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Controcopertina: Maurizio Zingoni: Forza Italia non è un partito di cartapesta

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 10 agosto 2007

Caro Sergio, ho letto con interesse il tuo articolo sulla democrazia di sostanziale o quella di cartapesta, desidererei puntualizzare alcune cose. Concordo con te sulla necessità di dare ai partiti quel ruolo importante come la Costituzione assegna, ma non capisco a cosa si riferisce quando parli di organizzazione piramidale feudale. Debbo precisarti per quanto concerne i Congressi Nazionali, di cui dici di non averne notizia, debbo informarti che Forza Italia il 18 aprile del 1998, ad Assago ha celebrato il suo primo Congresso Nazionale, che ha eletto il proprio Presidente e l’Ufficio di Presidenza, ed il 27 maggio 2004 fu celebrato sempre ad Assago il secondo Congresso Nazionale, con elezione di tutti gli organi del Movimento. Oggi gli iscritti a Forza Italia sono 401.014. Il precedente record era di 312.863 adesioni e risaliva al 2000. Le sedi aperte sono 4.603, circa il doppio di quelle censite nel 2003, l’anno della massima espansione. Entro il 30 settembre si terranno 4.603 congressi comunali, per eleggere il coordinamento cittadino e i delegati ai congressi provinciali. Entro il 15 dicembre 2007 avranno luogo 110 congressi provinciali e 12 congressi di "grande città”. Sono certo che almeno apprezzerai questa mia precisazione, almeno per rispetto di quelle persone - non di plastica - che in queste giornate estive, si sono recate presso le nostre sedi, e dopo dibattiti e discussioni, hanno eletto i propri organi rappresentativi. Un'ultima riflessione circa gli incarichi “dall’alto” ai signori Meloni e Dini, a cui va la comune stima, come specificato nella nota queste due persone hanno tra l’altro il compito di organizzare i due congressi comunali che si svolgeranno nel mese di settembre all’Isola d’Elba e che esprimeranno la dirigenza locale. Un’ ultima riflessione su quella che tu definisci “politica feudale calata dall’alto”, non mi sembra che nella scelta del presidente del Parco, la Sinistra si sia dimostrata sensibile alle richieste del territorio, sia quando nominò Tanelli sia adesso con Tozzi, a dirla tutta forse l’unico non “importato” fu il commissario Ruggero Barbetti. Concludo anch’io con l’auspicio circa l’eredità per una “cultura democratica”, una bussola che tutti dovremmo avere, ma soprattutto non solo enunciare ma anche e soprattutto praticare (ogni riferimento all’esclusione del centrodestra nel Parco non è assolutamente casuale). Maurizio Zingoni Caro Maurizio Cominciamo dalla fine, dalla mancata nomina di un rappresentante del centrodestra nel Direttivo dell’Ente Parco: è stata una insopportabile prepotenza, è stato un tradimento dello spirito della legge, è stato un errore politico marchiano, ho scritto espressioni simili due ore dopo che il “fattaccio” in Comunità del Parco si era consumato, continuo a pensarla così. Ma con le “calate dall’alto” quell’episodio (increscioso) non c’entra un fico, così come non si può affermare che la nomina di Barbetti fosse meno calata dall’alto di quelle di Tanelli e Tozzi, in tutti e tre i casi eravamo di fronte alla esercitata (e obbligata) facoltà di un ministro di proporre: in due casi su tre la Regione espresse a termini di legge il suo “placet” in un altro a termini di legge lo negò. Vedi Maurizio se facessi come Berlusconi che la pone sempre sul piano della crociata contro pericoli inesistenti per la democrazia e, se mi consenti l’ossimoro, sul piano della formalmente educata rissa ideologica, sarebbe fin troppo facile ricordarti che il partito in cui militi è stato “inventato” a tavolino da una limpidissima figura come quella di Marcello dell’Utri (che mi pare abbia ancora nonostante la condanna in primo grado per mafia un ruolo preminente nel “movimento”) che ha avuto tra i suoi massimi esponenti tal Cesare Previti, ricordarti della definizione di “mentitore professionale” appiccicata dal "comunista" Montanelli a Lui, e ad un infinità di altri etcetera. Ma così non andremmo da nessuna parte perché se ragioniamo di democrazia, di valori assoluti, non ci si può perdere troppo dietro alle singole vicende umane, neppure rilevanti come quelle di quel signore di Arcore che penso tu stimi molto politicamente e che io disistimo in egual misura. Capirai che sono oltremodo sincero quando auguro ai congressi che andate a celebrare di produrre un partito “normale”, un vero strumento della democrazia, perché è anche nel mio interesse di cittadino di sinistra e democratico che la maggior forza di opposizione del paese sia qualcosa di diverso da un partito-azienda schiacciato sulle necessità, sulle idee (e talvolta sui ghiribizzi) del maggiore azionista. Non sono così sprovveduto o disinformato dal non aver saputo delle kermesse nazionali di F.I., mi resta però difficile catalogarle come fai tu nella categoria dei “congressi”. Un congresso è un’occasione dove si confrontano idee anche contrapposte dove si formulano critiche alla leadership e la si mette, se occorre, in discussione. Un festante monolite che omaggi Kim-il-Sung, Peron, Stalin o Berlusconi non è un congresso. Vedi Maurizio io spero di confrontarmi e scrivere con una destra “normale” che esprima un capo e non un autocrate e meglio ancora se esprimerà molti dirigenti capaci di originali e diverse elaborazioni perché anche in politica oltre che in natura la diversità è un valore, è la diversificazione, e la non standardizzazione del pensiero che assicura la continuazione e l’evoluzione della specie. Il problema di una destra italiana dopo (o nonostante) Berlusconi prima o poi si porrà, così come si sta già ponendo sul fronte opposto un processo epocale di ridefinizione di aree politiche. L’augurio e che per allora il laboratorio-Italia abbia prodotto una classe politica davvero nuova, “europea”, supportata (da qualsiasi parte si collochi) da una tensione ideale genuina, che sia capace di praticare la tolleranza verso le idee altrui ed il rigore morale, che sappia essere soprattutto riconosciuta dalla gente e non “sopportata” come accade oggi. Parrebbe una cosa semplice ma in politica, come diceva Brecht “è il semplice che è difficile a farsi”.


Maurizio Zingoni

Maurizio Zingoni