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LA FINE DEL SOGNO INDUSTRIALE (2 .a parte)

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 16 novembre 2002

Una ricostruzione difficile 1951- L’Ilva ha dunque deciso di chiudere gli altiforni e vanno a casa circa 2000 dipendenti. La contropartita , abbiamo visto, è la cessione dei terreni, macchinari ed immobili al Comune di Portoferraio. I problemi da affrontare sono tanti e gravi, a cominciare dalla mancanza di lavoro. Qualche esempio che la dice lunga: le giornate dedicate all’assistenza dei disoccupati, come nel gennaio del 49, quando “le gentili signore incaricate, munite di bracciale tricolore” raccoglievano le offerte; i tornei di beneficenza al campo sportivo delle Ghiaie; gli spettacoli pro-disoccupati ai Vigilanti e al Cinema Audace (in cima alla scalinata Napoleone); i pasti caldi offerti ai bambini poveri; i disoccupati chiedono lavoro affiggendo un manifesto murale. Dopo la guerra c’è una lunga drammatica fase per le famiglie, come ancora molti di noi sanno per averli vissuti o per averne ascoltato il racconto . Manca il pane ed il governo pare sordo alle richieste delle popolazioni elbane che credono nella “resurrezione” degli altiforni.. In proposito, è il caso di ricordare Giovanni Ginanneschi, l’operaio sindacalista che viene arrestato a Montecitorio mentre lancia in aula manifestini di protesta. E i numerosi pellegrinaggi fino a Roma della commissione cittadina (Primo Lucchesi per la Dc; Ersilio Mercatini per il PCI; Oreste Guantini per il Psi; Michele Villani per il PLI; Pilade Becucci per la CGIL). All’inizio del 45 la tensione è davvero palpabile. Alle autorità sono state presentate “circa 70 denunce, di cui 30 per furto e 13 per infrazioni alla disciplina dei consumi..13 persone erano rimaste ferite per l’esplosione di ordigni..la prostituzione aveva messo radici” (a Portoferraio va “forte” una casa clandestina frequentata pure dagli ufficiali americani). “Il Governo Militare Alleato annunciava severe misure contro coloro che , giudicando insufficiente la razione giornaliera di pane , minacciavano i panificatori o fomentavano disordini; il giornale “Elba” auspica una tregua fra le forze politiche . “Ci sono in giro tali e grossi problemi..che molti, a ragione, trovano strano che le diverse sezioni dei partiti stiano a guardarsi in cagnesco..mettetevi, mettiamoci, dunque, d’accordo..” Concludendo, poi, che .”..il primo mattone per iniziare l’auspicata costruzione della bonifica morale dell’uomo è uno solo: il pane”. Quali alternative agli altiforni? La cementeria, si rispondeva, dove avrebbero potuto incrementarsi attività collaterali con prodotti made in Elba da trasportare in continente. “A Portoferraio- si legge sulla stampa cittadina -e precisamente allo Schiopparello, si trovano ingenti giacimenti di Eurite che parte per la destinazione Milano o Cremona alle Ceramiche Riunite ed alla ditta Ing. Sala per la lavorazione di porcellane: perché non potrebbe sorgere qui una di dette lavorazioni? A Portoferraio, e precisamente a Capobianco (alle Ghiaie) esiste un giacimento che tutti possono vedere di pietra bianca dalla quale potrebbe essere estratto il vetro verde per damigiane, fiaschi, bottiglie, pavimentazioni in vetro, isolatori per bassa ed alta tensione ecc. Non potrebbe essere preso anche ciò in considerazione per una vetreria”? Si apre il dibattito sul futuro della nostra economia. Val la pena di riportare alcuni avvenimenti significativi. Il 19.8.44 gli Alleati avevano designato sindaco di Portoferraio il dott. Alessandro Bellini che, esclusa la riattivazione degli altiforni, e ancora in forse l’attività della Cementeria, crede che la rinascita debba iniziare dall’Agricoltura, mentre c’è chi (Regolo Rabajoli), oltre a ipotizzare la ripresa della marineria, agricoltura e viticoltura, miniere comincia a veder lontano (“..questo nuovo domani dovrà pure basarsi ..sopra una più concreta messa in valore dell’Elba turistica, balneare e climatica per cui da anni noi, in Riviste scientifiche e giornali, richiamammo l’attenzione di tutta Italia”). Si confrontano le opinioni. Giandomenico Bigeschi ritiene necessario, che gli agricoltori, riunitisi nel Comitato Comunale di Agricoltura sotto l’egida del CLN possano “mettere in moto una macchina poderosa per la tutela dei loro interessi, per l’inizio della ripresa della nostra Isola e per la rinascita dalle rovine morali e materiali che ci circondano”. Mario Bitossi è anche lui inizialmente convinto che “il sano lavoro dei campi” darà presto buoni frutti e “..biondeggeranno le messi che daranno il pane, dolce sudore della fronte” (2-continua)


comizio ilio barontini

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