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L'impossibile presa in giro della provincia dell'Elba e e il contrordine di Berlusconi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 30 marzo 2008

Caro Sergio, vedo che è ripreso il pittoresco dibattito sulla complicazione amministrativa dell'Elba, e non poteva mancare il megagalattico Martinenghi che ci propone una delle sue mirabolanti proposte da guinnes dei primati: istituiamo la più piccola provincia d'talia per abitanti, la più impossibile da fare e la più inutile. Conoscendo la sua propensione all'impossibile non mi meraviglio, continuo a meravigliarmi invece che esponenti di partiti che poche settimane fa, in riunioni ufficiali, chiedevano l'abolizione delle province e delle Comunità montane, ora chiedono di fare questo nano amministrativo che non risolverebbe uno solo dei nostri problemi amministrativi e ne aggiungerebbe solo altri. D'altronde queste cose vengono da gente che ha eretto monumenti a un latitante in Tunisia e chiesto di fare una provincia delle isole minori che geograficamente sarebbe andata dall'Africa, alla quale appartiene geograficamente Lampedusa, alle isole lagunari e lacustri della Padania, che appartiene geograficamente a Calderoli e Borghezio. Peccato che Martinenghi e gli inventori della provincia dell'Arcipelago non abbiano avvertito Berlusconi: oggi il cavaliere ha detto all'assemblea di Confindustria che se vince eliminerà le province e dimezzerà il numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali e comunali: "Soltanto dalla "dismissione" delle provincie - assicura Berlusconi - si otterranno 10 miliardi di risparmi e senza ricorrere ad alcun licenziamento" (si vede che i dipendenti delle province li fa sposare, anche loro come noi precari, tutti ai suoi figlioli). Contrordine camerati, e la cosa ora si fa tra l'imbarazzante e il tragicomico. E' chiaro che ci stanno prendendo per i fondelli, che la provincia delle isole o dell'Arcipelago è una di quelle proposte tanto demagogiche quanto impossibili, uno di quei mostriciattoli amministrativi che si buttano lì per vedere se qualche ghiozzo abbocca. Poi si rimette nel cassetto e si ritira fuori alla prima occasione, un po' come hanno fatto per una ventina d'anni con la caccia nel Parco con i cacciatori. Tanto il promettitore a vanvera casca in piedi: a nessuno di quelli che ci crede piace sentirsi dire che è un credulone e quando non si può mantenere una promessa, così impossibile che non ci credeva nemmeno il furbastro che la proponeva, basta dare la colpa a chi spiega, leggi e numeri alla mano, che trattasi di cazzata colossale. Infatti c'è una legge di campagna elettorale ormai diventata legge naturale: di solito chi è stato preso per i fondelli da un politico non se la prende con lo stesso, ma con chi lo aveva avvertito della bufala. Ai ghiozzi quando abboccano non piace sputare l?amo. Il problema ? che l'amo stavolta glielo ha fatto sputare il Berlusca con una remata a tradimento tra capo e collo. Lasciando da parte le contraddizioni in seno al Popolo (delle Libertà), ti sottopongo però questo articolo di Vittorio Emiliani (con il cui ambientalismo aristocratico e radical-chic mi trovo spesso in disaccordo, vedi il suo no all'eolico) ospitato nell'ultima pagina dell'Unità che, depurandolo delle sue simpatie politiche che non sono esattamente le mie (e dal fatto che fa continuo riferimento a Comuni poveri, mentre il problema esiste anche in Comuni ricchi come i nostri che hanno un sempre più evidente problema di impossibilità fisica di selezionare una classe politica dirigente ipertrofica: manca semplicemente il materiale umano per tirar fuori circa 200 profili amministrativi-istituzionali), dice cose molto sensate e basate su fatti storico-amministrativi e propone quel che potrebbe essere una via d'uscita anche per l'Elba, per l'accorpamento dei servizi e dei comuni e per una "Comunità Montana" con un ruolo vero e non che funzioni una volta ogni 20 anni, quando Totanino ha voglia di fare il presidente dopo che l'Ente ha toccato il fondo tra un commissario e una Montecarlo. Emiliani, che la conosce bene, cita anche l'esperienza toscana, ma l'Elba ha un 'ulteriore aggravante rispetto al modello granducale da lui citato: le marine all'Elba diventano comuni e i comuni si frazionano dopo l'unità d'Italia, per volere dei Savoia, che fecero danni da subito, tanto per restare ai meriti delle stirpi padane. A volte, come mi diceva ieri Paolo Gasparri, un'isola si capisce meglio guardandola da fuori. Ecco l'articolo: Comuni da accorpare. Si può VITTORIO EMILIANI Walter Veltroni, fra le riforme possibili, ha giustamente riproposto quella, davvero annosa, di un accorpamento - democratico, graduale, certo, non autoritativo - dei micro-Comuni sotto i mille residenti. Che in Italia ammontano a 1.973, un quarto del totale nazionale arrivato a 8.101. Veltroni si è così posto sulla scia di Mazzini, di Farini, di Minghetti, una nobile scia. La questione infatti è lontana. Giuseppe Mazzini proponeva che i Comuni italiani fossero non più di mille. Un disegno di legge specifico lo presentarono Luigi Carlo Farini e il futuro leader della Destra Storica, Marco Minghetti, proponendo l'accorpamento dei Comuni con meno di mille abitanti e prefigurando le Regioni quali consorzi di Province. Senza esito. Ci provò anche Mussolini, e, usando la forza, in parte ci riuscì, e però, dopo la Liberazione, parecchi Comuni ripresero la loro medioevale fisionomia. Si perchè la dimensione territoriale dei nostri Comuni è, più o meno, quella del Medio Evo e cioè la distanza che il viandante poteva percorrere a piedi nelle ore di luce (sulle strade di allora). E in alcune grandi regioni è rimasta quella, mai influenzata da riforme amministrative successive. In forza di ciò la Lombardia (nonostante la creazione della "grande Milano" durante il Ventennio) conta oggi ben 1.546 Comuni dei quali 146 sotto i 500 abitanti e 340 sotto i mille, e che il Piemonte ne ha 1.206. Queste due sono infatti le regioni più frammentate. In Lombardia anche in pianura: v'è, fra gli altri, il Comune di Maccastorna nella piana verso il Po, dove si contano appena 90 residenti. Basta del resto confrontare due province omogenee geograficamente, cioè con montagna, collina e pianura, una lombarda, Pavia, e l'altra emiliana, Modena, per verificare che la prima registra ben 190 Comuni e la seconda soltanto 47. Dopo Lombardia e Piemonte sono Veneto e Campania ad avere un elevato numero di Comuni, ma siamo, rispettivamente, a 581 e a 551. Notevolmente polverizzata risulta pure la Liguria, con 235 Comuni (47 dei quali sotto i 500 residenti) per una superficie complessiva di 520.000 ettari, meno della sola Provincia di Trento. Poichè i Comuni "totalmente montani" risultano da noi 3.541, cioè il 44 per cento del totale (con quelli "parzialmente montani" si supera la metà), era ragionevole pensare che le Comunità Montane avrebbero via via assunto le funzioni principali dei micro-Comuni, nelle terre alte assai diffusi, lasciando loro i gonfaloni, gli stemmi e poco più, e presentandosi come un organismo amministrativo in grado di programmare interventi strutturali, di pianificare insediamenti e recuperi, insomma di investire. Mentre è provato che i tanti micro-Comuni garantiscono a stento la sopravvivenza avendo assai poco da investire in opere e in servizi sociali. Che mi risulti, nessuna Regione ha però intrapreso con energia questa utile strada la quale avrebbe portato la montagna a gestioni più forti, più attente ai bisogni e anche più resistenti alle seduzioni concrete della speculazione edilizia che fa facile breccia (come gli impianti eolici, del resto) in Comuni piccoli e poveri. Quasi indifesi. Le Comunità Montane si sono moltiplicate, arrivando sino al livello del mare, e finendo, in parte, sotto la scure virtuosa delle riduzioni di spesa. Questi accorpamenti giudiziosi di micro-Comuni avrebbero gradualmente reso inutili le stesse Province le quali, se hanno una ragion d'essere, ce l'hanno laddove è maggiore la polverizzazione comunale. Vi sono regioni invece dove l'esigenza di fondere o integrare piccoli Comuni appare meno pressante. La Toscana, ad esempio, si presenta sulla carta equilibrata perchè la sua maglia municipale fu oggetto di una consapevole riforma a metà Settecento, quando il Granduca di Lorena affidò ad un grande studioso, Pompeo Neri, il compito di ridisegnarla sulla base dei nuovi punti di forza del territorio (gli opifici, le attività civili, e non più le pievi o i conventi). Compito che il Neri doveva realizzare anche in Lombardia dove però portò a termine il mirabile catasto teresiano ma, per contrasti politici, dovette invece abbandonare la già intrapresa riforma dei Comuni. Rimasti ancor oggi quelli del Medio Evo. Negli altri Paesi europei c'è stato un grande fervore riformatore in materia nell'ultima parte del Novecento. Nella Germania Federale i Comuni erano addirittura 24.476. Il governo centrale ha affidato ai Laender il compito di accorparne la maggior parte lasciando però piena libertà di utilizzare le ricette ritenute più convenienti. Così in Baviera è stato individuato un Comune-guida per ogni comprensorio sul quale intervenire affidando ad esso i compiti dell'amministrazione. In Renania-Westfalia invece si è proceduto più risolutamente a fusioni vere e proprie. Nel Canton Ticino si sono istituiti nel 1995 opportuni incentivi alle fusioni inducendo così 45 Comuni ad unirsi in 15 nuove aggregazioni amministrative. In Danimarca hanno ridotto i Comuni da 1.388 a 275 (e le Province da 22 a 14), in Belgio da 2.500 a 600, nel Regno Unito da 1.830 autorità locali si è scesi a 486. Siamo dunque i soli in Europa ad aumentare gli organismi locali e provinciali anzichè ridurli. Le Province, accusate da decenni di pratica "inutilità" (una volta le loro competenze consistevano negli Ospedali psichiatrici, ora dismessi, nell'agricoltura-caccia-pesca e nell'infanzia abbandonata) sono balzate da una novantina ad oltre cento. I Comuni, che nel 1951 erano 7.810, mezzo secolo più tardi risultavano quasi trecento di più (+3,7 per cento) e cioè 8.101, dei quali il 56 per cento al Nord, meno del 13 per cento al Centro e il restante 31 per cento nel Mezzogiorno, con una preoccupante polverizzazione in Calabria (409 Comuni dei quali 58 sotto i mille abitanti), in Sicilia e in Sardegna. Lo stesso piccolo Molise conta un numero di Comuni quasi pari a quello del Lazio vasto oltre quattro volte di più. Insomma, un compito storico per il quale, dopo quasi quarant'anni, le nostre Regioni dovrebbero cominciare a lavorare con la solerte attenzione, per esempio, dei Laender tedeschi. E' utopia sperarlo dopo tanti anni passati invano? Veltroni ha il merito di aver posto un problema strategico per il buongoverno locale e nazionale. Speriamo che possa provare anche a risolverlo concretamente da capo del governo.


Marciana Marina da largo

Marciana Marina da largo