Udienza densa di rivelazioni quella che si è svolta giovedì 17 gennaio al tribunale di Livorno davanti al pubblico ministero Antonio Giaconi, nell’ambito dell’inchiesta "affari e politica" di Portoferraio che vede tra gli imputati ex amministratori, ex-tecnici privati e comunali, ed imprenditori. A parlare è stato il capitano dei carabinieri Salvatore Distefano,che fu nella fase delle indagini il principale collaboratore del giudice Roberto Pennisi, e che è stato interrogato a lungo da Giaconi. Giunto in aula con una copiosa documentazione cartacea al seguito l’ufficiale ha risposto alle domande consultandola raramente, ricostruendo i fatti sui quali veniva interrogato sul filo della memoria. Vicenda delle Ghiaie, Bata, Palaturismo, ex-Pacaelmo nomi che all’epoca dell’inchiesta apparivano sistematicamente nelle cronache quotidiane si sono sentiti in aula con la ricostruzione degli avvenimenti che nell’impianto accusatorio sarebbero riconducibili ad un unico disegno. Il punto cruciale dell’udienza è stato quando il pubblico ministero ha chiesto a Distefano, se avesse mai avuto richieste di informazioni da parte di uomini delle istituzioni sulle indagini che stava conducendo. Distefano non ha avuto incertezze ed ha fatto i nomi di Francesco Bosi, allora sottosegretario alla Difesa, e Altero Matteoli, ex ministro dell’Ambiente. Secondo la testimonianza, l’allora Sottosegretario Senatore Bosi s’interessava in maniera sistematica della operazione “Affari e Politica” chiedendo a più riprese in che direzione andava l’indagine e le persone che vi erano coinvolte. Matteoli si sarebbe invece infuriato per la vicenda del sequestro dell’elicottero che sorvolò Pianosa con a bordo alcuni esponenti di An, rimproverando il capitano che gli era stato riferito che lui indagasse solo sull’operato delle amministrazioni di centrodestra risparmiandone altre di diverso indirizzo politico e citando a mo’ di esempio (tra i "risparmiati") l’amministrazione campese. Distefano ha quindi riferito di aver inoltrato per via gerarchica il dettagliato rapporto della tempestosa telefonata (che evidentemente stimava come un’indebita pressione) e che riferì anche al magistrato incaricato di "Affari e Politica", ricordando che il ministro nel corso di quella chiamata lo accusò letteralmente di tenere alcune pratiche nel cassetto mentre si dedicava con zelo ad altre.
Maltinti Pennisi