Dove termina il compito del privato dovrebbe iniziare quello dei soggetti pubblici deputati, che nel caso debbono garantire tutela dell’animale, cure mediche e strutture di prima accoglienza. Le strutture esistenti (ENPA singole “gattare/i) non possono svolgere il loro operato non essendo sostenute dai Comuni, che pure per legge dovrebbero tutelare le colonie feline ed i cani randagi, provvedendo al loro mantenimento e cura ed al controllo delle nascite. I privati più sensibili che finiscono per supplire alla non azione degli enti, si ritrovano a far fronte a spese alimentari e veterinarie per far sì che animali adulti e cuccioli possano dignitosamente esistere. Gli animali randagi, nella maggioranza dei casi, vengono accolti da famiglie non facoltose, che si trovano magari a porsi in urto con il vicinato per la loro presenza. Dei fenomeni di intolleranza sono anche concretizzati in comportamenti esecrabili come l’avvelenamento di numerosi felini e cani. Non è accettabile che i comuni su questo versante non stiano facendo niente, se non altro per difendere l’immagine di un isola civile lasciando morire senza cure e di stenti tanti animali, peggio, lasciando in pratica soli di fronte al problema (che sta raggiungendo preoccupanti frequenze e numeri di casi) chi impegna, come ENPA e volenterosi privati, le proprie risorse per fare fronte ad una diritto e ad una necessità pubblica. Chiaramente i comuni sono inadempienti. I cittadini che per diversificate ragioni debbono forzatamente assentarsi, per periodi più o meno lunghi, sono costretti a barcamenarsi (in qualche caso elemosinando del cibo ed u n riparo per i loro “assistiti”) per sistemare gli animali che hanno accolto, talvolta anche in un numero rilevante, sempre supplendo alla inesistenza di strutture quali un canile ed un gattile, o comunque dei centri dove gli animali “bisognosi” possano essere ricoverati. In quei casi si va a sovraccaricare altri privati “sensibili” che debbono provvedere alle cure di altri animali che hanno già tolto di strada. Non basti, talvolta oltre lo “sbattersi”, chi si trova in queste condizioni, può incappare nel cinismo di un amministratore insensibile che alle richieste di aiuto risponde “scusi, ma a lei chi glielo ha fatto fare?” Ad oggi il solo Comune di Porto Azzurro ha posto in bilancio una cifra che sarà convertita in cibo e cure veterinarie ai randagi dell’ENPA che a sua volta se avesse disponibilità potrebbe sostenere anche i volontari che agiscono privatamente. E’ positivo che finalmente (dopo anni e anni, di scontri e polemiche anche feroci) si parli in termini concreti di un canile comprensoriale ed alla C.M. va riconosciuto anche di aver fornito alcuni box per fonteggiare situazioni di emergenza. Restano del tutto da risolvere problemi di altri animali, più piccoli di taglia, ma che pongono problemi rilevanti, anche sotto il profilo dell’immagine che l’Elba dà di sé. Un aiuto ai mici meno fortunati potrebbero fornirlo i comuni intanto realizzando o consentendo la realizzazione presso i luoghi che ospitano le colonie feline, di minime zone recintate da reti con fori di ingresso che le rendessero accessibili solo ai felini, nelle quali sistemare le ciotole con il mangime. Ma gli amministratori devono soprattutto imparare a considerare il problema come loro, perché così detta, oltre che la coscienza, la legge.
micini gatti