La vicenda del Piano di intervento pubblico di Capo d'Arco, una località del Comune di Rio Marina, all'Isola d'Elba, dura da anni con blitz di Goletta Verde e accuse di integralismo a Legambiente del sindaco di Rio Marina, l'onorevole Bosi (Udc). Ma ora la Conferenza dei servizi dell'8 gennaio 2008, che ha visto la partecipazione di regione Toscana, provincia di Livorno e lo stesso Comune di Rio Marina sembra aver riportato l'affaire Capo d'Arco almeno alla correttezza amministrativa, dando ragione a Legambiente che sottolineava la scorrettezza dell'iter di approvazione del Piano e la mancanza o carenza di documentazione e della Valutazione ambientale. «esaminato l'intervento e rilevata la carenza della necessaria documentazione ai fini della verifica dell'adeguatezza – si legge nel verbale della Conferenza dei servizi – Conclusioni. La Conferenza dei servizi sospende la verifica di adeguatezza alle finalità di tutela paesaggistica del piano particolareggiato di iniziativa pubblica – Comprensorio Capo d'Arco del Comune di Rio Marina, in quanto mancano gli elementi progettuali relativi alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria necessari poiché ricadendo all'interno del comparto sono suscettibili di incidere sul paesaggio stesso o perché il piano in oggetto manca di una relazione che illustri dettagliatamente il contesto paesaggistico e il progetto nel suo rapporto con il paesaggio. La Conferenza dei servizi invita il Comune a produrre la documentazione mancante al fine di consentire la verifica del piano attuativo in occasione di una successiva seduta». Esattamente quel che dice da sempre Legambiente e che ha fatto rilevare il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano in molte occasioni, ed è significativo che queste conclusioni siano state sottoscritte anche da provincia e comune che fino ad oggi avevano assicurato che tutto era a posto e regolare. Si tratta di un piano originariamente di iniziativa privata trasformato, non si sa bene e perché, in uno di interesse pubblico per consentire di costruire così altri 13.000 metri cubi di cemento (inizialmente 15.000) su una costa completamente privatizzata. Legambiente sostiene che un piano di Iniziativa Pubblica come quello di Capo d'Arco non si può approvare senza prima sanare gli abusi che ci sono su un tratto di costa compresa addirittura nel Parco Nazionale. Infatti, in uno dei comparti del piano era prevista la realizzazione, su una scogliera del parco nazionale, di "cabine" che sembravano miniappartamenti e che il Parco non ha autorizzato. Ma nell'area costiera ci altri abusi con richieste di sanatorie in corso ed addirittura delle opere abusive realizzate sul Demanio Marittimo, che per legge non possono essere sanate ma devono essere demolite o acquisite al patrimonio comunale, e secondo il piano regolatore vigente, prima dovrebbe essere rilasciata una improbabile concessione in sanatoria sul Demanio e in un Parco Nazionale e poi, dopo aver detratto dai 1.000 mc. richiesti sugli scogli quanto realizzato abusivamente ed eventualmente sanato, il Consiglio Comunale potrebbe adottate il Piano Particolareggiato con la previsione corretta dei volumi. Altrimenti il piano non può essere approvato. La valutazione degli effetti ambientali (Vea) allegata al Piano adottato dal Comune era incompleta perché riguardava solo i 3 comparti inizialmente proposti dai privati e che non prendeva in nessuna considerazione i 4 nuovi comparti aggiunti nel Piano Particolareggiato di Iniziativa Pubblica. Il Comune di Rio Marina (e la Provincia di Livorno) avrebbe approvato la stessa Vea del piano privato annullato, addirittura con lo stesso frontespizio datato 2000, un documento obbligatorio che però dovrebbe riguardare tutto il Piano e tutti i comparti. Invece, per la fase di adozione del Piano l'Amministrazione Bosi non aveva tenuto minimamente conto dei "nuovi" Comparti, fra i quali uno di elevatissima valenza ambientale: il "G", sul mare e nel Parco. Ma il Consiglio Comunale aveva comunque già discusso le osservazioni e le controdeduzioni al Piano, respingendo tutte quelle di Legambiente. Una situazione si è così ingarbugliata che si è tentata la strada risolutiva della Conferenza dei servizi, che non ha potuto far altro che dar ragione alle perplessità di Legambiente. «Dopo questo clamoroso stop, che conferma tutte le carenze e le irregolarità da noi denunciate – dice Legambiente Arcipelago Toscano - la procedura del Piano Particolareggiato Pubblico deve essere annullata e riavviata con una nuova adozione e allegando una Vea completa ed aggiornata e prodotta dall'Amministrazione Comunale e non aggiornando o, come incredibilmente è stato fatto, assumendo e facendo proprio, senza nessun atto formale di cui si sia a conoscenza, un elaborato privato vecchio di anni, incompleto e non riguardante tutti i comparti interessati». Nel 2006 Legambiente sosteneva che per Capo d'Arco l'Amministrazione aveva prodotto «atti non conformi con le norme tecniche di attuazione del PRG del 1995» riguardanti la previsioni sulla costa, in quanto mancherebbe il piano di dettaglio previsto dalla direttiva regionale sulla fascia e quindi per Legambiente il piano «non è conforme alle norme del Piano Regolatore e anche per questo dovrebbe essere oggetto di una nuova adozione. Sembrerebbe che i perimetri dei Comparti del Piano adottato non corrispondano con quelli riportati nel Prg vigente del 1995. Se così fosse il Comune andrebbe ad approvare delle previsioni edificatorie massicce anche in aree che non sono inserite nei Comparti edificabili del Piano! Occorre verificare se questa difformità è reale, perché, se risultasse vera, questo sarebbe sufficiente ad invalidare tutto il Piano». E' evidente che la Regione Toscana ha ritenuto, guardando atti ed elaborati tecnici, più che fondate le nostre ragioni.
capo d'arco dal mare