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Controcopertina: Turismo e cambiamenti climatici

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 07 ottobre 2007

Dal dibattito è uscita una pesante denuncia dei pesanti cambiamenti climatici già in atto e delle cause che li hanno determinati. Ne è scaturito un documento finale – da presentare alla conferenza dei governi fissata per il 13 novembre a Londra - che risente negativamente del ruolo dei principali protagonisti dell'economia turistica (compagnie aeree, tour operator e associazioni internazionali del settore) e di un rapporto di forza squilibrato fra paesi sviluppati e aree in via di sviluppo. Si è tenuta nei giorni scorsi a Davos (Svizzera, Cantone dei Grigioni), la Seconda Conferenza Internazionale su Cambiamenti Climatici e Turismo convocata dal'UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo), in collaborazione con UNEP (Programma ONU per l'Ambiente) e WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale). L'importante appuntamento ha visto la partecipazione di rappresentanti di 108 nazioni e 20 organizzazioni internazionali. Uno degli obiettivi principali della conferenza era l'esame degli effetti dei cambiamenti climatici e sulla situazione ambientale e turistico - economica dei vari paesi del mondo. La Conferenza era organizzata per tavoli di lavoro con il compito di esaminare le situazioni generali e poi gli aspetti territoriali, grazie anche alla presenza di mediatori e facilitatori delle più prestigiose università del mondo (Oxford, Cambrige, Waterlo ecc). Esperti e rappresentanti governativi hanno illustrato le situazioni di diversi paesi che – a quanto si è appreso – sono già di fronte ad effetti drammatici del cambio climatico quali temperature più alte e innalzamento del livello degli oceani, compromissione delle barriere coralline, maggiore violenza dei cicloni, perdita di biodiversità come alle Maldive, alle Seychelles, alle isole Fjgj, a Palau, in Australia, in Indonesia, Santo Domingo. Gli effetti di tali cambiamenti si fanno sentire anche in Europa spostando di circa 300 metri l'altitudine alla quale si conserva la neve per le piste da sci nelle regioni montagnose dell'Italia, della Svizzera, dell'Austria, della Germania e della Francia, con il dilagare conseguente del ricorso all'innevamento artificiale. Da parte di tutti, esperti e intervenuti nel dibattito, c'è stata unanimità sulla presa d'atto che il cambiamento climatico è in atto e che le attività antropiche (e fra queste anche il turismo) ne sono la causa principale. Più complicata la discussione sulle azioni da intraprendere per rallentare questi fenomeni da parte dei massimi protagonisti di queste azioni, intervenuti nella seconda parte della conferenza per spiegare cosa intendano fare per invertire la tendenza in atto o, perlomeno, tentare di evitare un aggravamento della situazione descritta da ricerche e studi degli esperti delle università di tutto il mondo. Il tema posto con forza e ripetutamente dalla dirigenza dell'Organizzazione Mondiale del Turismo e soprattutto dalla platea, è stato individuato in: a) riduzione delle emissioni di gas serra derivanti soprattutto dalle attività inerenti i trasporti; dal modo in cui sono organizzate le destinazioni e le strutture turistiche (accomodation); b) quali sono gli adattamenti possibili delle destinazioni e delle attività turistiche di fronte ai cambiamenti climatici; c) come garantire l'applicazione delle tecnologie esistenti e nuove per migliorare l'efficienza energetica; d) come organizzare l' aiuto a regioni a paesi poveri attraverso sicure entrate finanziarie. Messi di fronte a questi obiettivi lodevoli e perfino ovvi, grandi Tour Operator come la TUI/TOMSON, l'Aurincomatka e la stessa TOI, grandi catene alberghiere come ACCOR, compagnie aree come l'AIR FRANCE, il Consiglio Internazionale degli Aeroporti, l'IH&RA (Associazione Internazionale degli Alberghi e Ristoranti); lo stesso World Economic Forum, hanno recitato ognuno la loro parte cercando di minimizzare le proprie responsabilità ed attribuire ad altri quelle maggiori. Questo di fronte ad una discussione animata soprattutto dai paesi terzi dell'America Latina e dell'Africa che rifiutavano le soluzioni di immagine ("Green-washing") e chiedevano un confronto con le loro realtà di paesi in via di sviluppo. In molti hanno espresso dapprima perplessità per il sottrarsi di giganti delle attività turistiche, indi timori per il loro futuro e infine la vera e propria protesta per come - anche nel cambio di clima - emerge lo stabilirsi di rapporti che lasciano trasparire nuove forme di colonialismo verso paesi in via di sviluppo a cui si propone come principale sistema di uscita dalla povertà, il turismo, dichiarandolo ovviamente "sostenibile" secondo i propri parametri e limitandosi ai consigli. L'impressione netta che si è avuto è che ci si ancori a vecchi sistemi cercando di modellarli sugli inevitabili cambiamenti climatici, senza cercare un nuovo modello e soprattutto che si spingano i paesi in via di sviluppo a fare altrettanto. Si tratterà di vedere ora come si potrà procedere verso il summit dei governi fissato per il 13 novembre prossimo a Londra in occasione del World Tourism Travel. La dichiarazione di Davos presentata alla fine dei lavori non lascia ben sperare: troppo generica, piena di buone intenzioni ma priva di mordente. L'ultima annotazione riguarda l'Italia. Assente sia il Governo Nazionale che la Conferenza delle Regioni che come noto detiene la responsabilità del turismo a norma della Costituzione. Erano presenti alla conferenza anche Luigi Rambelli, Presidente Nazionale di Legambiente Turismo e Chairman della VISIT Association Europa e Paola Fagioli, Responsabile Qualità dell'Associazione intervenuta nel dibattito plenario illustrando le iniziative di Legambiente e di VISIT per quanto riguarda la qualità delle destinazioni di vacanza e delle strutture ricettive e turistiche. In questa occasione Legambiente Turismo in qualità di socio, rappresentava anche l'AITR (l'Associazione Italiana Turismo Responsabile).


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