Si è aperto un interessante dibattito a seguito del preannunciato ed ormai certo superamento della Comunità Montana. E’ un’occasione per tutte le forze politiche Elbane per riflettere sulle esperienze finora fatte e di esse farne tesoro per individuare una nuova stagione istituzionale che porti ad una semplificazione istituzionale democratica, capace di accorciare la distanza tra governati e governanti e di più forza realizzativa. Non c’è bisogno, né d’ammucchiate, né isolazionismi istituzionali, ma di ripristinare e valorizzare il ruolo dei Sindaci e dei Comuni come enti di cui se ne deve riconoscere, come vuole la Costituzione Repubblicana, l’autonomia e la capacità di rappresentanza e d’autogoverno, anche nelle forme associate e collaborative legalmente previste. Tutti gli altri enti operanti nel territorio, che non siano diretta espressione del Comune, dovranno rapportarsi a questa realtà se vorranno avere con il territorio un rapporto condiviso e partecipato. Nella C.M., con il tempo, si sono sommate due esigenze istituzionali: la prima quella riconducibile alla natura delle Comunità Montane, per contrastare l’abbandono ed il degrado con politiche di sviluppo sociale ed economico e con relativi finanziamenti. L’Elba ebbe la fortuna, per la presenza del complesso montuoso del monte Capanne, di rientrare nei parametri di montanità di allora. Non dimentichiamo che quella era anche una risposta al venir meno della Cassa del Mezzogiorno e dell’EVE prima. Il venir meno della Comunità Montana non dovrà voler dire che si debba rinunciare alla necessaria attenzione da parte dello Stato centrale e della Regione alle condizioni materiali e di vita relative alle isole minori. L’ANCIM, come associazione, rappresenta questa realtà e tramite essa sarà possibile assicurare quegli interventi finanziari e legislativi necessari a garantire a queste popolazioni parità di condizioni di vita e di sviluppo. A questa funzione specifica della C.M. si è aggiunta quella di natura complessiva di governo del territorio Elbano, come superamento e sviluppo dell’ambito Comunale troppo frammentario e disomogeneo. Ciò è avvenuto talvolta con delle forzature politiche gestionali da supercomune o piegature di parte, secondo logiche partitiche e di schieramento, che hanno finito per contrapporre, non solo gli schieramenti, ma anche le amministrazioni comunali, alimentando un immobilismo inconcludente sul piano delle politiche comprensoriali. Questa funzione di coordinamento intercomunale che avrebbe dovuto assolvere la C.M. è cresciuta man mano che, crescendo l’economia Elbana e la complessità dei bisogni e delle domande sociali delle popolazioni e del territorio, si è reso sempre più evidente il bisogno di risposte di governo non più sostenibili dai singoli Comuni. E questo, non solo per una gestione dei servizi idonea più efficiente e a minor costi, ma per agevolare lo sviluppo e l’omogeneità nelle condizioni di crescita economica, infrastrutturale: pensiamo alla pianificazione strutturale, alla regolamentazione urbanistica, alle tutele ambientali, alle regolamentazioni delle concessioni demaniali, alle infrastrutture portuali e viarie, alla scuola, alla sanità, ecc. Oggi i Comuni da soli non sono in grado di governare e di dare risposte convincenti e praticabili. E’ necessario e fondamentale che essi realizzino quelle forme istituzionali associate in un ambito di governo appropriato che è quell’intercomunale, Elbano per intenderci. Tutte queste forme si fondano però sui Comuni che sono considerati i legittimi e veraci rappresentanti degli interessi delle comunità locali e dei Sindaci che, non dimentichiamolo mai, sono i diretti rappresentanti istituzionali, perché eletti direttamente dai cittadini e senza la mediazione partitica (e per il futuro si spera sulle primarie). E’ ad essi che la legge affida il compito di “governare”, cioè risolvere concretamente e positivamente i problemi dei cittadini, sulla base del consenso diretto ricevuto. E sono loro che hanno il polso della situazione, nel bene e nel male. Sono loro che possono e devono assumere le decisioni e le scelte di governo che riguardano le loro comunità. E’ impensabile che i Sindaci possano rinunciare a questo ruolo, ne accettare che altre figure sostitutive e non delegate da essi, possano sostituirsi ad essi nelle decisioni. I Sindaci possono delegare nelle proprie giunte e nelle eventuali giunte dell’ente comprensoriali quelle funzioni che ad essi competono senza però rinunciare alla loro funzione assegnatagli dagli elettori e non è valida la tesi che essi devono fare altre cose: che cosa se non queste? Oggi fare il Sindaco all’Elba vuol dire esercitare questo ruolo su due livelli, locale e comprensoriale, dove risiedono le funzioni di governo, assegnate in capo a loro, anche se delegate a persona di loro fiducia, non nominata dai partiti o su loro dettatura. Il futuro organo esecutivo del futuro organo associativo comprensoriale, dovrà prevedere la presenza dei Sindaci o di loro delegati. E’ questo l’equivoco sul quale non è riuscita a maturare all’Elba una visione complessiva di governo dell’isola. Chi pensasse ancor oggi di gestire queste forme intercomunali escludendone i Sindaci, o discriminandoli secondo le maggioranze politiche di schieramento, o imponendo visioni politiche del vincitore di turno, ripercorrerebbe gli errori fin qui fatti, che hanno pesato negativamente sulla capacità realizzativa del sistema attuale di governo all’Elba, basato più che su di una collaborazione istituzionale su una contrapposizione, se non competizione a primeggiare, senza risultati tangibili.
antonio galli sindaco campo nell'elba