La Comunità Montana dell’Arcipelago Toscano, introducendo una nuova tassa a carico di tutti i proprietari di terreni o fabbricati per la bonifica dei fossi, compie sicuramente un atto di dubbia legittimità. A dirlo non è solo la minoranza, ma soprattutto il fatto che, in particolare, una Procura in Toscana ha ipotizzato i reati di “truffa e estorsione” nell’ambito di un’inchiesta in corso su un Consorzio di bonifica. Al centro dell’inchiesta le modalità di quantificazione della tassa chiesta ai proprietari di un immobile o di un terreno, magari con una superficie di poche decine di metri quadrati e lontani da corsi d’acqua. Ecco, dunque, la necessità di riflettere politicamente sulla scelta effettuata dall’attuale amministrazione della Comunità Montana, anche per non compiere quegli errori che stanno emergendo relativamente ai tredici Consorzi di bonifica in Toscana. Il nodo della questione sta nella corrispondenza tra la tassa richiesta e il beneficio ricevuto, che deve essere diretto ed immediato per la persona sottoposta al pagamento. Inoltre è doveroso riflettere anche sulla quantificazione del contributo minimo o dell’emissione dei ruoli pluriennali, in altre parole delle modalità attraverso cui i Consorzi di bonifica chiedono, ad esempio, a un proprietario di un piccolo magazzino o di un appezzamento di terreno una tassa di quindici o venti euro a fronte di un “beneficio diretto e immediato” quantificabile in uno o due euro al massimo. E’ infatti discutibile che la differenza dei soldi, cioè la maggioranza della tassa, si possa perdere in spese generiche. Appunto, gli sprechi. La politica di oggi si fregia poi di voler eliminare sprechi e sovrapposizioni, ma perché non si chiarisce quanto costa un Consorzio di bonifica? Il nuovo balzello imposto è, infine, inconcepibile se si pensa che dal settembre 2002 – anno dell’alluvione all’Isola d’Elba – alcune amministrazioni comunali e la Comunità Montana, nelle loro rispettive competenze, ben poco hanno fatto in termini di pulizia dei fossi.
fosso e pompiere