Caro Direttore, l’“A sciambere” di domenica mi trova d’accordo su molte cose, e in disaccordo su una; e malgrado una precedente decisione contraria, intervengo anch’io sulla questione Gattaia. Credo sia utile distinguere due aspetti: una cosa è il “salvataggio” di quel manufatto esteticamente non pregevole, come con altre parole dice il tuo corsivo; altra cosa è il riutilizzo delle superfici e dei volumi esistenti. Mi spiego. Il salvataggio è certo una cosa insensata, e non c’è bisogno di spiegarlo, a meno che sotto quel che si vede non si celi altro che non si vede e che l’Autorità competente (Soprintendenza) non avrà mancato di segnalare. Ma credo che una qualche riflessione si debba fare anche sulla demolizione tout-court in nome del ripristino della purezza di linee della fortificazione cui la Gattaia è appoggiata, del recupero della leggibilità del complesso ecc., come è stato autorevolmente sostenuto anche da stimatissimi lettori di “Elbareport” (intanto, per vedere i bastioni, taglierei le querce cresciute a dismisura sotto la Porta a terra, e le sostituirei con piante più contenute). Il problema, infatti, non riguarda solo la Gattaia, e neppure la Gattaia per prima. Se infatti si volesse recuperare la leggibilità delle fortificazioni cinquecentesche, vorrei cominciare da ben altra parte: la splendida villetta costruita proprio di fronte all’ingresso del Forte Stella, o gli edifici sulle pendici dei bastioni del Falcone dalle parti di via Ninci e via Marconi, o alle spalle della calata Foresi, per non parlare della scuola della Finanza e del recupero del fossato che metteva in comunicazione la darsena con le Ghiaie, e drenava il golfo quando c’erano i venti di nord –e dio solo sa se non ce ne sarebbe bisogno!–. Le città crescono e si modificano, e la cura deve applicarsi alla qualità complessiva, conservando le testimonianze del passato quando siano pregevoli –e ci sono le Istituzioni a garantirlo–, ma anche arricchendole con quelle che nel futuro possano essere assunte a testimonianze della cultura presente. Non concordo, ad esempio, con la denigrazione sistematica del “grattacielo” e del “residence” in calata Italia: sono edifici che rappresentano un momento della cultura urbanistica italiana, e ne propongono una lettura che non è possibile liquidare sommariamente sulla base di un presunto contrasto con Cosmopoli: non mi pare che le case di piazza Virgilio o lungo via Manganaro o viale Elba o viale Manzoni siano particolarmente più omogenee; e in una superficie contenuta come un’isola costruire verso l’alto –ora che le tecnologie lo consentono– può essere assai più razionale che occupare estensivamente il suolo con piccole costruzioni e un impatto ambientale micidiale. Non importa scomodare lo “scandalo” della Piramide del Louvre, o del Beaubourg, a Parigi; o la City di Londra, o la ridefinizione di Barcellona o di Lisbona; e forse le diverse proporzioni rendono impossibile il confronto. Ma proprio la crescita di Portoferraio nella parte alta, e i ricordati edifici ai piedi del Falcone ci dicono che è possibile non imbalsamare la città in un momento “ideale” (o ideologico), assicurando però una qualità formale e culturale dei nuovi edifici che è davvero la scommessa vincente. Tornando alla Gattaia, allora, il problema non è quello di “salvare” una cosa di nessun pregio, ma di progettare ex novo al suo posto una struttura di qualità, di valore culturale, che consenta la riutilizzazione di superfici e volumi per i servizi alla comunità, che ha la proprietà degli edifici: alla quale corrisponde un valore patrimoniale rilevantissimo, la cui perdita (anche parziale) sarebbe difficile da giustificare. Altra questione è il trasferimento provvisorio, definitivo o quant’altro dei nuovi volumi alla Provincia, solo perché si dà carico delle spese per la ricostruzione. Ancora una volta credo che il problema vada affrontato nella sua complessità: la Gattaia non è un oggetto in sé, ma un pezzo di città, come gli edifici di proprietà della Provincia in calata Buccari, di cui ha fatto cenno il Sindaco. Quegli edifici sono particolarmente interessanti per Portoferraio, affacciati come sono, nella parte opposta alla Darsena medicea, su uno spazio che potrebbe essere riprogettato per corrispondere alle necessità della comunità, ad esempio creandovi delle infrastrutture da dedicare ai giovani che da anni ne fanno richiesta, accanto ad attività ostensive o convegnistiche o di intrattenimento, ecc. L’Amministrazione comunale valuti nel complesso il riutilizzo di tutti i volumi disponibili, formulando un progetto unico di trasformazione e di destinazione delle diverse strutture, e dei progetti abbastanza avanzati per ciascuna di esse. Poi, come nel Monopoli, si facciano cambi e compensazioni. Perché se davvero tutta l’operazione Gattaia dovesse avere come solo fine di riscuotere “il plauso della Signora Provincia”, allora anch’io sarei dell’idea di una bella piazzettina…
gattaia - fortezze riproduzione antica