Torna indietro

Democrazia sostanziale e democrazia di cartapesta

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 09 agosto 2007

Quando (in diverse occasioni) ci è stato chiesto quale università avessimo frequentato abbiamo quasi invariabilmente risposto: "Quella della Classe Operaia: il Partito Comunista", Ed è davvero andata così: dobbiamo alle lunghissime frequentazioni, ad anni interi di vita trascorsi tra le mura di piazza della Repubblica ad impararare a parlare e stare zitti, a comunicare scrivendo, a studiare un problema prima di esprimere un parere, a leggere libri non necessariamente o puramente "politici", ad esercitare il senso critico ed autocritico, a confrontarci, quasi tutto quello che sappiamo e quello che sappiamo fare. Soprattutto si imparava nel PCI il gioco della democrazia: dall'esterno i comunisti italiani erano descritti come un'orda (rossa) di esecutori determinati e ciechi in attesa dei comandi anzi dei diktat che venivano "dall'alto", nella realtà tutto veniva discusso fino alla pignoleria, fino alla pura rompicoglionaggine, si trattasse della lista comunale o del bilancio della festa dell'unità. Vigeva, è vero il tanto vituperato "centralismo democratico" (vale a dire volgarizzando: si discute una cosa fino all'esaurimento delle obiezioni poi si vota, ed al risultato del voto si adeguano tutti), che gli avversari consideravano un vulnus alla libertà, e magari sono gli stessi che oggi cantano peana al maggioritario e al premio di maggioranza che forse con la teorica pura pratica della democrazia stridono di più. Insomma se in quel partito là una mattina fosse arrivato un dirigente della federazione e senza una plausibile (gravissima) ragione avesse dichiarato commissari di sezione a Portoferraio e Campo due iscritti, si sarebbe scatenata l'ira di Dio. Orbene, atteso che non abbiano niente di personale con Simone Meloni e Mario Dini (che sono certamente persone per bene) ma come si fa a riempirsi la bocca con termini quali democrazia e libertà quando si fa parte di un partito di cui non ricordiamo un congresso nazionale (e a questo punto ne vedremo pochi pure di locali), dove c'è un'organizzazione piramidale feudale dove le scelte sono compiute sempre da qualcuno più in alto e via su su fino al Capo Supremo? La questione è seria a nostro parere perchè i partiti devono essere (o tornare ad essere) delle cose serie e delle organizzazioni almeno aderenti al ruolo che loro affida la Costituzione. Al di là dell'essere più o meno favorevoli ad una interpretazione solidale della realtà, dell'essere di destra o di sinistra, il problema della democrazia resta, ed un partito che fonda il suo essere sul culto di una qualsiasi personalità, su una fascinazione peronista, su una personalità solipsistica e debordante (senza eredi perché raramente i veri autocrati li hanno) può apparire dalla luna come una muraglia cinese, in realtà è solo scenografia democratica è un gigantesco fondale di cartapesta davanti al quale si recita una pantomima. La migliore eredità che possiamo lasciare a chi resterà dopo di noi (oltre che un mondo ambientalmente vivibile) è una cultura democratica (senza segni di destra o di sinistra) vissuta giorno dopo giorno anche nel minimo quotidiano.


muraglia cinese

muraglia cinese