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Controcopertina: L'Elba e il nucleare: si tornerà a parlare delle scorie a Capoliveri?

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 25 maggio 2008

L'enfatica dichiarazione del Ministro Scaiola sulla ripresa del programma nucleare e la progettazione di nuove centrali come soluzione privilegiata del problema energia cozza in modo brutale con un bel numero di considerazioni. Il vecchio, caro, buon senso sembra non aggirarsi dalle parti di certi nostri governanti: se l'opzione atomica è stata abbandonata da molti stati pionieri nel settore (e quasi tutti gli altri in possesso di mezzi e tecnologie hanno ridotto o rallentato la realizzazione di nuovi impianti), ci sarà pure un motivo. In effetti ce n'è più d'uno: prima di tutto la crescente competitività delle fonti rinnovabili, che hanno da tempo sfondato il muro della sperimentazione ed in tante nazioni rappresentano una percentuale importante ed in crescita della produzione di energia. Il mondo intero (vedi i grandi investimenti programmati dalla Cina) sta sposando la causa dell'energia pulita non per una miracolosa conversione all'ambientalismo, ma per un motivo ben più prosaico: i costi. In un'epoca in cui cause ed effetti hanno correlazioni sempre più ampie, anche il più sprovveduto degli economisti sa infatti che il costo dell'energia non può più essere desunto esclusivamente dal costo degli impianti e dal consumo di materie prime. L'inquinamento derivante dai processi di produzione, il costo ambientale dell'estrazione dei combustibili, il costo del loro trasporto, lo smaltimento dei sottoprodotti, le difficoltà legate all'individuazione e l'allestimento dei siti di stoccaggio, la bonifica delle aree dismesse... e poi i conflitti con le comunità locali coinvolte, i costi in termini sociosanitari delle patologie derivanti da inquinamenti di vario tipo, i sistemi di protezione e sorveglianza per il pericolo di attentati ... questi fattori contribuiscono a far lievitare in modo esponenziale il prezzo del Kilowatt "sporco". Con i fondi destinati al nuovo programma nucleare si potrebbe trasformare l'Italia, che dispone già di una buona fetta di energia idroelettrica e gode di condizioni ambientali in molti casi ottimali, in una delle nazioni con minore dipendenza dai combustibili fossili. Al di là degli ovvii benefici per il nostro habitat, si alimenterebbe un'industria nuova, con la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro in piccole e grandi imprese (non sono ottimistiche speranze, sta già succedendo in Germania). Certo, c'è un grosso problema: purtroppo non siamo in Danimarca e neanche nella più vicina, per cultura e tradizioni, Spagna; viviamo nel paese che ha umiliato e fatto fuggire il Nobel Rubbia con i suoi innovativi progetti, nella nazione del sole e del mare che tollera e occulta migliaia di discariche abusive di rifiuti tossici, in quell'Italia in cui, per ricerca ed innovazione, si investe meno che in ogni altro paese civile. Ciò che altrove arriva alla meta seguendo percorsi logici e lineari, da noi affronta viaggi tortuosi e pieni di sorprese e tranelli, come in certi nostrani acquedotti che, tra perdite, allacciature abusive ed utenze fantasma, trasformano fiumi in rigagnoli. I fautori dell'opzione nucleare ci sembrano tutto meno che ingenui o distratti. Possibile che non si siano considerate tutte le implicazioni di tale scelta? E' sicuramente più plausibile che si stia avviando una nuova enorme speculazione con decine di miliardi di euro pubblici da infilare nelle tasche di pochi "eletti" (si scusi il gioco di parole) che ci riporterebbe indietro di decenni, verso un radioso passato che non ha futuro. NEL NOSTRO PICCOLO Lo "scoglio" ci porta a sentire come distanti e non pertinenti alla nostra realtà molte delle questioni che "in continente" sono ormai problemi quotidiani. Ma in un mondo sempre più interconnesso e globalizzato il tempo dell'isolamento ha i giorni contati ed ogni scelta, anche quelle apparentemente estranee al nostro territorio e fatte in sedi lontane, ha implicazioni sempre più ampie. Se vogliamo opporre un netto rifiuto all'ipotesi, non troppo pellegrina, di una centrale nucleare non distante dalle nostre coste, dobbiamo muoverci rapidamente nell'ambito locale per costruire un forte consenso all'alternativa "pulita". L'Elba ha tutte le carte in regola per diventare un esempio di sistema virtuoso nell'ambito della produzione e corretta gestione delle risorse energetiche. L'assenza di grossi impianti industriali e le favorevoli condizioni ambientali consentirebbero di raggiungere la quasi indipendenza attraverso l'utilizzo delle fonti rinnovabili. Pochi impianti di produzione differenziati per tipologia e la diffusione capillare di microsistemi per singole utenze potrebbero portarci in tempi brevi a risolvere in autonomia il problema. Inoltre, la presenza di enti sensibili (il Parco, la futura Comunità dell'Arcipelago) fornirebbe il supporto necessario ad affrontare a livello comune la sfida. Il condizionale è d'obbligo. Un sistema di veti incrociati e trasversali, dalla Soprintendenza ad alcune associazioni ambientaliste, impedisce nei fatti ogni progresso nella direzione che in altre realtà (le Canarie, per citare solo un esempio) da anni è stata percorsa con successo e senza danni all'economia turistica. Se non vogliamo lasciarci sfuggire l'ennesima occasione di riqualificazione e caratterizzazione in senso ecologico del nostro territorio (temi ormai universalmente legati anche ad una domanda turistica evoluta, internazionale e sempre più esigente), occorreranno maggior coraggio ed intraprendenza da parte dei soggetti (amministrazioni locali e categorie imprenditoriali) in grado di far cambiare le regole del gioco. Un dinamismo che purtroppo spesso difetta nella nostra cultura politica, attenta alla conservazione del consenso e priva di slanci innovativi. Andrea Tozzi All'analisi lucida ed informata di Andrea va aggiunto qualche tassello (oltre a riflettere sulla testuale dichiarazione di Scajola: "Entro la fine della legislatura porremo LA PRIMA PIETRA delle centrali nucleari"), tasselli però non di poco conto, visto che uno dei 27 siti selezionati tra quelli idonei ad ospitare una centrale nuclleare della "nuova generazione" (nuova un piffero, la nuova e quarta generazione sarebbe quella degli impianti che producono pochissime scorie che al momento è solo un modello teorico) è la località di Scarlino, che se non è dietro il nostro uscio poco ci manca. Ricordiamo che un quarto di secolo fa si andò piuttosto vicini (Chernobyl ed il referendum mandarono poi tutto nel dimenticatoio) alla dislocazione a Pianosa di una nuova megacentrale nucleare, da parte di qualche creativo burocrate che non aveva tenuto conto cosa sarebbe accaduto nel malaugurato caso di incidente, quando ci sarebbe stata la necessità di evacuare uno zatterone di pietra ormeggiato a una ventina di Km dall'Isola Piatta che avrebbe goduto di correnti eoliche prevalenti che salgono da Pianosa ed a bordo alla quale stazionavano a seconda delle stagioni da 30.000 a 200.000 persone: l'Elba. Si sarebbe passati dagli standard dei tempi di evacuazione che le protezioni civili dei vari paesi che ospitano le centrali nucleari calcolano (a seconda della distanza dalle centrali) in minuti e ore, a calcolare quanti giorni sarebbero stati necessari per evitare ad elbani ed ospiti la esposizione ad una tintarella nucleare. Ora, questa testata con Legambiente è stata uno dei pochissimi soggetti vagamente riconducibili alla sinistra che abbia scelto una linea di netta critica ed opposizione al dislocamento dei fanghi di Bagnoli presso le nostre coste, si attenderebbe di registare, la stessa coerenza della destra nell'avversare la realizzazione di un'opera che paradossalmente sarebbe più pericolosa per gli elbani "a fuga lenta" che per le popolazioni immediatamente vicine all'impianto a sgombero accelerabile E poi se si dovesse pensare ad un massiccio rilancio del nucleare (con una conseguente massiccia produzione di scorie), come si può dimenticare che uno studio degli inizi degli anni 2000 (Berlusconi governante) prevedeva tra i siti più adatti allo stoccaggio (anche per la loro forte asismicità) proprio le nostre miniere di Calamita? C'è da meditare, tanto per la destra che per l'opposizione carina degli ambientalisti del fare baldoria.


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