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A Sciambere della grotta di Natale

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 25 dicembre 2007

Siamo arrivati a questa grotta buia percorrendo deserti freddi di stelle e scorpioni, nascondendoci il giorno dai pretoriani e dai mercanti di bambini. Sono stato partorito su una spiaggia sabbiosa di palme smilze, davanti ad un gran mare polveroso di sale, sospeso in un sole invernale, in un vento freddo che soffiava da nord, con onde grandi come la nostra paura che mangiavano i granelli di sabbia come i cuori della povera gente ammucchiata ad aspettare una luna avara e impietosa come una cometa di speranza e disgrazia. Siamo poveri pastori senza gregge, contadini di terre inaridite, uomini senza più acqua, scacciati dalle scuole per il loro scomodo sapere, perseguitati e segnati nella carne dalla frusta del potere, abbandonatori di spade e vendette, cuori di pace e paure di donne che amano troppo i loro figli per consegnarli alla miseria o alla ciotola avara di un padrone cattivo. Ci ha trascinati qui la disperazione testarda di mio padre, un carpentiere alla ricerca di legni odorosi e case da costruire per i ricchi, e di una baracca di olivo e cartone per noi, alla quale appendere subito la nostalgia come ad una croce temporanea. Siamo arrivati a questa terra promessa per questo censimento crudele, sottovoce sotto uno spicchio di luna glaciale, divisi per povertà tra poveri, spartiti come pecore e colombe avviate al sacrificio del tempio, marchiati dai lupi che sono tra noi, che ci hanno accompagnato e che si dividono le nostre vite e le nostre povere cose e ci fanno ripartire verso un altro destino, che ci contano e ci annusano, ci scrutano con occhi crudeli per poterci ritrovare ogni volta che vogliono nelle terre straniere e tra la gente dell'impero d'occidente, tra i nostri nuovi padroni. Ora, dopo due notti interminabili di pioggia cattiva e di cavalloni feroci, sono finalmente in pace, con mio padre e mia madre, nel gelo di in questa grotta buia e umida, ci rischiarano esseri di luce che fluttuano silenziosi e ci guardano con occhi eterni e mascelle spalancate e risuonano i canti primordiali dei leviatani che conobbero Giona a segnare, come una bava sonora, la strada ai nostri scuri compagni di viaggio, per ritrovarsi in questa eterna e nera notte liquida, con l'ultimo bianco sorriso che ci rimane. Siamo qui, dove ci hanno portato le dita capricciose di un Dio imperscrutabile che ha spezzato una ad una le staminare delle nostre barche scricchiolanti, consegnandoci al mare che non avevamo mai visto e a questa stella luminosa ed aliena che cammina lenta sul fango primordiale, ad indicare agli altri che verranno l'entrata di questa grotta profonda e molle di coralli, a questa sacra famiglia, a questa sofferenza spenta, a questa fredda consolazione, alla vostra dimenticanza, a questa tappa finale dove ci si ferma senza poter arrivare a conoscere la vostra scordata pietà cristiana. Siamo in tanti qui, in fondo al mare, poveri senza redenzione, affondati tra bestemmie e tremanti invocazioni di Dio lungo questa strada profonda di speranza e di umanità gelate, tra la Sicilia e la Libia.


stella marina

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