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A Sciambere della lettera aperta a Lino Rossi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 14 marzo 2008

Caro Lino Rossi Ho deciso di terminare questo numero del giornale scrivendoti una lettera (scherzosa e leggera) infilata, più che impaginata, tra gli interventi (seri ed importanti) di due docenti dell’Ateneo di Firenze. Mi frullava per il capo da diversi giorni di scriverti, da quando ho appreso che alla tenera età di 73 anni, proprio te (avrei dovuto digitare “proprio tu” ma non mi tornava) che invece di fare il pensionato, buttato sulle panchine a spillaccherare, lavori come un giovanotto, giri come un frullino dalla mattina alla sera (festivi compresi), e c’hai sempre da fa’ più che un becco di Luglio, proprio te dicevo, ti sei comprato un PC e hai anche trovato il tempo per imparare a spippolarci un po’, motivato anche e soprattutto (mi dicono e ne sono molto orgoglioso) dalla curiosità di leggere cosa c’era scritto un giorno dopo l’altro su Elbareport, datosi che nel bene e nel male ne sentivi parlare e volevi controllare di persona. E mi è venuto da pensare che la nostra vita si è svolta fino ad oggi in maniera rassicurantemente prevedibile: mi spiego perché il ragionamento era un po’ intorcinato. Ho ripensato all’estate del 1963 era l’anno di “Sapore di Sale” io avevo 15 anni te 28, avevi aperto a San Piero insieme a Marietto Brandi “Il Nido del Falco” dove ci lavoravano anche Sandra e Fiorella che d’anni n’avevano 21. Si apriva la sera verso le 8 e si tornava a Portoferraio alle 2, alle 3 e anche alle 4, si chiudeva quando se ne andavano gli ultimi clienti e il Juke-Box Wulitzer si chetava. Di solito sulla R4 mi toccava, come si diceva scherzando: “il posto del cane”, nel bagagliaio perché ero il meno voluminoso e c’era da portare a casa oltre i sopraccitati anche Luciana nipote di Marietto e cugina di Sandra e pure il su’ ragazzo Vito Marchiani, che ora è un pezzo grosso della UIL (socialista .. vabbò ..nessuno è perfetto) . E ricordo che te, due o tre ore dopo che eri andato a letto, ti alzavi e andavi all’altro lavoro: scavare e murare pozzi (tanto per fare una cosina leggera e riposante). Come tu facessi a reggere era un mistero. Ecco se tra le molteplici riflessioni che mi capitava di fare in quei 23 Km di bagagliaio, si fosse affacciato l’interrogativo cosa mai faremo da grandi? (allora avremmo detto "da vecchi?") ad un meraviglioso: “sonasega !” relativo alle specifiche attività avrebbe fatto riscontro la previsione di esserci di “fare” di lavorare, di non mollare, di non arrendersi mai ed in nessuna occasione, di non piegare la testa, di non accettare prepotenze, di non sfruttare e di non farsi sfruttare; proprio com’è andata. Ti ci vedo Lino davanti al PC, con gli occhiali che alla fine hai dovuto rassegnarti a portare perché senza ci vedevi meno d’un cazzo, che pronunci uno dei tuoi aforismi: “L’omo dev’esse’ una molla!” o più pertinentemente “l’omo è superiore alla bestia e alla macchina”. Hai ragione .. l’omo è sempre superiore alla macchina. tuo fratello


portoferraio armeria elbana

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