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A Sciambere della mano sulla spalla

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 10 maggio 2008

Caro Franco Vorrei tanto essere meno scettico sull'aldilà per essere sicuro che anche dove stai ora tu apra il tuo portatile connesso wire-less e legga come sempre Elbareport. Sono le 5.32 del giorno dopo e sono ancora qui da ieri in pratica, sono stanco ma prima di chiudere questa edizione in gran parte dedicata a te ed a quello di buono che hai combinato devo dirti alcune cose, ma non sto ad aggiungere i miei personali apprezzamenti per la tua vita (sarebbero una ripetizione di quanto hai già letto sopra). Volevo ricordarti di quello che mi capitò la sera dell'estate 1982: mio padre era in ospedale e se ne andò improvvisamente, quella sera c'era una spettacolo per il quale erano già montate ed indispensabili le "mie" strumentazioni, nessuno mi poteva sostituire, partii per andare là a dire "ragazzi scusate ma non se me fa di nulla", ma era il mio lavoro all'epoca e restai a farlo: dire che passai due ore con la morte nel cuore, nel caso, rende benissimo l'idea. Ho detto ricordarti, e non raccontarti Franco, perchè a quel tormento ti accennai il giorno dopo, mentre smontavo gli stessi attrezzi e li caricavo sul furgone verde, ricordi, tu non sapevi nulla, stavi per imboccare la salitella della centrale, mi avevi visto e ti eri avvicinato con la faccia allegra, forse per spararmi una delle tue battute, ricordo ancora come cambiò l'espressione della tua faccia e ricordo la tua mano sulla mia spalla. Ho provato qualcosa che si avvicinava all'oppressione di quella sera nelle ultime 22 ore quando ho dovuto a ripetizione scrivere il tuo nome, copiarlo ed incollarlo una infinità di volte, perchè questo ora è il mio lavoro, e quello che più mi opprimeva era mescolare la commozione con la lucidità necessaria a fare le cose banali, calibrare la lunghezza dei pezzi, usare i giusti stilemi perchè il testo non sforasse la lunghezza delle foto etc. E' stata una giornataccia, col groppo costante in gola quando inciampavo nelle cose che ti riguardavano, e con una irritazione da belva quando dovevo occuparmi del "resto" delle altre oggettivamente importanti cose di cui al momento m'importava meno di un cazzo, ma che dovevano essere comunque scritte, e non lo so, credimi non so, come ho fatto a finirlo il più difficile, il più lungo e cattivo dei 1726 numeri di Elbareport. Ma questo è l'ultimo pezzo da scrivere, la controcopertina è già fatta, così come si è conclusa l'ultima frignata, tra qualche minuto potrò andare in rete e poi riposare. Mi servirebbe una mano sulla spalla.


Franchini - Alfredo

Franchini - Alfredo