Le liriche che Sandra ha raccolto nel suo ultimo scrigno, “Il lavoro del vento”, dipanano la quotidianità, gli affetti, i sogni, i ricordi, i rimpianti, la gioia e il dolore; insomma, la storia di una creatura sensibile, ironica e intelligente, quale ella è, su uno sfondo ben preciso, che è il paesaggio urbano e naturale della sua isola, in particolare di Portoferraio, di cui vengono delineati alcuni topoi connotanti come la scalinata di Forte Falcone, la Darsena, Piazza della Repubblica: “Se il cielo sarà chiaro/ e il vento dormirà/ e il suo respiro sarà brezza/ e la pietra sarà tiepida/ salite ragazzi la scalinata / che porta al Falcone./ Salite senza fretta/ che l’affanno subentra/ in chi prima e in chi poi. (…)Da lassù/ vi apparirà la vita/ piazzole incrostate/ vicoli e scivoli/ strade sbarrate/ ferri battuti/ pietre rosate/ buche e scorci/ tetti e terrazze/ tegole e antenne/ mare e gabbiani/ ma anche ortiche/malve/spighe/ papaveri/ e cicche/ e cartacce/ e gatti randagi/ in cerca di cibo e d’amore” Qui la salita all’antico Forte che vigila su Cosmopoli sembra diventare metafora dell’impegno razionale ( Salite senza fretta) ripagato dalla prospettiva privilegiata della sommità, da cui la cittadina si mostra nella sua anima più autentica. Di piazza della Repubblica è colta invece l’agonia dei platani e di tutta un’epoca: “Uno dopo l’altro, s’ammalano e muoiono/ i platani di piazza della Repubblica/ e con loro se ne vanno un paese e i suoi abitanti,/ le maestre dalla pettinatura anni sessanta,/ gli amici con i libri sottobraccio” Mentre la Darsena medicea è sorpresa nel momento del turbinio degli elementi: “Nella darsena si cammina a malapena/ tra raffiche di vento, l’acqua e la salsedine/ E’ sera. Lo scirocco ha steso un telo scuro/ sotto al cielo e la pioggia cade dispettosa/ di traverso. A testa bassa sbircio il molo” Su questo fondale di mare e di cielo, di strade, piazze, vicoli e fortezze, Sandra, scegliendo di definirsi, sottolinea la sua intima insularità che la identifica con la terra stessa in cui vive: “Isola di mare galleggio/ - per svanire tra le onde/ all’infuriare dei venti -/ sopra un fondo sabbioso/ cinto da alghe e da ghiaia/ - tra altra acqua salata -” Eppure il mare onnipresente è lo scenario che l’ha privata anzitempo degli affetti più cari e l’addio del padre, uomo di mare, è rivissuto come il traumatico passaggio dall’innocenza alla verità, come la vera perdita di verginità, quella dell’ignoranza del dolore: “A perforare l’imene fu l’addio di mio padre/ che amavo osservare sossopra/ mentre in salotto fumava la pipa/ con l’amico che lo vide/ cadere dal ponte della nave nemica/ per volare, morire e violare/ l’immagine di me/ vergine di morte” E l’immagine della madre, disegnata nella sera dell’ultima scena, si confonde col tramonto marino: “Nella sera dell’ultima scena/- davanti al mare / che s’inchinava alla terra/ per ritirarsi al tramonto -/ il suo corpo era caldo/mentre il destino ordiva il distacco/ per lasciarmi l’impronta materna/ solo nell’aorta dell’anima” L’omaggio ai genitori è riproposto anche nella lirica dedicata alla figura paterna, apparsa in sogno, in una condizione avvertita innaturale, perché ora la figlia ha superato in età il genitore: “Apparisti nel sonno/ e fu strano/ abbracciare da adulta/ il giovane corpo/ rapito da Thanatos/così imposi all’inconscio/di vietarti l’ingresso/ con un cartello/ che andrebbe rimosso/ per incontrarci/ di nuovo/ almeno nel sogno” Mentre della mamma di ieri, allegra, tollerante, serena, curiosa del nuovo e del bello, sono tracciati con struggente malinconia il ritratto e il retaggio da scolpire nel cuore dei nipoti, sebbene le parole esitino: “Di te che scuotevi dai capelli le tempeste/ per aggrapparti al sole, spero viva in me/ l’allegria per ogni nuvola che goccia/ la tolleranza per i sogni dei diversi,/ l’accettazione del dolore, che non è rassegnazione,/ la curiosità del nuovo e il gusto per il bello/ ma se i miei figli mi domandano di te/ non so rispondere/ se non che i tuoi capelli erano mossi” I figli di Sandra, a cui la raccolta è dedicata, sono presenti ovunque, sia come soggetti di amorosa contemplazione: “In attesa di sciogliere esogeni nodi,/ pettino l’ansia/In pozzo d’interno/ trasparenze d’azzurro/ intravedo, in un album/ il respiro dei figli/ nel sogno, delfini/ e una pioggia di luce/ sopra il tetto dell’acqua” che come destinatari espliciti di valori autentici, incoraggiando a coltivarli con passione: “Beatrice, se avrai famiglia/ non t’angustiare dopo pranzo/ al pensiero della cena,/ chiudi il catenaccio per un po’:/esci, crea, leggi, gioca, sogna,/ ascolta musica, guardati un film/…allarga le ali del tuo essere…” Naturalmente, tra le varie tipologie d’amore non può mancare Eros, che in Matinée è tratteggiato con maliziosa ironia: “Ad un cenno di Amore la luce trascina aria/ nuova. Si stiracchia la gamba facendo le fusa/ Sfioro con le labbra il tuo viso non rasato,/ ancora caldo di cuscino./ Ridiamo rincorrendo gli indumenti/ con un occhio alla lancetta./ Poi via…fuori a ritornare adulti tra gli adulti.” Accanto agli affetti, non latitano introspezione e bilanci, ma sempre in punta di penna, quasi sussurrati e nel segno di una scrittura essenziale, scevra di enfasi e di ridondanze, restia a qualsiasi indulgenza: “Riposti i perché/ i nodi , i semmai/ le lacrime asciutte/ gli ami e i sorrisi sornioni/ calda pietra/ levigata dal vento/ orlata da nubi barocche/ guardo ai raccolti d’amore/ per mirarne il solstizio/ nella stagione delle ultime lune” Una raccolta dunque da assaporare lirica dopo lirica, verso dopo verso, non solo per quello che esplicitamente suggerisce, ma anche per gli echi che suscita, le vibrazioni che ispira, gli orizzonti che apre, perché dalla sua piccola isola, Sandra, donna di mare e di vento, sa navigare a vele spiegate sulle onde del nostro cuore. Maria Gisella Catuogno Il lavoro del vento di Alessandra Palombo Edizioni LIBERO di SCRIVERE € 10 (nella foto Alessandra Palombo - a sinistra - con Federico Regini ed Elena Maeestrini alla presentazione di un'opera)
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