Torna indietro

Controcopertina: I compiti della sinistra, una ma da unire

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 11 novembre 2007

Caro Sergio a proposito dell’incontro di giovedì sera, mi vengono in mente alcune considerazioni che vorrei mettere a disposizione, come contributo alla discussione in atto a sinistra. La grande partecipazione è certamente un segnale di quanto sia diffuso tra le persone di sinistra, quel senso di unità e di ricerca di una nuova casa comune, che per quanto mi riguarda rappresenta l’unica prospettiva credibile, per scongiurare il rischio di una scomparsa dal panorama politico nazionale della parola sinistra. Un senso di unità che, mi è parso di capire, va molto oltre rispetto alle timidezze e alle incertezze che spesso emergono nei gruppi dirigenti delle forze della sinistra, sia a livello nazionale che a livello locale. Occorre partire da un dato che non può essere sottovalutato a sinistra, mi riferisco alle elezioni primarie che si sono svolte il 14 Ottobre scorso e che hanno dato vita ad un nuovo (almeno nel nome) soggetto politico: il Partito Democratico. Tre milioni e mezzo di persone hanno manifestato la loro volontà di accelerare lungo un processo di semplificazione del quadro dei partiti del centro sinistra. La grande partecipazione è certamente un buon segnale per la nostra democrazia, una richiesta di politica che non deve essere sottovalutata anche da chi, come noi, si colloca all’interno di un altro progetto. La nascita del PD determina uno sconvolgimento totale nel quadro tradizionale dei partiti che hanno dato vita all’Unione. Si viene a creare un partito di centro, dal profilo moderato, un partito probabilmente non più completamente laico e che non avrà più come riferimento il mondo del lavoro. Ciò provocherà inevitabilmente l’apertura di un vuoto politico a sinistra di questo nuovo soggetto, che deve essere riempito. Da qui l’obbligo per le tante sinistre sparse e per quei soggetti (partiti, movimenti, associazioni e singoli) di rimettersi in discussione, di avviare (e lo stiamo facendo) un progetto di riunificazione, sulla base di tempi e di modalità ancora da definire, che deve partire dal basso e deve essere incentrato sui contenuti, sulle idee, sulle cose da fare. In questo senso non dobbiamo seguire l’esempio del PD, che ha proposto questo progetto a prescindere dai contenuti, devo dire assai confusi ed elusivi, rispetto a tutta una serie di temi assai importanti, come la difesa della laicità dello stato o la precarietà. Seppur molto partecipato mi è sembrato un progetto, per certi versi calato dall’alto, dove i cittadini sono stati chiamati a votare su decisioni e scelte fatte dalle segreterie dei partiti. Lo dico senza fare polemica, ma credo che la sinistra debba saper offrire qualcosa di diverso anche sotto questo profilo. Un altro dato da cui partire è la manifestazione del 20 Ottobre, che non è stata messa in piedi per protestare contro il governo, ma per chiedere il rispetto del programma dell’Unione, sottoscritto da tutte le forze politiche e votato dagli elettori. Quel milione di persone che ha manifestato per le strade di Roma, ha chiesto unità, una richiesta rivolta in modo particolare ai gruppi dirigenti delle tante sinistre sparse e che non può essere elusa. Credo che la sinistra abbia oggi l’occasione storica, non solo di riempire quel vuoto che inevitabilmente si aprirà non appena il PD muoverà i primi passi, ma anche di recuperare quei cittadini delusi dai partiti e che ormai da anni si tengono accuratamente lontani dalle urne elettorali. Possiamo recuperare questo dissenso solo attraverso un percorso unitario, costruito sulla base dei contenuti, che deve puntare in modo ambizioso alla creazione di un nuovo progetto per la società italiana, anche da un punto di vista culturale. Se guardo indietro alla prima esperienza di governo dell’Ulivo ( mi riferisco in modo particolare dal 1998 in poi), secondo me se c’è stato un fallimento del centro sinistra è stato anche di tipo culturale. Non abbiamo saputo elaborare e offrire all’Italia un’idea nuova di società, un progetto di paese nel quale riconoscersi; il più delle volte ci si è limitati a rincorrere le ricette della destra. Oggi la situazione mi sembra che non sia molto dissimile da quella del ’98, un po’ per i numeri risicati, un po’ per la mancanza, in certi settori (centro), della volontà politica di cambiare le cose. Il governo attuale mi sembra in ritardo su molte questioni anche importanti. A distanza di un anno e mezzo dalla vittoria elettorale non è ancora stata varata una legge sul conflitto d’interessi (nemmeno se ne parla), anzi il neo segretario del PD in una delle sue prime uscite, ha addirittura proposto una riforma costituzionale che punti ad un rafforzamento dei poteri del Premier. Iniziativa sacrosanta, in un contesto normale, ma che nel nostro paese ci fa correre il rischio di ritrovarci nuovamente come primo ministro, l’unico monopolista delle televisioni presente nel panorama occidentale, con addirittura più poteri rispetto alla volta precedente. Poco è stato fatto anche rispetto a quella che sta diventando una vera e propria piaga, ossia il tema della precarietà; le stime ci descrivono uno scenario all’interno del quale due terzi del lavoro è precario, un terzo è stabile, una situazione che è esattamente l’opposto di ciò che avviene nel resto dei paesi europei. La precarietà come dimensione di vita, questa è la nuova frontiera per molti giovani italiani, ai quali viene deliberatamente tolta la possibilità di guardare al futuro, se non con serenità, almeno con un po’ di dignità. Per questo molte nuove generazioni rinunciano a fare famiglia, a mettere su casa, preferiscono restare all’interno del nucleo familiare d’origine, che oggi rappresenta il vero sistema di ammortizzatori sociali. Quanto alla difesa del principio irrinunciabile della laicità dello stato e delle istituzioni, in Spagna è diventato uno dei capisaldi dell’azione di governo di Zapatero, da noi sembra una questione di scarsa importanza. Di fronte a tale questione i partiti tradizionali appaiono deboli ed è anche per questo che per molti non rappresentano più un punto di riferimento, un esempio da seguire. Viviamo in una società molto confusa e disorientata anche da un punto di vista culturale e tali difficoltà vengono percepite in modo preciso dalle gerarchie ecclesiastiche che sfruttano la debolezza dei partiti, per mettere al centro la chiesa, come unica, credibile agenzia di formazione, valoriale e di principio. Non possiamo pensare che il PD conduca una battaglia a difesa del principio della laicità dello stato, la presenza al suo interno di influenti correnti che risultano essere completamente appiattite sulle posizioni delle gerarchie ecclesiastiche, allontana questa prospettiva, dunque è qui che si apre un altro spazio di manovra politica per la sinistra che verrà. Un nuovo soggetto politico della sinistra dovrà poi, almeno secondo me, rimettere al centro della propria agenda politica la cosiddetta “questione morale”. Oggi non esistono più i comportamenti politicamente scorretti o inopportuni, o almeno vengono definiti tali, solo dopo che sono stati sanzionati penalmente e in modo definitivo. Se nel passato si diceva che non si doveva dubitare nemmeno della moglie di Cesare, oggi siamo arrivati al paradosso per cui bisogna aspettare che Cesare stesso, non la moglie, venga condannato con sentenza definitiva prima di potersi dissociare politicamente dal suo operato! Recuperare, come dicevi te l’altra sera nel tuo intervento, quel sentirsi “diversi”, quella volontà di operare politicamente cercando di essere un buon esempio da seguire. Su questi temi vi è secondo me la possibilità concreta di mettere in piedi un progetto che sia in grado di riformare in modo radicale la società italiana, di qualificare la proposta della sinistra, nonché di rilanciare l’azione di governo. Dunque partiamo dal basso, allarghiamo il più possibile la partecipazione, buttiamo giù porte e finestre, confrontiamoci sulle idee, sui contenuti, cerchiamo di superare tutte quelle diffidenze e divisioni che si sono create a livello locale, rispetto a situazioni contingenti. Il percorso che si presenta davanti a noi me lo immagino come un viaggio in mare aperto, dove ciascuno di noi deve rinunciare con generosità ad un po’ del suo (senza abiure), per andare alla ricerca di ciò che ci unisce piuttosto che di ciò che ci divide. Personalmente mi appassionano ben poco i cartelli elettorali, le federazioncine e tutte le altre improbabili soluzioni, resto a favore di soluzioni più nette, fatte con i tempi giusti ma che siano quelle. Oggi credo che sia un preciso dovere da parte dei gruppi dirigenti della sinistra, di dare risposte chiare alle richieste di unità che provengono dai suoi elettori, non possiamo permetterci di tradire nuovamente quella speranza di rinnovamento della sinistra che è molto più diffusa di quanto i partiti attuali riescano a percepire.


cristiano adriani testina 1

cristiano adriani testina 1