Sulla vicenda della Gattaia è necessario fare un po’ di chiarezza, anche perché il fiume di parole in libera uscita di questi giorni non aiuta i cittadini a capire. Innanzitutto vorrei inquadrare correttamente il rapporto con la Provincia di Livorno. Quando il Comune è riuscito finalmente ad acquistare il bene dalla Marina Militare (gennaio 2007) si è pensato subito ad un percorso comune, un percorso doppiamente virtuoso, perché il Comune poteva a quel punto concretizzare il sogno di creare all’ingresso della città un contenitore strategico dal punto di vista promozionale, turistico e culturale a costo zero, la Provincia di entrare nel progetto attivamente, procurando le provvidenze finanziarie, realizzando l’opera e trasferendovi la sede dell’Agenzia per il Turismo, collocata attualmente in una posizione a dir poco infelice. E’ bene precisare subito che chi ha parlato di un contenitore “burocratico”, di trasformazione di un bene storico in semplici uffici, di svilimento della vocazione dell’area ha detto qualcosa di assolutamente impreciso, tant’è che fin dai primi incontri con la Provincia emerse con chiarezza che gli uffici amministrativi veri e propri avrebbero occupato circa un settimo dei volumi complessivi, essendo il resto destinato a sala conferenze, front-office, u.r.p., servizi per l’approdo, show-room, book-shop etc., con una forte condivisione del percorso gestionale da parte del Comune e con una sua importante presenza all’interno della struttura. Il Comune avrebbe mantenuto per sempre la proprietà dell’immobile ristrutturato, avrebbe deciso ed approvato il progetto di recupero e avrebbe ovviamente contribuito a determinare ogni aspetto del suo utilizzo, con una apposita convenzione fra Enti. Certo se si vede nella Provincia di Livorno l’invasore da cacciare, il nemico da combattere, qualsiasi ragionamento di buon senso va a farsi benedire; ma tutto questo non può e non deve appartenere alla nostra cultura politica ed istituzionale. D’altro canto chi spara a zero dovrebbe dire almeno cosa ci farebbe di alternativo, con quali disponibilità finanziarie, con quali tempi di realizzazione. Chi ci ha detto almeno la prima di queste tre cose, non è apparso peraltro molto convincente: davvero si pensa di poter realizzare in poco più di 500 mq. potenziali (ottenibili peraltro solo tramezzando con due solai l’immobile più grande) un acquario? Con i locali tecnologici e la stazione di pompaggio, le vasche, i locali per le dotazioni di sicurezza, un minimo di front-office e di back-office? Con quali costi, realizzativi e gestionali, poi, e con quali potenzialità di ricavo? Affidandolo a chi? Evidentemente ad un investitore privato, poiché il costo di una simile opera sarebbe insostenibile per il pubblico. Ma per quanti decenni, allora, dovendo ammortizzare l’investimento? E, soprattutto, con quale ritorno per la città? Già, perché la Gattaia deve essere il biglietto da visita di Portoferraio, deve avere terrazze all’aperto coperte con strutture leggere per manifestazioni estive, deve diventare un potenziale punto d’ingresso delle Fortezze, magari con un ascensore, che si può anche non realizzare subito, ma per il quale bisogna immaginare la disponibilità di spazi futuri. Con la Gattaia dobbiamo stimolare i turisti ad entrare in centro, a visitare i nostri beni storici, dobbiamo spiegare le peculiarità del nostro territorio. Come si concilia tutto questo con l’acquario, anzi con la vasca per i pesci? Qualcun altro dice l’A.P.T. mandiamola al Coppedè. L’idea non è peregrina, ma richiederebbe 4-5 anni di tempo. Possiamo aspettare tanto per avere una sede della nostra agenzia della promozione turistica che sia anche un biglietto da visita per il turista? E se concentriamo tutti gli sforzi, anche finanziari, sul Coppedè, della Gattaia cosa facciamo, quando l’avremo recuperata, quando potremo usarla per il rilancio del Centro Storico? Purtroppo per i detrattori, il Comune e la Provincia hanno fatto la migliore scelta possibile in rapporto alle circostanze, hanno trovato un percorso rapido e virtuoso per realizzare gli investimenti, hanno immaginato una gestione fondamentale per il rilancio della città, hanno costruito un rapporto fatto di solide e proficue intese istituzionali, hanno lavorato per l’interesse pubblico e contro ogni forma di speculazione privata. Detto in una parola il percorso prospettato è il migliore possibile in rapporto a tutti quelli realisticamente e concretamente praticabili. Tutto il resto è aria fritta o politica senza costrutto. Questo percorso, peraltro, è tutto fuorché concluso: potrà anzi essere migliorato col contributo di tutti. La maggioranza di Portoferraio lunedì sera ha condiviso l’ipotesi di impostazione progettuale e lo schema di protocollo d’intesa; entrambi i documenti andranno plasmati e migliorati ulteriormente per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Giovedì 11 ottobre, con gli assessori provinciali competenti ed i tecnici presenteremo a tutti i cittadini le idee che abbiamo sviluppato. Che però, per favore, si faccia finita con l’essere sempre contro; questa città ha bisogno di crescere, di scegliere, di decidere, di fare. Non si può sempre e solo dire no. Rischiamo altrimenti di cadere nella sindrome di Peter Pan, di autocondannarci a non diventare mai grandi. Che vi fosse una simile necessità lo hanno capito anche le opposizioni in Consiglio Provinciale: il Centro-Destra non ha votato contro lo schema di protocollo d’intesa presentato dalla Giunta, si è astenuto; Rifondazione Comunista ha votato addirittura a favore. Perché a Portoferraio si debba sempre fare in un altro modo, ci sia sempre qualcosa che non va, si debba sempre contestare ogni scelta, resta un bel mistero buffo; certo non aiuta a migliorarci e a crescere. E soprattutto non serve alla città.
peria mani alte