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A Sciambere per Caterina Bueno che se n'è andata a 62 anni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 18 luglio 2007

Purtroppo Caterina ci dovremo rinunciare a quella cosa di cui avevamo parlato, al recital ai Vigilanti che pensavamo di organizzare come “certastampa” nel quale tu avresti cantato un po’ ed un po’ di più ti saresti raccontata, ci avresti parlato di quella straordinaria vita di donna esagerata, che se Vasco Rossi (un po’ come tutti gli emiliani) non fosse stato esterofilo, non avrebbe avuto bisogno di andare a pescare come paradigma Steve Mc Queen. Ci eravamo conosciuti da ragazzini, ma tu eri già una grande quando venisti a cantare a diciotto anni su un improbabile palco alla festa dell’unità alle Ghiaie, assoldata per pochi soldi da Danilo, poi ci siamo sentiti, visti, incrociati volutamente o per caso una infinità di volte in questi ultimi 40 anni, tu continuavi a chiamarmi “Vecchio Leone” ma avevi cominciato a farlo quando eravamo entrambi sulla trentina o poco più, forse perché leone faceva rima con barbone e vocione. Quello che ci accomunava (fatte le debite proporzioni) non era solo la curiosità e l’amore per il profondo sapere della gente comune, per la capacità di produrre cultura ed arte dei lavoratori e le lavoratrici che ogni giorno si alzavano per andare “.. nei campi, in mare o alla miniera ..”, ma era pure un certo gusto per lo sbeffeggiare, fattispecie di chi si presentava culturalmente “azzimato”, in particolare quelli che ci si incazzavano, “Quelli – come li chiamavi tu - della ‘ultura con la “U” maiuscola”. Abbiamo passato una mattinata intera. durante un serissimo convegno sulla ‘ultura ‘ontadina, a prendere per il culo una serie di padreterni, accademici o meno, che si parlavano addosso e si sentiva lontano un miglio quanto fossero distanti dalle ricerche fatte sul campo, anzi “nei campi”, gente a cui l’odore di stallatico avrebbe fatto arricciare il nasino, il vino forte avrebbe troncato le gambe, la pula della trebbiatura impastata con il sudore avrebbe irrimediabilmente irritato la pelle. Essere tuo amico è stato straordinario, ha comportato una serie di cose fuori dal comune procedere delle persone quiete ed ordinate, il vederti piombare ospite improvvisa per una settimana o solo per una notte che hai trascorso quasi per intero a chiacchierare con Patrizia, il sentirti dire semplicemente: “ sai…ho un chitarrista molto bravo .. si chiama Francesco De Gregori”, il fischiarti o cantarti al telefono qualcosa, con chi mi sentiva e mi vedeva che mi prendeva per matto, e tu dall’altra parte che aprivi lo sterminato archivio che avevi in testa e cominciavi a snocciolare: “ .. l’hai cantata in tonalità maggiore in Maremma è minore .. le parole però mi ricordano una cosa di Bibbiena”. Non ho ancora parlato della tua voce Caterina, ma non ne parlerò, un po’ perché oggi ci sono già paginate di lodi sul tuo “profilo artistico”, un po’ perché sono convinto che è difficile raccontare una voce in generale, la tua in particolare. Quando si prova a descrivere una voce di dice infatti " ... un po' come quella di ..." ma la tua voce è la tua e basta e non somiglia a nessun'altra. Riporto solo quello che disse un mio amico che avevo trascinato ad un tuo concerto controvoglia e che restava sotto un palco sbalordito dall’energia, dall’intensità con cui lo calcavi, ad un certo punto disse “Cazzo .. ma questa canta anche con le puppe!”. Convenimmo a posteriori che per quanto rozza l’espressione era calzante. Leggerò tutto quello che oggi hanno scritto su di te senza commentare, non starò a vedere se tra chi tesse oggi le tue lodi ci sia o meno, pure chi ha abbondantemente parassitato il tuo enorme lavoro, la vita che hai passato ad ascoltare i popoli, non baderò se chi ti dedica affranti coccodrilli si è mai sbattuto per trovarti “una serata” quando ne avevi veramente bisogno, voglio essere, una volta tanto, generoso quanto te. Molti oggi scopriranno chi sei rileggendo il testo di “Caterina” di De Gregori, io preferisco chiudere ricordando ai miei pochi lettori il tuo impegno pacifista e copiando quattro versi di un “contrasto” dell'inizio del 900 che ti ho sentito cantare tante volte: Chi ama la guerra sono omini tristi di poca scienza e di cuore cattivo fossero stati invece socialisti Il figlio mio sarebbe ancora vivo.


Caterina Bueno

Caterina Bueno