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Controcopertina: Quel pasticciaccio brutto dell'invito al Papa

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 17 gennaio 2008

La vicenda dell’invito rivolto a Benedetto XVI di partecipare all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università “La Sapienza” di Roma è un’altra manifestazione del degrado nazionale, di cui Napoli è solo la testimonianza più evidente. Prima di tutto l’invito: l’inaugurazione dell’Anno Accademico è una cerimonia −largamente inutile− del tutto interna all’Università; non ha alcun senso invitare a parteciparvi direttamente una personalità esterna, tanto più se si tratta del più alto rappresentante di uno Stato e di una Religione. Sarebbe come se il Procuratore generale della Cassazione invitasse il Dalai Lama a parlare all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario della Suprema Corte. Certo l’Università di Roma “La Sapienza” può invitare il Papa a tenere una lezione, a partecipare a un dibattito, a presentare un libro o un’enciclica; ma in un’occasione ‘ad hoc’, non per manifestazione di ‘routine’ solo accademica. Invece l’invito è partito. Ma si è fortemente indotti a credere che l’intendimento di chi lo ha formulato riguardasse assai più il vantaggio da trarre sotto il profilo dell’immagine (del Rettore e dei professori “cattolici”, gratificati dalla riconosciuta loro autorevolezza di ospiti) che non un’occasione per il Papa di parlare in pubblico −cosa che certo gli capita non di rado−. Dunque l’invito è stato un’operazione di ‘marketing’ per l’‘establishment’ dell’Università romana e per il mondo cattolico presenzialista, fatta utilizzando il Papa (ed esponendolo al rischio, poi concretizzatosi, di contestazioni). E’ stata un’iniziativa inopportuna e sconsiderata, dettata più da un trionfalismo revanchista che non da un credibile −e ugualmente inopportuno− segno d’omaggio. La contestazione, d’altro canto, è stata ugualmente infelice: invocare ragioni culturali, scomodare Galileo e la sua libertà di pensiero conculcata dalla Chiesa quasi quattrocento anni fa, evocare la vocazione laica della scienza ha suonato come un’improvvisata accozzaglia di motivazioni che eludevano il problema principale (ovvero l’incongruità della sede dell’invito), considerate evidentemente troppo tenui e troppo raffinate per poter essere comprese dai non addetti ai lavori. Insomma anche i contraddittori hanno colto l’occasione per un’operazione di ‘marketing’, uguale e di segno contrario. Penosa e irritante la reazione degli uomini pubblici equamente divisi tra coloro che si sono subito eretti a difensori della libertà della fede e della religione contro il laicismo anticlericale della scienza, e coloro che si sono trovati una indesiderata gatta da pelare in un momento già complicato dalle difficili trattative politiche, con la necessità di non spiacere a nessuno degli interlocutori. Poi il delirio del giornalisti (Ezio Mauro, Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia, e i televisivi senza eccezione alcuna). Con nessuno che parla del fatto e cerca di ricondurlo alle sue dimensioni reali, e tutti che si proclamano tutori della libertà d’espressione di un papa che parla alla televisione tre volte al giorno. Una ‘piccola storia ignobile’. L’unico a uscirne bene è stato il Papa: avrebbe fatto meglio a non accettare un invito ambiguo, ma almeno ha avuto l’illuminazione di risparmiarci e di risparmiarsi le lamentazioni per il reato di lesa maestà.


ratzinger papa

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