Cara Anna, Quando ci hanno chiamati per dirci del tragico incidente che avevate avuto il nostro cuore si è fermato insieme al vostro. Ho pensato subito al tuo corpo esile, fragile, e immediatamente mi ha invasa un incontenibile istinto di abbracciarti di volerti proteggere da quell’impatto troppo violento, troppo brutale.. Un corpo esile il tuo, ma con un temperamento forte e determinato ed uno spirito allegro e solare. Qualcuno ha detto che eri troppo seria e schiva, quel qualcuno non ti aveva vista ridere e gridare a squarciagola quando, facendo una gara con Francesco e Franco a chi pescava più totani, avevamo vinto noi. E non conosceva l’entusiasmo e l’allegria con i quali, orgogliosa, mi mostravi gli ultimi acquisti per l’arredo della vostra casa. E non aveva visto e condiviso, domenica, la gioia dei tuoi occhi che si illuminavano mentre raccontavi, in ogni dettaglio, i progetti per il giorno del vostro matrimonio. Voglio ricordarti così, con la tua dolcezza, il tuo buon gusto, le nostre risate, il profondo rispetto ed il grande amore che avevi per i tuoi genitori, le tue sorelle, il tuo “France”. Voglio ricordarmi il buon odore e l’intensità dell’abbraccio che ci siamo date prima che partissi per il tuo tanto desiderato viaggio. Quando affrontammo insieme la morte di Juba ti dissi che l’eternità dell’amicizia poteva sconfiggere la disperazione della morte. Ma ora scusami se non so rassegnarmi alla speranza di vederti entrare un giorno in casa, con il tuo splendido sorriso e il viso abbronzato, per raccontarmi della vacanza e fare, come sempre, mille progetti insieme. Sempre nel mio cuore,
giunchiglia fiore