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A sciambere della cittadinanza

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 04 maggio 2008

Un sempliciotto qualche giorno fa chiedeva su un blog che senso avesse un ciclo di manifestazione dedicate a Pietro Gori un anarchico, morto prima che si affermassero e cadessero ideologie che hanno segnato un secolo e che a loro volta sono andate a declinare. C’era venuta voglia di rispondergli che un popolo senza memoria storica è un popolo dal destino triste, pezzente anche se naviga nell’oro, che ragionavamo forse del più illustre tra gli elbani, un individuo genialmente precursore che, molto oltre la considerazione dei suoi coevi, ha lasciato tracce nella cultura del pianeta. Ma la migliore delle risposte ai dubbi del “modernista” l’ha fornita la eccezionale partecipazione di gente al complesso delle manifestazioni e soprattutto la eccezionale voglia di riscoprire le proprie radici, la propria identità che (per chi c’era era palpabile) hanno innescato. Oggi anzi ormai tra qualche ora con il concerto degli “Anarchistes” durante la festa del Cavatore di Capoliveri si chiude la fase elbana di questa kermesse. Sarà che una ciliegia tira l’altra e pure che un anarchico tira l’altro, ci è venuta voglia stamani di rivolgere una particolare richiesta al sindaco di Portoferraio. Caro Roberto Tra quanti hanno vissuto nei tempi nella città di cui sei sindaco il destino peggiore toccò certo ad uno sventurato giovane lucano, un cuoco che aveva cercato di uccidere prima di Gaetano Bresci Umberto I° di Savoia il re “buono” che aveva fatto mitragliare spietatamente i milanesi che chiedevano pane e lavoro dal generale Fiorenzo Bava Beccaris . Il cuoco sognò di restituire la pariglia di giustiziare il re-assassino del suo popolo per farlo si armò di un temperino con il quale difficilmente sarebbe riuscito nel suo intento pure se Umberto fosse stato completamente indifeso. Fu condannato a morte e “graziato” dal “buono” che lo fece rinchiudere in una cella in condizioni disumane “sepolto vivo” in pratica, in quella torre che si chiamava “del Martello” ma che da allora divenne lugubremente “La torre di Passanante” (con una “n” sola anche se lui si chiamava Domenico Passannante) per tutti i ferajesi e gli elbani . Sottoposto a torture indicibili roso dalla fame e dalle malattie perse del tutto l’uso della ragione e alla fine dei suoi dieci anni da ferajese suo malgrado era solo una larva umana da portare a morire in un manicomio criminale. Si usa spesso conferire attestati, onori e riconoscimenti a persone illustri o famose .. potrebbe una volta tanto questa città rendere giustizia ad un diseredato, ad uno degli ultimi, ad una vittima. Nessuno più di Passannante ha sofferto l’essere portoferraiese, potremmo centoventi anni dopo almeno simbolicamente tendergli una mano, dichiararlo cittadino, non illustre, ma cittadino di questa città oltre che della sua Salvia, che fu per punizione costretta a mutare il suo nome in “Savoia”? Sarebbe una maniera per ricordare anche altri che soffrirono la detenzione in quel luogo che ora è deputato alla cultura ed alla ricreazione dei portoferraiesi e dei loro ospiti, che combatterono i Savoia ed il mostro fascista con il quale spartirono il potere: Sandro Pertini, Girolamo Li Causi .. Sarebbe un atto di giustizia .. molto tardivo certo, ma meritato


Torre del Martello Portoferraio

Torre del Martello Portoferraio