Legambiente torna ancora a denunciare lo stato di abbandono in cui versa l'isola di Giannutri e la totale mancanza di rispetto delle regole. «Il 21 luglio – dice Emanuele Zendri, responsabile del Gruppo Giannutri di Legambiente - un barcone di almeno 20 mt di lunghezza che portava dei sub a fare immersioni a Giannutri, nel Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, ha scelto un sistema molto originale per ancorarsi. Incurante dell'ordinanza balneare della Capitaneria di Porto Santo Stefano che vieta di ancorarsi a meno di 100 metri dalla costa e delle regole dettate dal Parco, si avvicinava a circa mezzo metro da una roccia affiorante, che nascondeva un bellissimo arco naturale sommerso, per incastrare l'ancora a pochi centimetri dalla superficie. Oltre che essere pericolosa, questa pratica è altamente distruttiva perché assicurare l'ancora alla roccia significa eliminare tutti gli organismi che lì vivono. Non è consentito in nessuna parte d'Italia, forse del mondo, ancora meno lo è in un Parco Nazionale». Purtroppo l'ancoraggio selvaggio a Giannutri è una pratica diffusa che Legambiente documenta inutilmente da anni. «Basti pensare – aggiunge Zendri - che a pochi metri da questa imbarcazione un altro barcone, ha scelto di legare la sua cima direttamente ad un'altra roccia a circa 15 metri dalla costa. Noi non abbiamo niente contro le attività subacquee, che consideriamo, se fatte correttamente, compatibilissime con le Aree marine protette, ma è importante che questo avvenga nel pieno rispetto delle regole del Parco e senza compromettere un ecosistema delicato e ricco in biodiversità, ma sempre più stressato da usi impropri ed eccessivi, a terra e a mare, come quello di Giannutri. Non è più tollerabile che in altre isole dell'Arcipelago ci siano regole da rispettare, limiti, servizi e regole per visitatori e subacquei, mentre a Giannutri continua un assalto insostenibile». Legambiente chiede da ormai troppi anni come tutto questo possa accadere in un'isola piccolissima come Giannutri e dentro un'Area marina protetta da un Parco Nazionale e da un Decreto del Presidente della Repubblica, in un territorio che, a terra e a mare è inserito in una Zona di Protezione Speciale dell'Unione Europea. «La risposta – dice Zendri - è legata al fatto, come già tante volte denunciato, che a Giannutri il controllo non esiste e pratiche illegali e incivili sono altamente diffuse. A questo si aggiunge che non vi è poi, una regolamentazione degli afflussi e delle pratiche che vengono consentite sull'isola. La subacquea è consentita ma non è in alcun modo regolamentata e gestita secondo il protocollo approvato dal tavolo tecnico sulla subacquea nelle Aree protette. Questo però vale anche per le migliaia di visitatori "terrestri" nel periodo estivo, sicuramente molto al di sopra delle capacità di carico di un'isola di 2,6 kmq. Non bisogna poi assolutamente dimenticare la pressione a cui l'isola è sottoposta dalle centinaia di imbarcazioni che a Giannutri arrivano quasi ogni giorno. Quante centinaia di ancore servono per distruggere una prateria di posidonia?» Il Parco in questi anni è stato latitante, non ha fatto scelte, controllato e regolamentato, obbligato a visite accompagnate da guide ambientali come accade nella più grande Pianosa, né fornito servizi. L'isola manca di bagni, raccolta dei rifiuti, acqua per le migliaia di visitatori che vengono sbarcati sull'isola o che vi approvano, e questo sta acuendo lo stato di abbandono di Giannutri e il degrado di un ambiente teoricamente superprotetto. «La nuova amministrazione del Parco, con il suo Presidente, il Professor Mario Tozzi – conclude Zendri – ha in un recente Consiglio Direttivo del Parco all'isola del Giglio, promesso un piano per Giannutri, c'é molto da fare e da recuperare, si spera che lo faccia al più presto».
Giannutri ancoraggi 2007 1
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