un po’ di franella “. Chiudo questa breve riflessione ricordando che il Grande Padre ha due fratelli: il FORTE STELLA e il FORTE INGLESE. Poiché sul primo ormai c’è poco da fare invece sul secondo, come Presidente della Sezione Isola d’Elba e Giglio di ITALIA NOSTRA ho iniziato un progetto di recupero (vedi il ns sito www.digilander.libero.it/italianostra.elba) che il Sindaco di Portoferraio condivide e per cui è stata presa una delibera nell’ultimo scorcio del 2007. Nel 2008 la Giunta si è impegnata a sgomberare il Forte dagli abusivi e a trovare le risorse per il primo intervento di recupero. Continuiamo questo percorso virtuoso iniziato con il Forte Falcone,rivitalizzando anche il Forte Inglese, ultimo baluardo storico di proprietà demaniale.
forte falcone