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HUGO PRATT Il desiderio di essere inutile Ricordi e riflessioni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 21 agosto 2007

E’ la fine degli anni sessanta quando Corto Maltese fa la sua prima apparizione, incatenato in mezzo al mare come il Giuda della Navigatio Sancti Brandani (definizione di Umberto Eco). “La Ballata del Mare Salato” è finalmente il successo per Hugo Eugenio Pratt (1927-1995), un uomo che ha vissuto la sua storia come un lungo, ininterrotto viaggio ovunque l’ispirazione lo portasse, sulla tracce di personaggi leggendari, poeti o condottieri, ma anche amici, oppure il padre. Con curiosità e gratitudine verso il mondo per le infinite opportunità di partire, di confrontarsi con altri artisti o puttane, pescatori o sciamani, ogni destinazione non è mai casuale. Un sogno senza confini si materializza nelle tavole, a volte nel tratto non definito di albe e tramonti lungo l’equatore. Realtà e fantasia si intrecciano trasformandosi nella privilegiata possibilità di crearsi un pretesto per scoprire e per disegnare; forse i riferimenti storici, geografici, letterari, non sono precisissimi, ma catturano l’anima, il fumetto diventa arte vera senza la pretesa di esserlo (“Il desiderio di essere inutile”). Pratt attraversa tutta la seconda metà del secolo scorso da vero uomo moderno, ha fatto suo un bagaglio culturale che affonda le radici nella cultura europea da Omero a Coleridge, ne ha tratto spunto per mettersi in discussione, darsi punti di riferimento per andare oltre le sue colonne d’Ercole, spostando ogni volta un po’ più in là i confini della conoscenza. «La maggior parte dei miei viaggi non erano dovuti al caso, avevano un fine ben preciso, la mia geografia ha sempre un riferimento a un mondo letterario e fantastico». Ogni gesto alla fine è un pellegrinaggio all’origine di qualche cosa che scava nel profondo, che sembra agire su due piani paralleli, razionale ed emotivo, la partenza in quanto tale e la scelta della destinazione, spesso non un luogo fisico, ma un ricordo o un’emozione. E mille incontri a fare domande ma anche ad ascoltare, con la libertà di navigare dall’occultismo agli arcipelaghi più lontani. Da Venezia all’Etiopia (all’epoca colonia italiana), dall’Argentina all’Inghilterra, poi Parigi e New York, ancora Venezia e l’Etiopia e infine le valli svizzere, ovunque è casa dove tornare dopo essere spariti per settimane vagabondando fra le isole del Pacifico, in Patagonia, fra le foreste del Canada, fra le tombe di un cimitero, alla scoperta del significato di un simbolo esoterico, alla ricerca di una rosa fra le assi di legno di un letto per una notte. Corto è ovunque, e noi con lui, la storia che lo accompagna può essere paradossalmente ininfluente, è la nostro desiderio di fantasia, non è il 1920 e dintorni, è oggi, sarà domani, Corto è il medium attraverso il quale abbattiamo confini e barriere, incontriamo personaggi, lo diventiamo noi stessi. Né spazio né tempo. Niente in fondo è casuale, prima o poi a tutti può capitare di sentirsi legati all’immaginario realistico di un fumetto, come quando Corto tenta di chiudere il solitario più bello, quello che non riesce mai, quello della Fortezza dell’isola d’Elba (in “Corte Sconta detta Arcana”). Ma ecco che ad un certo punto Hugo Eugenio Pratt decide di rivelarsi non più attraverso Corto Maltese, Rasputin, Venexiana Stevenson, Bocca Dorata, ma direttamente, in una lunga intervista a Dominique Petitfaux arricchita da bozzetti, qualche tavola e molte foto. Nessuna pretesa letteraria ma una chiacchierata di infinita sincerità: pensieri, ricordi di città e di volti, grandi amori e cicliche solitudini, sempre con l’umiltà e la consapevolezza di poter imparare ancora. Il racconto personale di uomo che conosce sette lingue ed ha sempre cercato qualcuno con cui parlarle, a cui Dio ha dato il dono di aspirare a sempre nuove emozioni e la capacità di disegnare sogni che erano suoi ma anche nostri. Ha incontrato il mondo e ne ha fatto la sua vita. Hanno poca importanza le puntualizzazioni professorali circa le poco attendibili coordinate nel Pacifico per raggiungere Ensenada o il rifugio del Santo: di sicuro, se si ha voglia di lasciare andare la fantasia, sentirsi altrove davvero, meglio “Una ballata del Mare Salato” che non “L’isola del giorno prima”. Meno semantica e più cuore. Non in uno studio da intellettuale, ma fra le rune dei portali di Venezia, o fra i Moai dell’isola di Pasqua, basta poco per esserci. Magari una fotocopia da “Tango” di una vecchia carta del Chubut, per inseguire il destino di Butch Cassidy e Etta Place. E magari da dietro quella stamberga di legno veder comparire Hugo per una birra con Corto. HUGO PRATT Il desiderio di essere inutile Ricordi e riflessioni Lizard € 25,00


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