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Area Marina Protetta; considerazioni di un biologo marino elbano

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 21 settembre 2007

Vi invio una riflessione "di getto" per non dire di "rigetto" a seguito della lettura dell'opuscolo dell'Acquario di Campo, molto demagogica...Niente di che, ma se può essere utile, Da diverso tempo si sente montare una crescente impopolarità nei confronti della "AMP" ovvero dello strumento (logico e conseguente) di tutela a mare, naturale estensione del Parco dell'Arcipelago Toscano. Se ne parla da oltre 5 anni; in quanto voluto dal precedente governo, non è un progetto di impronta progressista o conservatrice, come è giusto sia la ricerca di regolamenti di protezione dell'ambiente sempre più degradato. Certe diatribe (leggermente capziose) ricordano i grandi dibattiti a suo tempo fioriti attorno alle "zone blu" urbane; oggi ampiamente accettate, anzi caldeggiate dai cittadini stessi. Per tutti coloro che desiderano approfondire tale argomento, rimandiamo alle numerose e vivaci missive ed articoli sul tema, oltre alla bozza presentata dal PNAT. Ma da parte mia, di vecchio frequentatore del mare, non solo toscano, vorrei sottolineare alcuni punti salienti, cercando di giustificare le scelte sin qui portate avanti. - Oggi il mare non è più uno spazio "infinito"; ciò vale per gli oceani di cui possiamo con facilità calcolare biomasse, produttività, temperature, etc a maggior ragione è purtroppo (lo dico con rammarico) vero per il Mare nostrum, ed in particolare per il Tirreno. - Grazie a mappature (civili o militari) il fondale limitrofo alle nostre coste è noto con la risoluzione del metro. Ne consegue che scogli, secche e relitti son sempre lì a portata di mano (detto meglio rete) di chiunque decida di rimuovere le ultime tracce di vita "stanziale" (detta anche bentonica). - La navigazione da diporto utilizza sistemi hardware e software (anche su minuscoli "barchini") che farebbe impallidire qualunque marinaio di solo un decennio addietro. E' quindi fuori di dubbio che tutti sappiano sempre dove sono ("sopra a cosa sono") a che velocità viaggiano o derivano nella corrente! - Se esistono eccezioni a tale norma, ovvero degli educati (residenti e non) marinai che utilizzano remi o piccoli motori per spingersi a totanare lungo le coste tali argomenti non li coinvolgono. Il danno è comunque limitato. - Deve essere comunque assodato che la navigazione "veloce" ovvero ad un tot di nodi, superiore a quello che il buonsenso indica come prudenziale, non si può praticare che ad una certa distanza dalle coste. Ed in particolare dalle punte/promontori che da sempre vengono predilette da pescatori, gitanti subacquei etc. Certo tale problema non si pone per chi usa la vela; ma la nautica da diporto oggi mette a disposizione di chi ne abbia i mezzi, pregevoli manufatti in grado di sviluppare (con motorizzazioni di tutto rispetto) velocità considerevoli. Ebbene tali potenze/velocità verranno espresse dove non nuocciono, né ai bagnanti, né ai naviganti "lento moto" che apprezzano, in virtù della loro pazienza particolari morfologici delle coste che ad altri sono preclusi. Si tratta in pratica di navigare in dislocamento, con rotta tangente alla costa, fino al raggiungimento di 1 Km circa (e credo che nessuno si metterà a discutere sulla reale distanza, bensì sull'atteggiamento tenuto da chi compie tale manova) per poi "dare gas" scatenando tutte le migliaia di cavalli a disposizione…Tale operazione richiede pochi minuti, salvaguarda la sicurezza di tutti, ed evita le fastidiose (talvolta pericolose) onde sollevate da scafi "prepotenti". - Pesci (crostacei o molluschi) non esistono quasi più; sono in particolare rarefatte tutte le specie di scoglio, che rappresentavano quella diversità biologica così preziosa per il Mediterraneo. Parlare di pesca professionale, se non a distanze importanti (2/3 miglia dalle punte) pare addirittura risibile; lo strascico ripetutamente perpetrato su quei quattro scoglietti superstiti è addirittura vandalico e non ammette giustificazioni. Il tramaglio può andar bene, giustamente amministrato. Per cercare di dare un po' di ossigeno alla nostra fauna stanziale forse dovremmo pensare a strumenti quali nasse e palamiti, fortemente selettivi. - Come tutte le attività se reiterate, con mezzi invasivi i risultati sull'ambiente (unica vera risorsa da proporre a turisti assetati di natura) sono lampanti. Se il subacqueo che pratica l'apnea in solitario, non può che essere considerato innocuo, le centinaia di sommozzatori che ripetono lo stesso percorso in zone critiche o delicate sono creatori di grande disturbo. - Buonsenso e cortesia (nei confronti dell'habitat e degli altri umani) sono nozioni che ognuno possiede a livello individuale, ma che talvolta, nella miriade di leggi e cavilli vanno dispersi, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Sensibilizziamo il turista con opuscoli distribuiti sui traghetti; c'è tempo per leggere e meditare. - Una buona normativa, che tenga conto di queste istanze, coniugando necessità di accoglienza, con la salvaguardia di alcuni biotopi particolarmente pregiati non può che essere accettata da tutti coloro che hanno a cuore le nostre isole. Si tratta di individuare 4/5 aree tra quelle già prescelte, collegandole ove possibile con corridoi sufficienti, inserendo le più restrittive all'interno di quelle meno vincolate. Se poi l'osservazione pratica dimostrerà l'efficacia di tali interventi, si potrà pensare ad una loro "turnazione" o espansione. Ad oggi lo Scoglietto (per gli storici vincoli a cui è sottoposto) è uno dei pochi angoli dell'Elba ove è ancora possibile incontrare specie animali di pregio, altrove quasi scomparse. P.G. Adriani (elbano - biologo marino)


Fotosub Tesei 2005 4

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