La festa di quell’indipendenza del 1948 finisce all’altezza del numero 100, nessuno parla, la tensione è alta, finché un ufficiale, o forse un caporale dalle luccicanti mostrine di regime, con lo sguardo di chi non si aspetta domande e soprattutto non darà risposte, pistola in pugno ci indica la via più breve per il lago Inya. Dove oggi passeggiano gli ex studenti di Yangoon. È festa oggi sulle sponde dell’Irrawaddy, non si fanno arresti, nemmeno di chi sta cercando di raggiungere il numero 52 di University Avenue Road, dove abita, dove da 18 anni è relegata agli arresti domiciliari il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, leader del National League for Democracy, il maggiore partito di opposizione. Una volta da qui potevano passare simpatizzanti, volontari di Amntesty International e collaboratori di Human Rights Watch, intellettuali (Amitav Ghosh ha scritto pagine toccanti sui loro incontri). Nessuno è ormai ammesso. Nemmeno i figli, o il marito mentre il cancro se lo stava portando via. E intanto che si celebrano suo padre Aung San e la fine del colonialismo, lei, studiosa di Gandhi e Martin Luther King, continua la sua lotta non violenta, per ridare dignità e speranza al suo popolo schiacciato da una delle dittature più feroci della storia contemporanea, un paese in cui anche l’energia elettrica è una concessione e la vita è scandita dal fracasso dei generatori, un paese la cui notte, soprattutto nelle campagne, è illuminata da poche candele prima di perdersi in un buio totale. Schiavitù di stato, torture, sparizioni di attivisti politici, arresti di stranieri solidali con la dissidenza politica, il Myanmar però ora esiste nel mondo grazie alla voce di Suu Kyi, che forse inconsapevolmente decise di lottare già a due anni, nel 1947, quando restò orfana. Talmente idealista da essersi immaginato una Birmania libera anche dai giochi di potere interni, oltre che dall’Inghilterra, il generale Aung San pagò con la vita il suo sogno. Si continua a giocare a calcio per le strade di Yangoon il 4 gennaio, a celebrare il dono di un uomo che non vide mai il frutto del suo sacrificio, l’eroe di una indipendenza ancora sconosciuta per le strade, ma che ha voluto fare anche un altro grande regalo alla sua gente: una piccola donna dalla forza incredibile. Uno sguardo dolcissimo che non si abbassa, due occhi in cui un giorno si specchierà una Nazione.Una piccola donna che forse ha sempre saputo di avere ereditato la ricchezza più grande: l’amore per la propria terra e la certezza di non cedere a violenza e soprusi di stato. Aung San Suu Kyi LETTERE DALLA MIA BIRMANIA Sperling & Kupfer Euro 17,50 Per saperne di più: Aung San Suu Kyi: Liberi dalla paura (ed. 2005). Amitav Ghosh: Il palazzo degli specchi. Gorge Orwell: Giorni in Birmania. Andrew Marshall: Birmania Football Club. Da colonia britannica a dittatura militare. www.amnesty.org www.voicesforburma.org
libro