Nessuno pagherà per la devastante razzia compiuta a bordo Polluce nel 2000, nessuno pagherà i morsi della benna al "vapore" adagiato sui fondali elbani, nessuno pagherà per essersi appropriato della parte maggiore del preziosissimo carico che la nave della Società Rubattino stava portando a Genova, nessuno pagherà per l'insulto subacqueo ad un pezzo importante della nostra storia nazionale che il mare aveva custodito intatto per 140 anni e che poteva essere recuperato alla pubblica disponibilità. L'hanno passata liscia tutti gli imputati, i reati a loro addebitati sono stati prescritti, quindi non sono perseguibili i quattro avventurieri (un francese e tre inglesi) che avevano operato sul posto, e comunque assolti per non aver commesso il fatto i quattro italiani che avevano fornito alla combriccola le attrezzature tecniche necessarie per compiere il disastro. Non ci sono prove che gli italiani sapessero che il Gleenlogan del quale i quattro erano autorizzati a recuperare carico, fosse affondato in Sicilia e non ad un tiro di schioppo dall'Elba, che la loro attrezzatura fosse servita per far riemergere dai fondali in luogo che delle vili barre di stagno pietre preziose, monete d'oro e d'argento del valore di centinaia di migliaia di euro (parte del tesoro che doveva essere usato per finanziare la liberazione del sud dai Borboni) che nel 2001 avevano fatto la loro comparsa all'asta della casa Dix Noomar Webb di Londra. Questo quanto emerso dalla seconda tranche del processo celebratasi martedì a Portoferraio, dopo che la prima fase aveva visto i tre inglesi condannati a 18 mesi (indultati). Giustizia (più o meno) è stata quindi fatta
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