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Controcopertina Elezioni Totaro, Drusiani, Sangalli, Lucchini, Marchetti, Insalaco, Rossi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 17 aprile 2008

A tre giorni dal risultato elettorale una carrellata di opinioni "di livello" centrate sul dato più eclatante emerso dalla consultazione: la sconfitta delle sinistre: La Sinistra deve prendere la strada che non conosce di Luigi Totaro - Docente Universitario “Compagni, ma che campamo a fa’?”: così disse alzandosi durante un’assemblea all’Università di Firenze, interrompendo un lunghissimo intervento di Guido Sacconi (allora FGCI, ora europarlamentare DS), che invitava i giovani un po’ agitati della sinistra-sinistra (tra i quali albergavamo) a lottare all’interno del Partito, lontani dalle avventure. Era il 1969, e l’Avventura correva a dimensione mondiale, sconvolgendo il panorama politico, sociale, culturale. Ma Sacconi non se ne era accorto; e il mio valente compagno −ora valente filosofo−, non riusciva a consolarsene. “Compagni, ma che campamo a fa?’”, viene da dire ora dopo aver visto la vicenda elettorale, della quale i risultati sono l’epilogo non certo inatteso. Sia chiaro, abbiamo sperato fino all’ultimo che qualche miracolo sconvolgesse delle previsioni certe; e non intendiamo affatto dire che lo sapevamo, che l’avevamo detto, ecc. Ma che Berlusconi (con Bossi e Fini) avesse la strada tutta in discesa non era in dubbio. Che tutti gli altri l’avessero in salita ripida, da Storace a Casini, al PD, alla Sinistra era certo: i primi due per aver osato ribellarsi o per essere stati cacciati; il PD e la Sinistra per essere stati fino alle elezioni autori e sostenitori di un governo di risanamento (il migliore della Repubblica, desidero ripeterlo), cioè un governo costretto a fare una politica di Destra − mai fatto da Berlusconi perché non è uomo della Destra ma un populista− che ha scontentato necessariamente tutti, a Destra e a Sinistra, perché tutti siamo ormai abituati a ragionare “a breve”, anzi a brevissimo termine, con l’orizzonte più lontano sulla punta del naso. Il PD ha fatto la scelta elettorale da lungo tempo prevedibile, volendo posizionarsi al centro dello schieramento; e c’è riuscito, anche nei numeri elettorali, realizzando ‘ad abundantiam’ il progetto coltivato dai tempi di Berlinguer, di isolare la Sinistra in un ruolo di coscienza critica con poco peso. Se le cose fossero andate secondo i desideri dei dirigenti “massimi” del PD, una maggiore capacità aggregativa di Casini al Centro −e una conseguente minor forza o maggior debolezza di Berlusconi− avrebbe permesso di immaginare scenari in movimento, fino a una Grande Coalizione come quella tedesca, per una politica moderata di risanamento e di sviluppo. Ma Berlusconi ha giocato d’anticipo, isolando Casini e lanciando ai suoi il richiamo della foresta dei “posti” −a Roma e in periferia−, che solo lui può garantire perché non deve rendere conto a nessuno. Insomma, le elezioni le ha perse prima di tutto Casini (che è ben contento di essere sopravvissuto, ma è un po’ poco), trascinando nel suo non successo ogni progetto alternativo al dominio incontrastato del Cavaliere. Eppure Casini si è battuto come un leone, ed è riuscito in un’impresa che si presentava malissimo. Non ha parlato di programmi, che non interessano a nessuno, ormai; ha insistito sull’identità: purtroppo per lui, l’identità proposta è assai meno affascinante di quella proposta da Berlusconi, che come ha detto bello chiaro non ha bisogno di ‘testimonial’, perché è lui stesso il testimone, l’immagine, la proiezione capace di convertire ogni personale sconfitta. Questo è il suo capolavoro: un uomo che è incomparabilmente diverso per ricchezza e ‘status’ da ogni altro cittadino della Repubblica, riesce a proporsi come confortante modello, come identità possibile di persone che non hanno niente da condividere con lui; l’immensa ricchezza e l’assoluta mediocrità umana lo rendono somigliantissimo per questa, e desiderabile per quella. E l’improbabile richiamo di Casini ai valori cristiani, alla famiglia, alla libertà garantita per decenni hanno ormai un ‘target’ in esaurimento: Berlusconi dice le stesse cose, ma intanto ammicca ed è molto più divertente. E alla fine l’UDC ha preso la maggior parte dei voti dalla riserva di Cuffaro, che è tutto dire: Pezzotta, Tabacci non hanno portato nulla. Veltroni ha fatto quello che ha potuto e saputo, inseguendo un modello che piace alla borghesia illuminata, alla gente che ci ragiona sopra, ma che −come si dice da noi− “casca sempre da ritta”. Ha nelle sue file tutto il mondo intellettuale italiano, tutti gli uomini di spettacolo, tutta la cultura, insomma. Ma riesce a comunicare solo con quel mondo, lasciando totalmente fuori l’universo giovanile, abbandonato alla scelta fra Fassino e Briatore: nella quale, inutile dirlo, il secondo −con l’infinito squallore che si porta dietro (a cominciare dalla promessa sposa)− è infinitamente più divertente del compunto e onesto ex segretario DS. La Sinistra: “Compagni, ma che campamo a fa’?”. La sinistra della nostalgia della Falce e martello, dei cancelli delle fabbriche, delle nobilissime lotte operaie e contadine; la sinistra delle battaglie delle donne, degli operai, dei precari; la sinistra girata a guardare indietro vale oggi in Italia il 3,8% dell’elettorato. Sarà anche stata drenata da Veltroni, ma tanto più in là non va. Non ho da rimproverare alla Sinistra, alla mia Sinistra sconfitta, di aver pensato male o agito male. Credo però che sia arrivato il momento di gettare lo sguardo oltre l’angusto orizzonte di una tradizione che ci sta dentro perché sta ormai nel passato. La partecipazione, la legalità, la laicità, l’ambiente: sono valori base della nostra società, scritti a caratteri cubitali nella Costituzione; appartengono a noi come a tutti i cittadini, anche se noi ce ne ricordiamo assai di più. Ma non sono un progetto per il futuro. Siamo riusciti a far diventare conservatrice la rivoluzione culturale, prima ancora che economica e sociale, di Marx, di Gramsci, dei giovani del ’68: abbiamo ridotto la partecipazione alla consultazione delle Frazioni per i Bilanci di previsione; abbiamo reso astratta la Legalità separandola dalla vita quotidiana delle nostre Comunità; abbiamo fatto della Laicità un dibattito teorico invece di un costume di vita praticato con rigore nei confronti di ogni potere; abbiamo ridotto l’ambiente a un Panda da preservare, senza assumerlo come luogo fondamentale di qualunque politica. Il respiro del discorso di Fidel Castro sull’economia sostenibile (che ha quasi vent’anni) o le trasmissioni della Gabanelli, che inchiodano alla televisione un pubblico solitamente dedicato ai Grandi Fratelli, non ci hanno insegnato nulla. Ai giovani parliamo di un bel tempo antico, quando si cantava “Bella Ciao”; e non vediamo che hanno all’orecchio una macchinina che sforna loro centomila altre canzoni che noi spesso ignoriamo, e che costituiscono comunque il loro “discorso” a noi estraneo e forse da noi temuto. Dei giovani “ci occupiamo”, ma non li ascoltiamo e non discorriamo con loro: pensiamo a dei contenitori dove possano ritrovarsi, ma separati, per proteggerli non per provocarli a venire fuori e inventarci il futuro. Li lasciamo alla tifoseria sportiva o ai fanatismi fondamentalisti, che parlano loro di vittorie comunque conquistate da altri. Però non è tempo di stanchezze. Ma di cambiare radicalmente strada, di trovarla una strada, questo sì. Senza paura di lasciare sicurezze incertissime anche per noi. La nostra forza è la volontà di condividere con tutti una felicità possibile che si aggiunga ai diritti che la nostra storia ha assicurato a noi e a tutti, contro la miseria dell’individualismo illuso e della finta competizione che gli imperialisti dell’antica Roma racchiudevano nella massima ‘Divide et impera’ e che Berlusconi coniuga con ‘Panem et circenses’. Bisogna avere il coraggio di cambiare senza aver sicurezze che ci sostengano: “Per raggiungere la meta che non conosci devi prendere la strada che non conosci” diceva Giovanni della Croce. Impariamo presto a lasciare quel che sappiamo e a non aver paura di quello che troveremo. Luigi Totaro E' bello pensare che sbaglino sempre gli altri di Angelo Drusiani - Giornalista e Scrittore - il Sole 24ore Ciao Sergio, è bello pensare che sbaglino sempre gli altri. È tipico, pure, di un’Istituzione non politica, nota in gran parte del globo. Il risultato delle elezioni politiche della fine settimana scorsa non credo abbia sorpreso particolarmente, perché il distacco, in termini percentuali, tra il Popolo delle Libertà e il Partito Democratico era largamente scontato. Se qualcuno non ha raggiunto il quorum necessario per avere rappresentanti in Parlamento, forse non dipende da chi ha fatto campagna elettorale, ma di chi ha votato. E, largo circa, sono gli stessi che votarono due anni fa. Probabilmente, nel modo di pensare di tante persone, qualche meccanismo ha subito modifiche. Il dubbio è che la strategia, recentemente attuata da chi non è stato successivamente eletto, non sia piaciuta. Perché, se non fossero intervenuti ripensamenti, per quali ragioni gli stessi elettori non avrebbero dovuto riconfermare la scelta o non andare a votare? Non può accadere che una parte di loro abbia valutato negativamente talune, peraltro, legittime richieste dei ministri dei Partiti che ora si trovano senza più rappresentanti? E che non ne abbia approvato l’atteggiamento conflittuale, minuto per minuto, nell’ultimo Governo? Qualcuno, maliziosamente, pensa, anche se a me pare strano, che il miglior alleato della Destra italiana sia stato, per molti anni, proprio un rappresentante di quell’area politica che, ora, non ha più eletti in Parlamento. La non rappresentanza parlamentare non è una novità, nell’ambito di quella parte politica che viene definita estrema sinistra: capitò anche al PSIUP tantissimi anni fa di non accedere al Parlamento stesso. La teoria vichiana dei corsi e ricorsi storici s’applica ovunque. Così come è stata applicata alla breve durata dell’ultimo Governo, fotocopia, in parte, dell’esperienza di dodici anni fa. Il j’accuse che compare nel tuo “A sciambere” di martedì scorso risparmia quasi completamente l’area politica cui appartieni, come fosse al di sopra delle parti e, soprattutto, in grado di giudicare tutti gl’altri, tranne che se stessa. e siano solo miei? Angelo Drusiani Mi rivolgo, ivece a quelli che le elezioni le hanno vinte di Cesare Sangalli - Giornalista Caro Sergio - lo sconforto e' stato grande nell'apprendere i risultati elettorali. Ma pur condividendo totalmente il tuo stato d'animo, farei altre considerazioni rispetto alle tue, rivolte in gran parte al centrosinistra (compreso gli astenuti). Io invece mi rivolgo ai vincitori, il largo popolo del centrodestra che ha deciso di affidare il paese a Berlusconi e Bossi. Pensate davvero che sia il caso di festeggiare? Un paese che si affida a due morti che camminano e' un paese di disperati, anche se la realta' sembra dire il contrario, e in Italia, si sa, il vincitore ha sempre ragione, come si stanno affrettando a spiegare gli opinionisti (compreso l'ottimo Michele Serra, che preferisce infierire sulla Sinistra Arcobaleno invece che commentare il disastro). Un disastro: questo e' l'esito del voto. Fissatelo ora nella mente, e ricordatelo fra qualche anno. Il popolo della sinistra, cosiddetta "radicale" (che di radicale aveva solo le battute di Diliberto), ha cominciato a fare con i propri leader quello che la Storia fara' con il centrodestra (e buona parte del resto). Dico la Storia perche' il cosiddetto popolo della liberta' e' evidentemente incapace di ogni giudizio critico nei confronti dei propri rappresentanti, a partire da quel fenomeno tutto italiano che si chiama Silvio Berlusconi. Ricordatevelo bene, soprattutto quelli della mia generazione, ricordatevelo oggi che godete (che coraggio) per la vittoria: tocchera' a voi spiegare ai vostri figli perche' siete stati berlusconiani,con un'ostinazione incredibile, e la Storia vi fara' vergognare, come oltre 60 anni fa ha fatto vergognare tanti fascisti (che spesso sono stati i vostri padri o i vostri nonni, per convinzione, per necessita' o per opportunismo: comunque con piu' giustificazioni). Nel presente, spero che prima o poi tocchi a voi, e non a me, spiegare agli stranieri come fa l'Italia a essere cosi' messa male. Ma evidentemente l'Italia per voi e' quella che fanno vedere in televisione, tutta luci, veline e conduttori ammiccanti. Il vostro leader vi manda un bacio affettuoso, come ha detto il sarcastico servizio della BBC. Potete essere davvero soddisfatti. Cesare Sangalli Cosa cerchiamo noi, e perchè tanti altri cercano cose diverse? di Ugo Lucchini - Enologo Caro Sergio, quanto abbiamo mal interpretato il pensiero di "quelli che... la politica non ci riguarda...., oh yeah". Forse sarebbe il caso di cercare di capire, senza pregiudizi, perchè dalle mie parti di un tempo (ed è vero, te lo dice un ex-nordista) l'operaio vota Lega e non a sinistra. Cosa cerchiamo noi, e perchè tanti altri cercano cose diverse? o le stesse per vie diverse, forse? Perchè i miei figli, se gli accenni appena all'organizzazione sociale, all'economia, fanno spallucce e si ricordano di un impegno urgente? Come dice Renata, esistono forme di vita intelligente in questo Paese? Certo di averti causato un forte mal di testa, peraltro trascurabile dopo il massacro del week-end, ti lascio con un morettiano "ci si sente" (male, oioioioi...) Ugo Lucchini L'Elettorato più mobile che mai di Lorenzo Marchetti - Ex Segretario Elbano DS Solo una minoranza dei rispettivi elettori del 2006 ha votato per la Sinistra Arcobaleno. Leggo che per Renato Mannheimer i flussi di voto suggeriscono come gran parte dei restanti ha voluto dare un voto «utile» o «punire» la coalizione PdRC, PdCI, SD e Verdi per avere, in qualche misura, ostacolato l'azione del governo Prodi: quei «no» su molte decisioni o questioni. Un'altra quota significativa ha voluto manifestare il proprio disagio rifugiandosi nell'astensione, oppure optando per la Lega e, soprattutto, per Di Pietro. Altri ancora hanno scelto Walter Veltroni. Proseguo, così, nelle mie letture: sotto il tendone di una festa leghista «Un imprenditore tessile con i suoi operai, tutti elettori di Bossi. Perché qui gli interessi dell’impresa e dell’operaio coincidono, e quando va male si comincia a ragionare sui problemi». Sospendo la lettura del giornale e rifletto: Oramai l’elettorato è mobile, ora molto più di ieri, e nessun partito può vantare i voti ottenuti (pochi o tanti che siano) come si trattasse di un pacchetto azionario acquistato da una banca online. Lorenzo Marchetti La costruzione della sinistra parte da questo disastro forse annunciato di Salvatore Insalaco- Dipendente Pubblico Parafrasando una nota citazione: il Berlusca ha vinto, il PD ha perso, la sinistra è (sarebbe) morta e io non mi sento tanto bene. Tutto adesso si fa più complicato e difficile. La costruzione della sinistra parte da questo disastro forse annunciato. Sembrano morte, per adesso, le speranze di costruzione di una grande sinistra che per quanto grande possa diventare, date le condizioni, non potrà mai essere autosufficiente per governare il nostro Paese. Consentimi, caro direttore, una piccola riflessione che mi serve, lo confesso, a farmi sbollire un pò la rabbia di questi infausti giorni. E' necessario innanzitutto evitare l'isolamento rifuggiandoci in un guscio ideologico che potrebbe soffocare quel sogno che rimane dentro di noi: la voglia di cambiare questo mondo, e che un altro mondo migliore sia possibile. Certo, adesso è il momento della riflessione che va fatta con serenità e senza ricercare capri espiatori. L'analisi va fatta sino in fondo, con la consapevolezza della forza che in questo momento disponiamo da finalizzare per un nuovo inizio. Non mi interessa stabilire in che misura abbia influito l'appello al voto utile del PD e quanti l'abbiano dato per paura del ritorno di Berlusconi, constato che il messaggio politico della Sinistra non è arrivato o è arrivato male a quel popolo di sinistra a cui era diretto; constato, lo ha detto anche Bertinotti, che la Sinistra è stata per troppi anni lontana dai cancelli delle fabbriche, dai luoghi di lavoro e che l'operaio delle zone più industrializzate d'Italia, è rimasto drammaticamente solo con i suoi problemi, con l'affitto da pagare, con una busta paga che non gli consente di arrivare a fine mese, e i figli da cullare (direbbe De Gregori); in compenso, a turno, molti compagni onorevoli preferivano il bianco salotto di Bruno Vespa invece che il territorio; constato, lo ha detto anche il governatore della regione Puglia Vendola, che la Sinistra è apparsa vecchia, un contenitore privo di indicazioni forti e chiari, senza una precisa identità; constato che al nord, nelle zone operaie, la lega ha inercettato e veicolato il malessere che proviene non solo dal popolo delle partite iva, ma anche dai ceti più pololari che più di altri soffrono le conseguenze di una crisi economica devastante. Compagni, se le cose sono andate male non è colpa del destino cinico e baro. E' anche colpa nostra. Adesso bisogna ripartire dai luoghi di lavoro, dalla gente in carne e ossa, dai suoi bisogni. Bisogna riprovare (dopo l'incazzatura) a dialogare con il PD per mettere in campo una strategia comune di centro sinistra altrimenti saremo destinati a sparire. Voglio una sinistra che governi non di testimonianza. Anch'io da qualche anno sto fuori dalla politica attiva per diversi motivi, ma questo sonoro schiaffo inferto dalla peggiore destra europea mi ha ridestato da un torpore in cui gli anni e le delusioni politiche mi avevano gettato. La penso come Sergio, direttore di questo prezioso giornale: ritorniamo a pieno titolo nella mischia, rimettiamoci in cammino. Salvatore Insalaco Carissimi Provo a dare qualche risposta "in qua e in là" ad alcuni interrogativi posti a fa capo dalla contestazione di Angelo sulla responsabilità della Sinistra nella sua disfatta. Chiarisco che il fatto che consideri ottuso il cannibalismo perdente di Veltroni e di chi lo ha seguito sul sentiero del "voto utile", non significhi affatto che "assolva" la sinistra dai suoi errori. A mio limitato modo di vedere il primo e principale degli errori, meglio l'errotre primigenio da cui sono derivate le più nefaste conseguenze, è stato il ritardo con cui si è fatto "un solo ovile", l'essere giunti fuori tempo massimo a sommare le volontà e le intelligenze di quella che per me non si deve chiamare né sinistra antagonista, né sinistra radicale ma sinistra tout-court. Va da sé che considererei una cura peggiore della malattia il ritorno in ordine sparso alle casupole della sinistra, magari sotto calde e confortanti effigi come propone Diliberto, che qualche volta ha preso pure il mio voto, ma che (nel caso) la prossima volta non lo avrebbe neanche in sogno (detto da chi continua a definirsi comunista). Un altro errore in cui paradossalmente siamo stati trascinati dal PD (che aveva pure meno delle nostre scusanti nel compierlo) - e credo che Luigi Totaro sia d'accordo - è stato mancare di mettere in risalto la parte positiva del lavoro compiuto dal governo Prodi che c'è stata. "Ma come pensavate di vincere - diceva stasera Maurizio Lupi del PdL - presentandovi come primi critici di quello che avevate fatto? Nel 2006 noi abbiamo difeso allo stremo l'esperienza di governo dalla quale venivamo...". Da ciò comunque ad avallare la tesi sondaggistica riportata da Lorenzo che elettori consolidati avrebbero punito la sinistra arcobaleno per lo scarso appoggio a Prodi passa un mare. E' una teoria o un'interpretazione che sta su con lo sputo, cosa avrebbero dovuto fare a Veltroni dopo le sue "tempestive" consultazioni di novembre col cavaliere con scambio di bacini, si è visto poi quanto produttive ... Il che fare? ha a mio parere una risposta che è insieme di una sconcertante semplicità e di un complesso da far tremare i polsi: ricostruire se non l'egemonia culturale della sinistra almeno la parità culturale comunicativa, informativa e dialettica con la destra. Noi continuiamo (altro errore) spesso a considerare Berlusconi solo come quel guitto sgrammaticato che è, e non riusciamo a cogliere la sua "lunga marcia", magari teoricamente siamo in grado di capire quanto la spazzatura televisiva con la quale ha bombardato per quasi un trentennio il popolo italiano ne abbia devastato valori e capacità creitiche, ma snobisticamente pensiamo ancora che basti rilevarne i limiti e denunciare le contraddizioni, stigmatizzare salacemente la ridicolezza del mondo di lacché e di cartapesta di cui si circonda dei suoi vezzi da dittatorello dello stato libero di Bananas e da "re degli ignoranti" per batterlo. Dobbiamo ripartire da quello che Luciano Bianciardi definiva "Il lavoro culturale", e non si tratta stavolta di andare a proiettare i film di Pabst ai minatori di Niccioleta, e neppure nel fargli concorrenza scimmiottandone le vacuità come ha tentato di fare l'ultimo veltronismo, ma ricreando dal basso l'entità della cultura di sinistra, usando tanto la tecnologia quanto la più antica e più interattiva delle comunicazioni quella della parola. La sinistra non è in crisi di valori (come può essere accaduto in altre epoche) ci sono ottime ragioni, per "mollare le menate e per mettersi a lottare" (E, Finardi). Ho Chi Min potrebbe ancora ed a maggior ragione dire "Urlino le ingiustizie del mondo!" di fronte alle ingiustizie planetarie: da quella alimentare a quella energetica, dal capitalismo cieco che produce mostri, al mercato che finisce comunque per autoregolamentarsi ma uccidendo persone e uccidendo il pianeta, fino a scendere nella entità ma a crescere nella tangibilità alle "nostre" ingiustizie di cenerentoli occidentali, un po' mafiosi, un po' razzisti, un po' sommersi di spazzatura, un po' vessati da una chiesa impicciona, un po' corrotti, un po' nepotisti, un po' precari, un po' ciuchi a scuola, un po' parecchio rincoglioniti dai reality e dai Talk Show, un po' senza casa, un po' morti sul lavoro, tutte cose che pensiamo siano vicine ai figli di Ugo, con i quali forse dobbiamo semplicemente imparare, di nuovo a comunicare. E dobbiamo fare sì che questo tendone arcobaleno che non ci ha salvato dalla tempesta lo ricuciano i giovani della sinistra italiana che deve continuare ad essere una e una sola, a noi più anziani spetta il compito di aiutarli e di farci da parte al momento opportuno, che in molti casi non sarà domani ma era già ieri.


campo s piero arcobaleno campanile

campo s piero arcobaleno campanile

arcobaleno capo focardo

arcobaleno capo focardo

arcobaleno capo focardo

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arcobaleno campo grande ridotto

arcobaleno campo grande ridotto

arcobaleno  rada portoferraio

arcobaleno rada portoferraio

Arcobaleno portoferraio gallo

Arcobaleno portoferraio gallo

arcobaleno completo campese

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