Una volta che uno ci accusò di anti-americanismo contestammo di essere piuttosto filo-europei, convinti com’eravamo che il vecchio caro continente nostro con tutti i suoi difettacci potesse comunque vantare una primazia culturale e civile rispetto alla più fortunata delle sue ex-colonie. Ciò premesso troviamo giusto apprezzare quanto di buono ci offre il nuovo mondo: sia di originale come i peperoni, il cacao che di rielaborato come il blues e Cassius Clay. Quello che proprio non comprendiamo come possa sostanziarsi la sudditanza culturale di un paese che aboliva la pena di morte nel diciottesimo secolo verso uno che negli stessi anni si organizzava come stato, scrivendo la sua carta dei diritti dei bianchi, ma continuando nella mattanza di milioni di nativi da parte dei coloni, perpetrando un esproprio totale per più di un altro secolo ancora, fino al genocidio fino alle soglie della soluzione finale, fino a compiere una barbarie per la quale non c’è giorno della memoria , né del ricordo. Quello che proprio non comprendiamo è come chi vive nella culla della democrazia e delle idee politiche, possa importare da quel grossolano paese, contrabbandato per la più grande democrazia del mondo (dove votano solo 4 cittadini su 10) insieme al buono che produce, pure i prodotti più scadenti, come la sua TV spazzatura e come la sua politica. Ma come è possibile che qualcuno che si è dichiarato fino a ieri di sinistra, enucleati i meno sfruttatori, i meno mentitori, i meno globalmente prepotenti ed inquinanti, i meno peggio tra i politici statunitensi, ne faccia un esempio ed un’icona? Ma che senso ha scimmiottare su queste sponde mediterranee Barak o Hillary , mutuandone gli slogan bambineschi (“possiamo farcela”: cazzo che pensiero profondo! E FARCELA PER FARE COSA, DI GRAZIA?) senza peraltro tradurli, risultando ridicoli epigoni, attanagliati da un “Provincialismo globale” che è l’opposto di una visione internazionalista. Ci sbagliavamo a scrivere che Veltroni era il massimo teorizzatore della “via paperopolese al socialismo”, si è rivelato ora per quello che è in tutta la sua magnificenza: “il massimo indicatore della via paperopolese a Paperopoli”, uno che vagheggia di essere un nuovo Kennedy, così come il suo compare di gioco politico e sodale Berlusconi sogna di essere un nuovo Regan. Il ragionamento che questi due signori pongono all’elettorato è diverso solo per il grado di sfacciataggine ma è speculare, molto americano: “Votate per noi perché siamo grossi”. E’ stato bellissimo da persone della sinistra sentirci chiedere da Berlusconi di votare per il partito democratico: pena – a suo dire - esprimere un voto inutile. Ma non è paradossale che qualcuno indichi a qualcun altro qual è la via per batterlo? Ed è davvero battere il berlusconismo votare per chi ci indica Berlusconi? Sarà assai poco probabile che aderiamo alla cavalleresca richiesta del Cavaliere di votare per il suo antagonista. Una cosa positiva certo emerge anche da questo periodo buio, che in Italia c’è una destra un centro ed una sinistra. Noi siamo di sinistra e poco propensi ad accettare i ricatti morali
Marines Americani in Iraq