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Ha smesso di fumare anche l'ultima carbonaia isolana

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 16 marzo 2008

“Venivano dalle maremme o erano “lombardi” ( in realtà emiliani ndr) erano povera gente, facevano le carbonaie nella macchia e mangiavano e dormivano lì sotto le stelle, perché quando davano foco alla carbonaia la dovevano sempre vegliare stavano qui per la stagione d’inverno, lavoravano mangiavano come bestie , poi vendevano tutto il carbone che avevano fatto e tornavano a casa” Riscopriamo una antica registrazione etnografica che raccontava la grama vita dei produttori di carbone vegetale per salutare l’ultimo dei carbonai che ci ha lasciato, certo, dopo aver condotto una esistenza meno dura da quella dei suoi predecessori, più stabile e meglio remunerata ma sempre da carbonaio. Del difficile mestiere di trasformare in carbonio (arrostendolo senza bruciarlo) il legno di macchia era rimasto un unico depositario all’Elba, Roberto (detto Tyron per la giovanile bellezza) Mazzei . “Lo Zio Tyron (così lo chiamavano i pugginchi per la sua giovanile somiglianza con l’attore americano) aveva ormai 82 anni ed era conosciutissimo per il suo inusuale mestiere e per essere convolato in età avanzata a giuste nozze con una giornalista austriaca Uta Karl che scrisse su di lui e sul suo lavoro un libro bolingue “La Carbonaia di Roberto” corredato di immagini che costituisce una documentazione di altissimo valore etnografico. Lo ricordano come un uomo avvezzo ad un lavoro rude ma dalla parola gentile, quasi aristocratica, lo ricordano per la generosità con la quale apriva la sua cantina ai Befanotti, che proprio a casa sua a Lavacchio terminavano il giro di questua cantata dell’Epifania e lì trovavano dolci vino della casa e “ulive” per tutti. Lo saluteranno domani (lunedì) alle 16 nella chiesa di San Defendente di Poggio


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