Uno dei nodi politici che il “nuovo progetto politico” del nascente PD elbano dovrà sciogliere, è quello della cosiddetta semplificazione istituzionale all’Elba. Dietro questa richiesta, che ormai da anni rimbalza sulle posizioni e le cronache politiche elbane, si sono accumulati vari problemi, non tutti però sempre imputabili alla vita ed alla funzione delle istituzioni locali. I Comuni sono stati fatti diventare i capri espiatori di un malcontento diffuso nell’opinione pubblica elbana. Un malcontento che è più rivolto verso i titolari della politica, un’insoddisfazione dei cittadini verso l’immobilismo di alleanze politiche, amministrative, perché divise e litigiose. Un malcontento per la politica in generale, che più che intenta a prendere decisioni sui problemi concreti, a governare si è dilettata ad occupare le istituzioni, non sempre rispettandone le regole e le prerogative. In questi anni ha tenuto banco l’opzione del Comune unico, proprio come risposta surrogata alla crisi della politica e questo ha avuto un suo fascino poiché dava l’idea, sia di una semplificazione istituzionale, di tipo liberista, con meno Comuni, più libera iniziativa e come risposta ai troppi passaggi burocratici, alle troppe regole, ai troppi vincoli, sia come risposta alla troppa, invadente ed inconcludente politica, ai troppi partiti, alle troppe poltrone, ai troppi amministratori, ecc. Questa critica ai Comuni, nasce quindi più dalla crisi della politica e non tanto dalle istituzioni comunali stesse (anche se renderle più efficienti e meno costose è bene porselo sempre come obbiettivo). Queste istituzioni sono soffocate dalle logiche spartitorie e d’occupazione dei partiti, sempre più piccoli e numerosi, delle loro coalizioni, non sempre omogenee e coerenti, fino all’immagine data da una pletora d’assessorati e deleghe, assegnati non tanto per governare, valorizzando, semmai, meriti e competenze, ma per “rappresentare” forze minoritarie e personaggi politici singoli, anche prescindendo dall’effettiva rappresentanza e dal formale consenso elettorale ricevuto. Di esempi ne siamo pieni. L’effetto di questa campagna è stato quello di estraniare queste istituzioni da responsabilità e decisioni su importanti questioni comprensoriali (pianificazione territoriale, servizi ed infrastrutture viarie, trasporti e collegamenti marittimi, portualità, regolamentazione spiagge, ecc.) e ridurle ad un governo dell’immediato e di tipo municipalistico, dove ognuno, a parte i problemi propri di bilancio, ha corso per conto suo cercando di accaparrare per sé quanto era più possibile. Lo scontro bipolare tra centrodestra e centrosinistra si è giocato tutto sulla reciproca delegittimazione democratica a non governare e non sulle soluzioni realistiche ed efficaci ai problemi elbani. Per tutto questo credo che l’opzione del Comune unico ormai sia da abbandonare: perché rimanda ad un tempo indefinito un problema serio come quello legato alla semplificazione istituzionale, rischiando, nel frattempo di delegittimare il ruolo degli otto Comuni elbani, in particolare dei loro Sindaci, sia perché la “rifondazione” di una nuova politica (quella della competizione politica per il bene comune e nel rispetto politico tra i contendenti, ma anche della collaborazione istituzionale) è affidata alla sfida politica lanciata dai DS e dalla Margherita, con la nascita del Partito Democratico. La stessa Comunità Montana, che poteva e doveva potenziare il ruolo di governo dei Comuni in un ambito comprensoriale, è diventata la sede di una pratica della politica dove ha imperato, come regola, la predominanza delle segreterie dei partiti politici, abusando proprio del fatto che in essa i rappresentati ci giungono non direttamente eletti dai cittadini, ma come trasferimento indiretto e quindi sottoposto alle logiche spartitorie dei partiti che in quel momento detengono la maggioranza assembleare. Non solo, ma in questa logica politica, è finita per affermarsi una gestione politica di contrapposizione violenta tra schieramenti che ne ha limitato la possibilità di rapporto collaborativo e condiviso, alimentando, competizioni e contrapposizioni istituzionali. Quest’anomalia democratica ha determinato un disinteressamento e forse riluttanza dei cittadini verso quest’istituzione, nonostante gli sforzi encomiabili degli amministratori attuali, ma ormai considerata dall’opinione pubblica un luogo di compensazione politica improduttiva. Siamo ancora quindi in una fase di confusione istituzionale, sovrapposizione di competenze, una babele politica ed istituzionale. Al contrario una CM riformata, che vedesse i Sindaci alla sua testa, cioè la Conferenza dei Sindaci con il ruolo della giunta, potrebbe veramente assumere, una più alta e democratica capacità decisionale e di rappresentanza unitaria di tutta l’Elba. Questa si che potrebbe essere insieme, semplificazione istituzionale e nuova politica democratica. La Conferenza dei Sindaci, è la forma istituzionale più semplice, unificante e rappresentativa per il territorio elbano. che può ricostruire un rapporto di fiducia saldo con i cittadini e la società elbana e che toglierebbe alibi a quegli amministratori che, per ragioni di parte, giustificano il loro separatismo ed isolazionismo.
antonio galli sindaco campo nell'elba