Nonostante il risultato negativo io continuo a guardare al progetto della sinistra unita come unica prospettiva possibile. Del resto ci ho sempre creduto, fin dai tempi in cui militavo nei DS, quando si sentiva parlare di federazione e di partito unico. Immaginavo un centro sinistra nuovo, diverso, meno frammentato, composto da un grande partito moderato e da un soggetto unitario costruito attraverso un percorso di rinnovamento della sinistra. Non è andata decisamente cosi. Mi sono sbagliato, visto che una volta nato, la prima decisione del PD è stata quella di dividere il centro sinistra e di rompere con la sinistra. Durante la campagna elettorale si è poi visto come il vero obiettivo di Veltroni era quello di cancellare la sinistra, obiettivo perseguito anche attraverso la sconcezza del voto utile (una assoluta novità nel panorama politico mondiale). Un calcio nei denti alla sinistra e ad una parte fondamentale della storia del nostro paese. Un calcio del tutto consapevole, visto che i dati erano ampiamente conosciuti nel “Loft”, visto che il distacco era pressoché incolmabile, visto che in molti li dentro teorizzavano una probabile emorragia di voti moderati verso l’UDC che poi c’è stata. Dunque in quella situazione l’unica possibilità era saccheggiare l’elettorato di sinistra e salvare il salvabile, per ottenere un modesto 33,3% ampiamente al disotto delle aspettative (“siamo a una incollatura!”). Tutte le analisi dei flussi elettorali fatte dai grandi giornali nazionali vanno in questa direzione. Il risultato è che la sinistra viene cancellata (almeno a livello parlamentare), il PD che era a un tiro di schioppo da Berlusconi perde nettamente e finisce a quasi 10 punti di distanza dalla destra che dal canto suo governerà tranquilla per i prossimi 5 anni. Preso atto di questo, ora parliamo di noi. Una parte del nostro elettorato non ci ha votato perché non si sente più rappresentata, parlo per esempio degli operai e degli altri lavoratori del Nord, che magari hanno una tessera della CGIL in tasca ma poi al seggio votano Lega. Accade, come dice Rossana Rossanda che nel momento di massima proletarizzazione della società italiana, la sinistra non viene più riconosciuta come il soggetto politico di riferimento di questo disagio sociale ed economico. La Sinistra L’Arcobaleno nata giocoforza in tempi ristretti, vista l’imminente scadenza elettorale, è stata percepita da molti elettori solo come un cartello elettorale e non come un progetto politico per il futuro di questo paese. Questo ci ha impedito di recuperare almeno una parte di quei dissensi tra la nostra gente, prodotti dal governo Prodi. Responsabilità che sono state fatte pagare interamente e ingiustamente solo alla sinistra. Anche nella scelta delle candidature ci siamo rifugiati nei vecchi sistemi, pochi nomi nuovi (anche ai massimi livelli), nessun coinvolgimento del territorio. Da dove ripartire? Non è il momento di tirare i remi in barca, oggi siamo di fronte ad una situazione paradossale per cui intere tradizioni politiche che hanno fatto la storia di questo paese, non hanno rappresentanza parlamentare. Con esse restano fuori anche le istanze di milioni di lavoratori, giovani precari, famiglie ed altre categorie sociali che vivono in condizioni di grave disagio. All’Elba occorre rilanciare la nostra azione partendo da ciò che di buono questa campagna elettorale ci ha regalato: i comitati locali della sinistra, quelle decine e decine di persone che hanno lavorato insieme, fondendo esperienze e storie diverse che fino a quel momento non si erano mai incontrate. Ricominciare da un’analisi attenta del nostro territorio, delle sue prospettive future dal punto di vista sociale, economico e culturale. Riprendere il contatto con la società e in modo particolare con i giovani, cercando di coinvolgere le diverse categorie sociali, a partire dalla loro situazione e dai loro problemi. Un percorso di ricostruzione della sinistra che dobbiamo fare tutti insieme, evitando di tornarsene ciascuno dentro i propri recinti (messi peraltro poco bene). Vi è poi il tema della nostra presenza nelle istituzioni. Personalmente sono contrario alla ritirata sull’Aventino, tuttavia se ci si sta, nelle giunte e nei consigli, occorre starci con le nostre posizioni, per caratterizzarci politicamente, soprattutto oggi che abbiamo la necessità di dare voce a ciò che nascerà la fuori, perché qualcosa nascerà. Se non riusciamo a guadagnare tali spazi, se ci vengono negati, con il risultato di appiattirsi o confondersi con la posizione di chi oltretutto non ci vuole più, allora è meglio venire via, anche da subito. Per la “sinistra che verrà” inizia un lungo viaggio verso la costruzione di un’alternativa di governo, anche se oggi il problema vero non è come stare dentro le istituzioni, ma come stare dentro la società.
cristiano adriani testina