Moltissimi anni fa quando eravamo giovani, vitali e molto più incazzosi, rischiammo una querela definendo “una richiesta da imbecilli” l’invito di un serissimo impiegato pubblico che pareva “Policarpo De Tappetti, Ufficiale di Scrittura” a produrre un certificato di nostra esistenza in vita a completamento di una pratica in virtù della quale lui doveva rilasciarci un permesso. Non riuscivamo a capacitarci come fosse possibile il caso opposto al nostro, cioè che un defunto si presentasse allo sportello dichiarandosi così fraudolentemente vivo per ottenere con l’inganno un beneficio. Ora se non abbiamo capito male quello che ci ha scritto Bruno Paternò è accaduto che una signora tedesca abbia perduto inopinatamente il consorte mentre i due erano all’Elba. Ed è accaduto che all’atto di lasciare l’Elba, presentatasi allo sportello di una nota compagnia di navigazione e cercando di ottenere il rimborso per il biglietto di ritorno già pagato dal coniuge, ed ewvidentemente non fruibile, si sia sentita chiedere il certificato di morte del marito. A parte la totale assenza si sensibilità del tizio, ci viene in mente un parallelo con la nostra antica storia. Mettiamo che la vedova in gramaglie fosse una truffatrice, come sarebbe dovuta andare? Il marito aveva deciso di restare all’Elba, lei doveva tornare, ma un biglietto andava sprecato, allora i due si consultano, lui dice: “Come si fa a non perdere tutti questi soldi?” (Una cifra da mettere sul lastrico un armatore) “Semplice - risponde lei – faccio finta di essere triste e dico che sei morto!” Per fortuna però, a vigilare contro la possibilità che venisse perpetrato un eventuale così turpe raggiro c’era un fido e valoroso impiegato col suo: “Fatemi vedere il certificato!” Che tra i due torzoli protagonisti degli episodi così distanti nel tempo ci sia un rapporto di discendenza o parentela?