L’Elba ha raggiunto la propria unità politico-amministrativa poco più di duecento anni fa. E' la più grande delle piccole isole d’Italia con una superficie di 224 chilometri quadrati e dista abbena 10 chilometri dal continente. Questo nostro lembo di terra ha una sua unicità naturale e storica che è poi la nostra qualità. Un'unicità che nessuno può clonare o delocalizzare. C’è un’Isola che produce, un’Elba del fare, che si deve coniugare con l’ambientalismo del fare, come lo ha chiamato Veltroni. L'ambientalismo del fare, poiché fuori da ogni fondamentalismo, può diventare un formidabile volano di sviluppo in quanto inserito in una nuova cultura della sostenibilità e della qualità della vita. Ciò richiede un patto sociale per la crescita, di un patto tra produttori, di un patto tra le persone che lavorano perché solo così l'Isola d’Elba può crescere e la crescita è un obiettivo fondamentale, urgente. Questo patto deve coinvolgere i lavoratori dipendenti, gli artigiani e i piccoli imprenditori che sono coloro che mandano avanti l'economia dell’Isola. Tutti noi elbani dobbiamo ritrovare quello spirito che negli anni cinquanta-sessanta vide molti isolani rimboccarsi le maniche per conquistare nuove possibilità, nuove frontiere: una nuova economia, quella del turismo. Classificare oggi un piccolo imprenditore come un padrone della ferriera dell’ottocento (speculatore/sfruttatore) è un gravissimo errore.
Lorenzo Marchetti