Il Cordoglio di Kutufà per la scomparsa di Pietro Scoppola Il presidente della Provincia di Livorno Prof. Giorgio Kutufà appresa la notizia della scomparsa del senatore Pietro Scoppola, ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia nel quale ricorda la figura di importante studioso, animato da grande passione civile. Il presidente ha, inoltre, ricordato la partecipazione del senatore Scoppola al convegno, svoltosi lo scorso anno a Palazzo Granducale, dedicato alla figura dell’onorevole Gianfranco Merli, suo amico, con il quale aveva collaborato alla rivista più significativa dei cattolici sociali. In quella occasione il sen. Scoppola aveva ribadito il suo impegno nella costruzione del Partito Democratico. Nunzio Marotti: Stimolo alla riflessione per credenti e non credenti Caro direttore, approfitto della disponibilità di Elbareport per ricordare Pietro Scoppola, morto oggi (ieri ndr) a Roma. Le sue lezioni, i suoi testi, i suoi articoli sono stati per anni stimolo alla riflessione di credenti e non credenti. Docente universitario e storico, i suoi interessi sono stati soprattutto nel campo dei sistemi politici, del movimento cattolico in Italia e dei rapporti fra Stato e Chiesa. Ha sempre creduto e si è impegnato in favore della laicità e del dialogo fra culture diverse. E’ stato fortemente impegnato nella costruzione dell’Ulivo, prima, e del Partito democratico, poi, mai facendo mancare il suo contributo lungimirante, libero e critico. Come storico, rispondendo ad uno studente circa il ruolo della Chiesa nel Novecento, soprattutto nei confronti di nazismo e fascismo, diceva: “La famosa discussione che si fa sull'olocausto: i silenzi di PIO XII di fronte alla shoah eccetera. Non c'è dubbio che la chiesa ha giocato per lungo tempo come un elemento, come dire, d'ordine, nella società contemporanea, elemento che ha garantito l'ordine, la continuità e che ha avuto anche momenti di ambiguità nel suo rapporto con i regimi autoritari. Si è illusa che i regimi autoritari potessero essere strumento di restaurazione di un ordine cattolico, di un ordine morale. Questo c'è stato. Per quanto riguarda il problema della shoah la questione è più complessa. Pio XII ha ritenuto che un atteggiamento prudente, diciamo pure politico e non profetico, recasse minori danni e si è mosso su questa linea. Noi possiamo viceversa oggi dire che una denuncia profetica dello sterminio degli ebrei avrebbe avuto un significato universale e permanente di gran lunga superiore. Il problema rimane aperto. La situazione cambia con il Concilio Vaticano II. E cambia in ragione, - ecco questa è una cosa molto delicata, difficile da dire - del recupero, da parte del mondo cattolico del senso escatologico del Cristianesimo. L'escatologia cristiana era stata ridotta, quand'io ero ragazzo e ci insegnavano il catechismo, l'escatologia cristiana era ridotta ai nuovissimi, quello che accade dopo la morte al singolo. Oggi l'escatologia cristiana è l'annuncio di un evento, l'evento cristiano, che già oggi, che già ora segna la storia e la modifica e introduce nella storia elementi di tensione profetica verso il futuro, già ora e non ancora. Quindi la escatologia cristiana fa del Cristianesimo un elemento propulsivo. Il recupero di questo motivo profondo, ecclesiologico, teologico, dell'escatologismo cristiano fa del Cristianesimo elemento propulsivo di un processo storico e non più, come ai tempi dei Papa-re, dei Papa legati ai poteri assoluti, un elemento di garanzia del potere costituito; Ecco questo è un cambiamento. In fondo i viaggi di Giovanni Paolo II nel mondo, questo annuncio continuo di esigenze, di frontiere nuove della solidarietà umana, perché questo rappresentano questi viaggi è un po' il segno di questo cambiamento di contenuto, di segno, questo cambiamento profondo nel ruolo che la chiesa svolge sul piano storico”. E ancora, a chi chiedeva indicazioni su come affrontare lo studio della storia, rispondeva: “Attenti a evitare le semplificazioni, i giudizi che pretendono di chiudere una realtà estremamente complessa, contraddittoria, ricca di umanità, ma al tempo stesso piena di orrori, di devastazioni, di episodi devastanti, dal punto di vista dei valori umani, attenti a non chiudere questa realtà in un giudizio unificante, di condanna o di assoluzione. La storia non condanna e non assolve. La storia vuole capire, capire che cosa è successo. E capire significa, capire che cosa siamo oggi ed essere più liberi rispetto al futuro. Perché solo se noi capiamo fino in fondo che cosa è stata la shoah, e per quali ragioni perverse è potuta nascere l'idea di sterminare un popolo, solo se lo capiamo nel profondo, siamo liberi dalla tentazione di ricadere nella perversa logica del razzismo. Ecco capire il passato è strumento, condizione di libertà verso il futuro. Quindi è motivo di speranza. Ma allora come si spiega il fatto che ci sia ancora gente che tuttora continua a perseverare in queste idee? Perché non studia e non capisce”. Come cattolico scrisse un articolo (Repubblica del 9 aprile 2005) dopo la morte di Giovanni Paolo II in cui rifletteva sull’ “ossessione mediatica dei giorni della malattia” e sulla grande partecipazione ai funerali del papa. Lui invece era andato a Messa nella sua parrocchia, quasi deserta. E, convinto che la Chiesa “è una forza debole” scriveva: “Mi pare che lo spazio della coscienza, del rapporto interiore con il mistero di Dio, sia l´antidoto alla tentazione di trasformare una manifestazione di fede, spontanea, bella e vissuta, di popolo, in un segno di potenza. Questa manifestazione di popolo c´è stata e ne sono stato anch´io affascinato e coinvolto, anche se solo attraverso uno schermo televisivo. Ma la tentazione della Chiesa mi sembra, oggi, quella di affidarsi alla forza che Wojtyla le ha assicurato, di affidarsi alla comunicazione mediatica dimenticando l´ascolto e il rapporto diretto con gli uomini del nostro tempo, come condizione dell´annuncio. La manifestazione trionfale in San Pietro è anche una grande sfida per la Chiesa di domani”.
Pietro Scoppola