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Le isole dentro ed intorno a noi: Stromboli di Rossellini

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 08 marzo 2008

In questa sera dal clima invernale un numeroso pubblico ha assistito con calore alla proiezione di Stromboli di Rossellini parte della rassegna “Le isole dentro ed intorno a noi. Da Rossellini a Salvadores”. Il film è stato preceduto dall’introduzione di una delle organizzatrici la prof.sa Simona Sabbioni alla quale insieme agli altri, vanno i complimenti ed i ringraziamenti per aver creduto ed organizzato questa rassegna cinematografica che in fondo ci vuol far riflettere sul nostro vivere ed essere isole. La presentazione del film è stata affidata a Manuela Cavallin dell’Associazione Hallocinema: “Tra i film di questa rassegna mi trovo a presentare quello che forse meno rappresenta il mio personale rapporto con la dimensione “isola“, un’isola che ho scelto, il primo posto, in un inquieto vagare, dove mi sono sentita “a casa” , abbracciata, mai sola, non un ologramma senza nome, tipico della dimensione metropolitana, ma una persona. L’ho tanto amata, e la amo, al punto di non accettarne i limiti “negativi” dati dai confini ben definiti che le si vogliono attribuire, continuando in vari modi a non accettare l'immobilità, vivendo il “confine" geografico come un abbraccio e non come un limite. Rispondo al prof. Marmeggi, altro organizzatore al quale rinnovo il mio ringraziamento, dicendo che “oggi” il cinema infrasettimanale e di qualità “momentaneamente” non c’è più; mi fregio di essere una delle organizzatrici della serata che, giovedì scorso è stata citata in un breve ma, per me doppiamente commovente, tributo filmato del quale ringrazio tutti, anche a nome di ci ha lavorato tantissimo, che ha visto protagonisti, fra gli altri: Lina Wertmuller, Mario Monicelli, Suso Cecchi d’Amico, Veronica Pivetti in omaggio a Nello Santi, negli anni in cui la mia, oggi morente associazione, organizzava, con il sostegno di uno sparuto gruppo di volontari, rassegne e cicli di proiezioni, quando il cinema all’Elba non c’era più, non c’era per niente…., ringrazio quindi chi, come me, come voi, non si arrende e porta avanti progetti che, con il messaggio immediato delle immagini, organizza rassegne che creino momenti di aggregazione e di confronto….. Tornando al film di stasera, parte della “trilogia della solitudine”, si inserisce nel periodo neorealista del cinema, sorto in Italia negli anni Quaranta, volto a recuperare un'aderenza tra immagine, narrazione e realtà. Nonostante le differenze tra gli stili peculiari di ogni autore di questo particolare periodo, è possibile estrarre alcuni elementi comuni come, ad esempio, l'abbandono della struttura narrativa romanzesca, la preferenza accordata alle riprese in esterni, la presenza di attori non professionisti ed il tentativo di rendere conto, in modo obiettivo, della realtà politica e sociale del paese in un momento di grandi cambiamenti. Dramma di forte tensione esistenziale, ricco di splendide aperture documentaristiche (la tonnara, l'eruzione, i vagabondaggi di Karin nell'isola), in un racconto che registra la realtà nella sua immediatezza e lascia i fatti svolgersi senza interpretazioni e nemmeno motivazioni. Incompreso da gran parte della critica e ignorato dal pubblico. Il film fu girato nell'isola delle Eolie, con il coinvolgimento di molti dei veri abitanti dell'isola. Lo stesso Mario Vitale inizialmente era stato ingaggiato dalla produzione come manovale. Durante le riprese, un'eruzione del vulcano fornì alcuni spunti a Rossellini, che girava senza un vero copione, fissando giorno per giorno le idee su un semplice blocco per appunti. Fu così possibile girare le scene di un'evacuazione della popolazione, che insieme a quelle della pesca costituivano una specie di "documentario nel film". Il ruolo della protagonista era destinato in origine ad Anna Magnani, con la quale Rossellini aveva una relazione. Vedendosi portar via la parte da Ingrid Bergman, la Magnani stessa per ripicca volle montare una produzione per girare a Lipari il film Vulcano, diretto da William Dieterle: la lavorazione, iniziata dopo, paradossalmente venne portata a termine prima di quella di Stromboli e il film poté usufruire di una insperata pubblicità. Per la sua interpretazione, la Bergman vinse il Nastro d'Argento. Gli altri attori erano quasi tutti non professionisti. In Italia il film ebbe un discreto seguito, se non altro per l'enorme curiosità destata nel pubblico a proposito del legame sentimentale tra il regista e la famosa attrice svedese. Negli Stati Uniti fu invece un clamoroso fiasco, sia per la campagna stampa che Hollywood aveva montato a sfavore della Bergman, sia per il famoso discorso del senatore del Colorado Edwin C. Johnson, che aveva etichettato l'attrice come una pubblica concubina, sia per il fatto che la RKO, che distribuiva il film in America, aveva voluto un montaggio completamente diverso, che riduceva di ben 37 minuti la durata della pellicola, portandola a poco più di un'ora. Il film ebbe comunque il merito di risvegliare l'interesse turistico per le isole Eolie, fino a quel momento dimenticate da tutti, isolate dalle comunicazioni e dai servizi essenziali. Ancor oggi sull'isola vi sono targhe e foto che ricordano gli episodi della lavorazione del film, e nella piazza principale di Stromboli il bar più famoso è il Bar Ingrid. Moravia nella sua critica disse che: Le vicende sentimentali di Ingrid Bergman e di Rossellini e la pubblicità che gli è stata data in Europa e in America hanno certo nuociuto e ancora nuoceranno al film Stromboli noto pure col titolo Terra di Dio: dopo un tale fracasso così il pubblico come, abbastanza stranamente, la critica, si aspettavano qualche cosa che non poteva assolutamente esserci, ossia un film clamoroso, quanto i casi privati del regista e dell'attrice. Ma occorre dire che, senza questa avventura, non avremmo neppure avuto Stromboli che ne è la diretta traduzione cinematografica in chiave elegiaca e, si vorrebbe dire, freudiana. In altri termini, Stromboli è un film autobiografico; ed è da questa autobiografia, consapevole e inconsapevole, sofferta ed espressa con una delicatezza e un rispetto della materia rari in Rossellini, che vengono al film le sue più belle qualità di poesia e di verità psicologica. La storia del film è così nota che quasi non mette conto ripeterla: una profuga, scacciata dalla guerra del paese natale e rinchiusa in un campo di concentramento per “displaced persons” (profughi), onde riacquistare la libertà, sposa un semplice pescatore di Stromboli. Il pescatore porta la moglie nella sua isola. Ma qui la donna, di origine nordica e socialmente superiore, si scontra con costumi e mentalità troppo diverse dalla sua. Dopo molti vani e patetici tentativi di ambientarsi e adattarsi, la donna, disperata, decide di fuggire. Essa si inerpica su per il fianco ripido del vulcano per raggiungere l'altro lato dell'isola dove aspetta qualcuno che l'aiuterà a raggiungere la Sicilia. Ma, a mezza strada, ascolta la voce della propria coscienza e, forse, anche l'appello dell'umile e difficile terra e si rassegna, non senza tremore e paura, a tornare indietro. Non sarebbe difficile individuare nel film tanto le persone quanto i sentimenti privati del regista e dell'attrice. Come avviene in ogni autobiografia non testuale e meramente documentaria, essi sono tradotti nel film capovolti e come veduti in uno specchio deformante. Così la decisione della Bergman di cambiare paese per la terza volta nella sua vita, nel film diventa qualifica di “displaced person”; la perplessità che dovette accompagnare questa decisione, si trasforma nell'ansietà e buona volontà della protagonista alle prese col villaggio isolano; e Rossellini è il giovane pescatore; e l'Italia è Stromboli. Non sarebbe difficile, ripetiamo, ricercare uno per uno, con indagine forse indiscreta ma senza dubbio illuminante, i punti di contatto tra il film e la crisi sentimentale che gli ha dato origine. Ma tali riferimenti vogliono essere contenuti nei limiti del giudizio critico, fuori di ogni curiosità mondana. Essi servono soltanto per sottolineare il carattere non casuale né ozioso del film, uno dei migliori che Rossellini abbia sinora prodotto. Insomma, la qualità precipua di ogni opera d'arte è di essere al tempo stesso poesia e mezzo di conoscenza e di liberazione. Stromboli possiede certamente questa qualità. Rispetto al verismo michettiano e meridionale di Amore, Stromboli segna un indubbio progresso nel senso di una maggiore intimità e verità poetica. Dal piano sociale e pittoresco il dramma qui è passato a quello individuale e psicologico. Rossellini, attraverso un certo numero di contrasti e di notazioni abilmente conteste nella trama del film, ha saputo creare la figura alquanto ibseniana della donna nordica trasportata in terra e ambiente mediterraneo. La protagonista, bionda e longilinea, di chiara ascendenza protestante e individualista, naturalmente umanitaria e zoofila (si vedano l'episodio del furetto e quello della tonnara), gelosa della propria indipendenza, sentimentale e bisognosa di intimità, forma un contrasto assoluto con la gente tra cui ha eletto di vivere. La crisi di adattamento e di ripugnanza di un simile carattere è veduta con finezza. Forse essa avrebbe potuto essere affidata, oltre che ad una generica antipatia, anche a qualche fatto preciso in cui tale antipatia trovasse un appiglio più propriamente drammatico. Così com'è, senz'altra motivazione che la diversità di ambiente e di civiltà, il film è quasi un monologo che, come tutti i monologhi, non riesce alla fine, a trovare una conclusione soddisfacente. Il carattere, la natura, l'ambiente dell'isola sono descritti col solito vigore e la solita sensibilità per gli aspetti inameni e originarii. I due pezzi di bravura, la tonnara e l'eruzione, non esorbitano nel documentario e nella pagina da antologia. Ma l'interesse del film s'impernia soprattutto sulla Ingrid Bergman che, alle prese con una parte difficile, in un clima artistico così diverso da quello di Hollywood, ha fornito ancora una volta la misura delle sue rare capacità di interprete. Ogni volta che essa appare sullo schermo, la scena si anima e si ravviva in una vibrazione umana e poetica avvertibile anche dallo spettatore più distratto. Forse, a questa sua forte volontà interpretativa si deve il difetto maggiore del film: il contrasto tra lei, figura a tutto tondo, e le silouette unidimensionali degli altri personaggi passivamente sostenute da attori improvvisati. Alla Bergman avrebbe giovato di trovarsi di fronte almeno un altro attore di eguale valore. In mancanza di quest'attore, il dramma ogni tanto si perde nell'indistinto, in una specie di balbettio e di allusività, come per esempio nella scena col prete e in alcune delle scene con il marito. E, infatti, la Bergman è preferibile nelle sequenze dove si trova sola di fronte a se stessa oppure nella terribilità del vulcano o all'immensità del cielo stellato. Trama: Karin, giovane lituana, che la guerra ha sbalestrato lungi dal suo paese, mentre si trova in un campo di concentramento italiano, conosce Antonio, pescatore dell'isola di Stromboli. Antonio s'innamora pazzamente della bella straniera, la quale per sottrarsi alla prigionia, acconsente a sposarlo. Ma a Stromboli Karin non trova il paradiso descrittole da Antonio: l'isola è un ammasso di pietre vulcaniche, gli abitanti sono primitivi, il loro nido è una bicocca desolata e spoglia. Alla ribellione dei primi giorni subentra uno stato d'animo più equilibrato: Karin cerca d'avvicinarsi maggiormente al marito, collabora con lui nel riassettare la casa, cerca di far amicizia con gli isolani, ma trova incomprensione ed ostilità. Mentre la sua vita trascorre agitata tra delusioni e speranze si manifestano in lei i segni premonitori della non lontana maternità. A questo punto il vulcano entra in una fase d'attività, cagionando distruzioni e spavento. Karin decide di fuggire dal marito e dall'isola, passando attraverso il vulcano; ma, sopraffatta dalla stanchezza e soffocata dalle esalazioni sulfuree, dopo una crisi di disperazione, s'addormenta. Al suo risveglio, il pensiero della vita, che porta in grembo, la spinge a rivolgersi al Dio misericordioso, ch'ella invoca piangendo.”


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